Corriere della Sera, 10 novembre 2014
Mercoledì Philae, il piccolo robot, sbarcherà sul nucleo della cometa Churyomov-Gerasimenko. È la prima volta che si tenta una simile impresa. Parla Sana Olga Vismara, la studentessa che diede il nome alla minisonda di Rosetta
«Atterrerò anch’io sulla cometa e sarà il momento più acceso di un’emozione che cresce da oltre dieci anni». Serena Olga Vismara ora ha 26 anni ma quando era appena quindicenne sbaragliò centinaia di concorrenti in tutta Europa proponendo il nome Philae per il piccolo robot che mercoledì sbarcherà sul nucleo della cometa Churyomov-Gerasimenko. È la prima volta che si tenta una simile impresa e scienziati, ingegneri oltre ai controllori della missione a Darmstadt in Germania, sono in ansia per l’operazione che, in piena autonomia, i computer della sonda governeranno. Da una distanza di 405 milioni di chilometri, è impossibile inviare e ricevere segnali in diretta.
«Il cosmo mi ha sempre affascinata, sin da piccola e quando, guardando i siti Internet dell’Asi italiana e dell’Esa europea, vidi l’invito rivolto agli studenti per partecipare al battesimo della missione cometaria risposi subito, sognando di vincere».
Era il 2004 e allora Serena (nella foto in basso) frequentava il liceo psico-pedagogico di Arluno, vicino a Milano. «Avevo scelto quella scuola perché la psicologia era con lo spazio l’altra mia passione. Ma poi leggendo i libri di Margherita Hack le stelle hanno avuto il sopravvento». Così pianeti e asteroidi ma soprattutto gli astri con la coda venivano inseguiti navigando in rete. «Mi documentai bene sul significato della spedizione verso la cometa e mi sembrò logico per il robottino scegliere il nome della stele Philae che aiutò a decifrare il mondo egizio».
Nel 1799 l’egittologo francese Jean-Francois Champollion scoprì studiando la stele di Rosetta il significato del linguaggio geroglifico grazie alla comparazione con la lingua greca nella quale lo stesso testo era stato inciso. Sedici anni dopo, completò il lavoro analizzando un’altra stele, quella trovata sull’isola di Philae, appunto. Quando l’Esa decise di dare il via alla spedizione dello sbarco chiamò la sonda Rosetta proprio perché aiuterà a sciogliere molti misteri dei più affascinanti astri celesti.
Aggrappata alla sonda-madre c’è appunto la minisonda Philae che il 12 novembre, dopo essersi staccata, scivolerà sul nucleo della cometa appoggiandosi su tre esili gambe. Serena assisterà a qui momenti seduta accanto ai controllori del centro Esa di Darmstadt. «Mi iscrissi al Politecnico di Milano per studiare ingegneria spaziale perché volevo arrivare anch’io a progettare satelliti e veicoli cosmici. Ora sono quasi pronta: sto completando la laurea magistrale impegnata per la tesi nella stessa fabbrica ThalesAleniaSpace di Torino dove Rosetta era stata integrata». La sonda è partita dieci anni fa e ora è finalmente giunta a destinazione.
«Spero di non restare delusa come quando assistetti al lancio che venne rinviato per un problema al razzo Ariane e non la vidi salire in cielo» dice Serena. «Il mio tempo è adesso completamente dedicato allo spazio e non ho pause per distrarmi. Ho dovuto mettere da parte anche gli interessi per l’equitazione e i cavalli, gli animali che adoro. Mi concedo appena la lettura di qualche romanzo viaggiando in treno o d’estate, anche se preferisco i manuali. Al Politecnico, tra l’altro, si parla molto della cometa perché la professoressa Amalia Finzi ha progettato la trivella che dovrà perforare il nucleo dopo lo sbarco. Insomma, sono nel posto giusto per imparare tutto quello che mi piace».
Il sogno lontano si sta realizzando. «In questi anni ho imparato molto e mi sono resa conto di due cose importanti – aggiunge Serena, felice del suo mondo – La prima è che, più approfondivo le conoscenze, più il mio amore per l’esplorazione spaziale aumentava. La seconda è che devi continuare a motivarti, ad essere legata con costanza e passione alle scelte compiute. Penso pure al mio futuro, ma non sono preoccupata. Un ingegnere spaziale ha tante possibilità. Lo dice anche mio papà, contento che abbia scelto questa laurea».
E intanto il «suo» Philae con 20 chilogrammi di strumenti scientifici preparati con la partecipazione degli scienziati italiani attraverso l’Asi si appresta alla grande sfida, storica per la scienza del cielo.