il Giornale, 10 novembre 2014
Tutti gli amori di Al Bano: «Con Romina fu una storia meravigliosa, ma non ci siamo parlati per 19 anni. Poi è arrivato il miracolo russo di Putin e ci ha fatto ritrovare. Ho dedicato il mio libro a Don Verzé perché è come Gesù: abbandonato dagli amici potenti»
Al bano?
«Sì ciao. Sei in Puglia?»
No a Milano.
«Ah. peccato. Qui è meraviglioso. Sempre. Ma che te lo dico a fare».
Che Al Bano sia «pugliacentrico» lo capisci subito. «Dio si è divertito a disegnare il mio nido». Eppure viaggia Al Bano, a 71 anni lo trovi a casa quasi per sbaglio, «sono in partenza per un altro tour, Romania, Bielorussia e Russia, mi rintano qui sopra in mansarda così ho un attimo di relax e posso parlare». Spagna, Austria, Sud America, un artista globalizzato. Ma il suo approdo è sempre qui: in Puglia, nel suo regno di Cellino San Marco. La famiglia, la musica, la terra, il vino. Domani esce il suo nuovo libro, La cucina del sole,(Mondadori, 192 pagine 16,90 euro) dove racconta con sua mamma Jolanda, di 93 anni, la cucina della sua Puglia. Da qui nasce tutto, è partito cinquant’anni fa per il Nord, come tanti immigrati. Poi è andata bene. «Benissimo. Da quando ho iniziato a cantare non ho mai avuto un momento buio». E ci credi perchè Al Bano è una garanzia del made in Italy. Come il culatello o il parmigiano ha il valore di un marchio. In Germania, dici Italia e prima di Berlusconi ti rispondono Al Bano e Ramazzotti. Per non parlare della Russia, Bielorussia, Bulgaria: milioni di dischi venduti, più famoso dei Rolling Stone. Poi accendi la tv e su Rai 1 vedi in prima serata un super concerto-reunion con Romina, trasmesso da San Pietroburgo e ti sembra che i meravigliosi anni ’80 la Russia li stia vivendo adesso. Per la platea vip si arrivava a pagare anche mille euro.
Che strano effetto rivedervi insieme e per di più a San Pietroburgo.
«Sì ma poteva essere fatto qui in Italia. Avevamo un progetto con la Rai, ma per tre volte è sfumato e non abbiamo mai trovato un accordo».
La Rai sorpassata dai russi?
«Guarda, il concerto io l’ho fatto a San Pietroburgo. E non solo, la serata è stata poi comprata dalla Rai e trasmessa in prima serata».
Come è nata l’amicizia con Putin?
«Il primo incontro c’è stato addirittura nel 1987. Ero in tour a Leningrado. Era un altro mondo, c’era ancora l’Urss. Io e Romina fummo accolti dalla nomenklatura e mi presentarono anche questo signor Putin. Era nato lì, dirigeva il Kgb nella Ddr. Mi fece subito una certa impressione, accanto a lui tantissime guardie. Impressionante. Mi disse che era un nostro fan. La seconda volta ci siamo rivisti nel 2005, al Cremlino. Era Capodanno, lui era ormai il grande Putin e al tavolo aveva la famiglia Eltsin, i rappresentanti dei musulmani e dei cristiani. Una serata indimenticabile. Poi c’è stata l’occasione in cui mi ha invitato alla sua festa di compleanno a San Pietroburgo, nel 2009: ha voluto che cantassi nello stesso salone del G8».
Pupo dice che avete scritto la colonna sonora dell’era post sovietica.
«Io lì mi trovo da Dio. Ci trattano benissimo. Scenografie grandiose, pubblico entusiasta che canta con noi che innalza striscioni e fa il coro. Io, Toto Cutugno, Pupo, i Ricchi e Poveri, siamo amatissimi».
Oggi Al Bano sta tornando di moda grazie alla Russia?
