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 2014  novembre 10 Lunedì calendario

L’Internet of Thing, ovvero gli oggetti connessi: sono sei milioni in Italia (e saranno 100 miliardi in tutto il mondo) per un mercato che vale 900 milioni con molte piccole e medie imprese che si sono conquistate posizioni rilevanti all’estero

A Roma la nuova metropolitana driverless, uno dei migliori esempi di “oggetti connessi”, viaggerà solo grazie alla presenza a bordo di un conducente. Per fortuna è solo un incidente di percorso e non deve trarre in inganno: l’Internet delle cose è già qui, anche se è nei prossimi anni che questa nuova frontiera dell’industria tecnologica dispiegherà interamente il suo valore. 
Hans Vestberg, ceo di Ericsson, il numero uno mondiale delle reti e delle piattaforme di connessione, aveva esordito a febbraio al Mobile World Forum di Barcellona prevedendo 100 miliardi (non è un errore) di oggetti connessi entro il 2020 e un giro d’affari dell’intero comparto mondiale M2M, ossia la comunicazione machine-to-machine, di 19 mila miliardi (non è un errore) di dollari entro il 2025. E il 2025 è tra dieci anni appena. E tutta l’industria mondiale si sta muovendo rapidamente in questa direzione. Cosa strana, Italia compresa, al netto della metropolitana di Roma.

«Già a fine 2013 in Italia c’erano 6 milioni di oggetti connessi e la crescita è a doppia cifra, per un valore di mercato di 900 milioni», spiega Angela Tumino, Responsabile dell’Osservatorio Iot (Internet-of-Things) della School of Management del Politecnico di Milano. E la “meglio imprenditoria” delle pmi italiane è già al lavoro da anni in questo nuovo settore. Dalla domotica di Guzzini e Loccioni (attivo anche nell’automotive) ai lampioni intelligenti della riminese Umpi venduti anche in Arabia Saudita. Dalla Abo Data di Genova che realizza piattaforme per far dialogare sensori di diverse applicazioni e che ora lavora per Telecom Italia alla stessa D-Air di Lino Dainese (di cui parliamo a pagina 25 di questo stesso numero) che lavora alle tute intelligenti per motociclisti e agli airbag per gli operatori dei grandi mezzi cingolati, da quelli militari alle macchine edili.

Ci sono società come la italoisraeliana Telit che da anni si è riconvertita al M2M e che è tra i primi tre operatori mondiali negli applicativi e ci sono tutte le nuove imprese legate all’industria e ai servizi incentrati sui droni. E il settore si muove anche perché ci sono due scadenze in arrivo che stanno dando il La al mercato. La prima è molto vicina ed è europea: entro il 2015 tutte le auto prodotte in Europa dovranno uscire dalle fabbriche dotate di un modulo sim che permetta la eCall, ossia la chiamata di emergenza automatica. La seconda è appena più distante ed è italiana: entro il 2018, ha deliberato l’Authority per l’energia e il gas, il 60% dei contatori della rete di distribuzione del gas in Italia dovranno essere connessi.

Le prime applicazioni consumer sono già sul mercato: dai sistemi di video sorveglianza che “telefonano” allo smartphone dell’utente in caso di infrazione, all’accensione a distanza, con un’app e una telefonata dell’impianto di climatizzazione. Nell’automotive, invece, in attesa dei sistemi di diagnostica in tempo reale dell’auto, la spinta verrà dall’eCall. Il modulo sim dell’auto in caso di incidente viene attivato da un sensore e trasmetterà un segnale di Sos a un centro servizi che sarà unico in tutta Europa indicando l’utente e la posizione dell’auto. Dal centro servizi partirà una chiamata all’utente: se non dovesse rispondere verrà allertato il centro di soccorso più vicino che invierà personale. Se risponderà potrà nel caso richiedere ciò di cui avrà bisogno, magari solo un carro attrezzi. Intanto marche come Bmw hanno appena lanciato una campagna pubblicitaria di un nuovo servizio optional che permette di attivare la chiusura centralizzata dell’auto dal proprio cellulare.

«Tutti questi servizi – spiega Angela Tumino hanno in comune la disponibilità di alimentazione elettrica. Quella di casa per la domotica, per cui si parla ora più propriamente di “smart home” e la batteria per l’auto. Il problema non c’è per i contatori intelligenti della corrente elettrica, che comunicano con la centrale operativa utilizzando le powerline, ossia la possibilità di fare traffico dati sui fili elettrici. E lo stesso vale per i lampioni intelligenti. I problemi arrivano con i contatori del gas che non hanno e non possono avere, per ragioni di sicurezza, cavi elettrici vicini. E non si possono utilizzare i moduli sim delle reti mobili perché esauriscono le batterie troppo rapidamente. Per questi si dovrà realizzare una nuova rete wireless ad hoc. Un costo, all’inizio, ma si rivelerà una grossa opportunità per l’avvio di altri servizi di nuova generazione».

E mentre si attende che i wearable, come gli e-watch, escano dalla fase sperimentale (le prime applicazioni saranno “abiti da lavoro intelligenti”), anche l’industria degli elettrodomestici segna il passo. Samsung, grazie anche alle sinergie con la sua branca che produce schermi per tv e pc, ha iniziato a inserire display prodotti di fascia. Ma se nel mondo business già si usano stampanti-fotocopiatrici connesse che scansionano documenti e li inviano come allegati e-mail, nel mondo consumer è più difficile. E i display di frigo e lavatrici restano scollegati. Almeno per ora.