Il Messaggero, 10 novembre 2014
Per i 50 anni della Tirelli, la sartoria dei costumi più famosi di film e serie tv, un libro e due mostre: una a New York e l’altra a Roma: «Ma la capitale non la valorizza»
Mezzo secolo di attività, 15 Oscar e 24 nomination, 170mila costumi confezionati per capolavori del cinema come “Il Gattopardo”, “Medea”, “Romeo e Giulietta”, “Amadeus”, “Morte a Venezia”, “Casanova”, “Il nome della rosa”, “L’età dell’innocenza”, “Il paziente inglese” – solo per citarne alcuni – e un presente che spazia da “Pirati dei Caraibi 5” alla serie cult “Trono di spade”, a “La giovinezza” e “Il Racconto dei racconti”, cioè i nuovi film rispettivamente di Sorrentino e Garrone.
GLI EVENTI
La Sartoria Tirelli festeggia i suoi cinquant’anni con il libro “Tirelli 50 – il guardaroba dei sogni” che sta per uscire da Schirà a cura di Silvia Masolino e Caterina d’Amico. A parlare sono ovviamente le immagini degli abiti di scena, una più spettacolare dell’altra, ma anche i massimi costumisti del mondo che hanno affidato le loro creazioni alla Sartoria: Milena Canonero, Danilo Donati, Gabriella Pescucci, Maurizio Millenotti, Anne Roth, Coleen Atwood, Sandy Powell, Piero Tosi, Pier Luigi Pizzi, Carlo Poggioli, Massimo Cantini Parrini. Poi ci sarà una grande mostra di costumi al nuovissimo Momi (Museum of Mouvement Image) di New York che verrà allestita dal premio Oscar Dante Ferretti e sponsorizzata da Dolce & Gabbana. L’annuncio ufficiale verrà dato tra qualche giorno negli Usa e il vernissage è previsto nella tarda primavera. Intanto, a febbraio, una selezione degli sfavillanti abiti cinematografici realizzati a mano (come da mezzo secolo a questa parte) dai trenta artigiani dell’atelier di via Pompeo Magno farà parte di una grande collettiva dedicata ai costumisti e ospitata a Palazzo Braschi, a Roma.
IL CASO
«Sono felicissimo di queste celebrazioni, ma mi resta l’amaro in bocca perché proprio Roma, la città in cui la Sartoria è nata ed è tuttora in attività, non è mai riuscita a costruire quel Museo del Costume che avevo concepito ai tempi del sindaco Rutelli, un’iniziativa che anche Veltroni aveva appoggiato», dice Dino Trappetti, storico socio del fondatore Umberto Tirelli (scomparso nel 1990) e oggi amministratore unico dell’azienda.
«Il progetto è naufragato per colpa dell’insipienza dei burocrati capitolini e io ho dovuto far causa al Comune al quale avevo donato alcuni nostri abiti», racconta Trappetti. «Come se non bastasse, sono andati persi dei preziosissimi manichini realizzati ad hoc dal grande costumista Piero Tosi, chissà dove li hanno buttati. Proprio Tosi, oggi 87 anni, nel 2013 ha vinto l’Oscar alla carriera, ma credete che qualcuno dell’amministrazione si sia fatto vivo, sia pure con un semplice messaggio, per complimentarsi? C’è poco da fare, le nostre eccellenze vengono capite e rispettate di più all’estero».
Tosi è tra l’altro l’autore dei fastosi abiti del “Gattopardo” realizzati nel 1962 da Tirelli appena scoperto da Luchino Visconti a Milano, dove faceva il fattorino in un negozio di tessuti. Un paio d’anni dopo avrebbe aperto la sua Sartoria a Roma mettendosi al servizio dei maestri del cinema (ma anche del teatro e della lirica), e sarebbe diventato il più grande collezionista di abiti antichi, raccogliendone oltre 15mila.
IL TESORO
Una parte di questi tesori si trova oggi a Formello nel deposito che raccoglie i 170mila costumi confezionati dalla Sartoria appena premiata da un Nastro d’argento per la sua cinquantennale attività.
«Il deposito di Formello è il patrimonio al quale attingiamo per realizzare le nuove creazioni», spiega Trappetti. «Oggi non è più pensabile cucire gli abiti ex novo, sarebbe troppo costoso». Allora i costumisti, assistiti dai sarti di via Pompeo Magno, utilizzano la loro arte per attualizzare «con intelligenza» una crinolina, modificare una redingote, rinnovare una divisa o un mantello adeguandoli ai nuovi film e agli attori che li indosseranno.
ATTUALITÀ
Ma non è soltanto una questione di risparmio: oggi il costume di scena non può prescindere dalle ultime tendenze della moda. «La ricostruzione filologica non basta più, il pubblico deve potersi ritrovare nei personaggi dello schermo», spiega Trappetti. «Proprio in funzione di questa esigenza sono nati i vestiti dei vampiri di “Van Helsing”, dei protagonisti dei “Fratelli Grimm” e di “Divergent” mentre in “Da Vinci’s Demons” il genio Leonardo indossa delle camicie che non sfigurerebbero in un guardaroba giovanile». Ci credereste? Lo stesso Tosi ha dichiarato che oggi, per “Il Gattopardo”, inventerebbe dei costumi diversi. Ma per fortuna nessuno pensa al remake del capolavoro di Visconti e noi non corriamo il rischio, hai visto mai, di ritrovare Angelica in minigonna.