«Io grazie a Dio non sono mai passato. Ho sempre venduto tanto, in tutto il mondo. Se non vendevo in Italia vendevo in Spagna, o in Messico, e se non vendevo in Sud America vendevo in Austria: un anno solo lì ho venduto 160mila copie. Il record in quel Paese era di 30mila».
È Putin che ti ha fatto ritrovare con Romina?
«A organizzare tutto è stato Andrej Agapov. Il suo braccio destro. È lui che ha avuto l’idea di chiamare anche Romina. Io gli avevo detto che lei non avrebbe accettato. E invece ha detto di sì. Ammetto che è stata una sorpresa. È sempre imprevedibile».
Dicono che lo avete fatto per soldi.
«Il mio cachet resta sempre lo stesso. Con o senza di lei».
Come è stato ritrovare Romina?
«Un’esplosione di emozioni. Le mie figlie hanno pianto. Mia mamma di 93 anni, che prepara la valigia e mi segue ovunque, era piena di gioia. Erano diciannove anni che non ci vedevamo. Comunicavamo tramite avvocati. Non cantavamo più insieme dal 1994, da quel 4 luglio a Milano a San Siro. Era già l’inizio della fine. Lei mi disse: “La vedi tutta questa folla? Non la vedremo più“. E invece si sbagliava».
E come è andata?
«Abbiamo discusso. Lei pretendeva che io cantassi due toni sotto. Non volevo sacrificare la mia voce».
E chi ha vinto?
«Abbiamo trovato un accordo»
Come nella vita?
«Sì appunto. Oggi abbiamo un rapporto più sano. E comunque ha fatto tutto lei. Fosse stato per me non ci saremmo mai separati. È lei che ha portato il germe della separazione nella famiglia Carrisi. Prima di allora nella mia famiglia non si sapeva cosa significasse la parola divorzio. È lì che si è uscita l’americana che è in lei».
Forse anche l’amata Cellino a lei stava stretta.
«Ma figurarsi! Fu lei ad insistere di tornare al sud appena sposati. Abitavamo a Milano ma diceva che la Puglia le ricordava la sua California».
È così?
«Ma no. La Puglia è meglio. Non ci sono terremoti. E le onde del mare non sono cavalloni».
E poi invece il terremoto si è abbattuto a casa Carrisi.
«Gli Anni ’90 sono stati tremendi veramente. La mia famiglia andava a pezzi. Ho sofferto come un cane. Mi infuriavo con Dio: “ma che ti ho fatto? Che ti ho fatto per meritare questo?“».
Oggi funzionerebbe ancora sul palco una coppia come la vostra?
«In Russia funziona».
Poi è arrivata la Lecciso. Cosa c’entrava con Romina?
«Ma chi, con la Power?».
Ma si lei, Romina.
«Ma niente. Sono agli opposti. Con la Power è stato un amore fantastico dal ’68 al ’89. Anni strepitosi, meravigliosi, da favola. Io e lei in giro per il mondo, innamorati pazzi, con una famiglia bellissima, solare, i bambini, la casa, le canzoni. Era la felicità. Ci credevo nelle cose che cantavo. Poi è finito tutto. Mi ha lasciato. Una solitudine pazzesca. A casa all’improvviso c’era il vuoto. Facevo le scale e sentivo l’eco e mi veniva da piangere. Io non sono fatto per stare da solo. Loredana ha riempito la casa con nuova allegria».
Sta ancora con lei?
«Abbiamo un bel rapporto ma lei vive a Lecce».
È vero che Romina ha comprato casa a Cellino?
«No, ma ha comprato dei terreni vicino a Manduria. L’ho detto che a lei la Puglia piace».
Oggi la felicità è ancora mangiare un panino con un bicchiere di vino?
«La semplicità potrebbe davvero ancora essere una buona ricetta per tutti. Per questo mi piacerebbe esibirmi per Papa Francesco, adoro la sua cultura della semplicità. Tra i segreti del mio successo c’è anche questo. Negli anni ’70 in Italia tutti a cantare il lamento. Io ho portato il sole della mia Puglia. La felicità per le cose semplici».
Il suo libro «La cucina del sole» è dedicato a don Verzé. Una figura molto discussa.
«Lo hanno fatto fuori. Don Luigi Verzé è stato un grande uomo. La sua visione della vita, del fare. Lui aveva un’energia incredibile. Era un sognatore. La storia gli darà ragione. Come è stato per Gesù Cristo».
Addirittura? Ma le accuse sono pesanti.
«Verrà tutto chiarito. Io li visti passare tutti. Parlo dei potenti, dei politici. C’erano tutti per poi defilarsi a tempo debito. Si ricorda il funerale?»
Non c’era nessuno.
«Ecco appunto. Io c’ero e ho cantato l’Ave Maria. Con me solo Cacciari. Attorno il vuoto assoluto».
Come ha conosciuto don Verzé?
«Mi aveva fatto chiamare lui. Era il 1998. Volle incontrarmi, era un fan».
Anche lui come Putin?
«Bè, una storia completamente diversa. Io ero emozionato, è stato amore a prima vista. Mi ha fatto una dedica che mi ha commosso: “Ad Al Bano – scrisse – l’altro me”. Da quel giorno è nato un rapporto bellissimo e profondo. Avevamo tanto in comune, prima di tutto la voglia di fare. Siamo andati anche in India insieme per inaugurare un ospedale. Un viaggio eccezionale. C’era anche Mario Cal (il braccio destro di don Verze morto suicida, ndr) e mio figlio. Don Luigi era un pozzo di idee. Basta guardare quello che ha fatto: ha lasciato un’università che fa ricerca di avanguardia, un ospedale che funziona in modo eccellente. Insieme avevamo tanti progetti.
E che fine hanno fatto?
«Volevamo fare un ospedale in Puglia. Evitare ai malati i cosiddetti viaggi della speranza. Avevo messo a disposizione miei terreni. Poi la solita maledetta burocrazia ha affossato tutto».
A 71 anni è passato a sinistra?
«Una balla colossale».
E allora com’è che è diventato un fan di Stefàno, l’uomo che ha condotto in commissione la pratica per la decadenza di Berlusconi?
«Macchè fan. Mi ha chiesto di poter girare uno spot nella mia tenuta. E io ho accettato. Destra, sinistra. Io sono per la Puglia. Chi fa del bene alla mia regione è mio amico, al di là del colore politico. Anche a me hanno fatto proposte pazzesche per entrare in politica, da destra a sinistra, ma io mi rifaccio a Kennedy».
E cosa c’entra Kennedy?
«Come diceva lui, puoi anche non occuparti di politica, ma la politica si occuperà comunque di te».
Com’è la Puglia di Vendola vista da Cellino San Marco?
«Preferisco il Vendola poeta».
Ha mai cantato per il governatore?
«Una volta, c’era anche Cutugno e il presidente albanese».
Renzi è il nuovo Berlusconi?
«Vedremo, per ora sono solo parole».
Che canzone gli dedicherebbe?
«Ci sarà»
Un mondo migliore....
«Ecco, speriamo».
Cosa ha comprato con i primi soldi guardagnati da cantante?
«Un trattore per mio padre. Era il 1961 il mio primo contratto la Emi, la casa discografica, mi aveva fruttato otto milioni. Pensavo più alla mia famiglia che a me. Volevo renderli felici. Poi ho comprato la terra. I miei avevano 8 ettari. Pochi, da piccolo non dico che ho fatto la fame ma eravamo poveri. Da allora di strada ne ho fatta».
Come ha imparato a cantare?
«Con mia madre Jolanda, nei campi. Lei cantava: “ohoooo“e io rispondevo: “ohohoho“».
Come i neri nei campi di cotone?
«Esatto, solo che noi avevamo a che fare con uva e pomodori. Tanto che quando ho scoperto la musica nera mi sono illuminato».
Nessuna scuola?
«Il talento che mi ha dato Dio».
A proposito: le piacerebbe diventare un giudice di un talent show?
«Il giudice emana condanne. Io non ne sarei capace».
Cosa avrebbe fatto se non avesse fatto il cantante?
«Avrei fatto il cantante».