Il Messaggero, 10 novembre 2014
Altro che lingua morta, il latino è più vivo che mai, capace di declinare anche i neologismi più attuali. Lo attesta il successo dell’Accademia Vivarium novum e la nascita alle porte di Roma del Polo mondiale dell’Umanesimo che da settembre accoglierà 120 studenti da ogni parte del mondo
Si fa presto a dire “lingua morta”. Il latino sembra vivo più che mai in questa alba di terzo millennio, e magari rischia di spodestare l’imperium dell’inglese. Saranno contenti Cicerone, Seneca o Virgilio, che il loro latino nobile stia diventando la lingua dei tempi moderni, capace di declinare anche i neologismi più attuali. “Globalizzazione”, per i latinisti diventa “commercia pancosmica”. Ma chi lo parla oggi? La Chiesa gioca indubbiamente un ruolo da protagonista. Il latino è la lingua usata nel mondo ecclesiastico, anche per operazioni di più prosaica quotidianità. Basti solo ricordare che in Vaticano gli sportelli bancomat riservano istruzioni rigorosamente in latino. E persino il Colosseo, il monumento più visitato d’Italia con oltre 5 milioni di turisti l’anno, ha predisposto una audio-guida in latino. Ma la lectio latinis sul Colosseo non è qualcosa da “Panem et circenses”. Se anche un settimanale iper-pop come Topolino ha sfoggiato un numero di fumetti in latino, e il maghetto Harry Potter ha tentato una traduzione letteraria da antica Roma, il latino non sembra destinato ad una nicchia di cultori. La sua diffusione è un affare serio, che supera i confini del folklore. Come sostiene Remo Bodei, lo studioso del pensiero utopistico del Novecento, «In un mondo globalizzato, dilaniato dalla crisi, bisogna ritrovare le origini della civiltà umana. I classici non si consumano mai, e il latino è la lingua che ci aiuta oggi a capire le nostre origini».
IL PROGETTO
Non a caso, proprio le parole di Bodei hanno “salutato” ieri la nascita del Campus mondiale dell’Umanesimo a Roma, un vero e proprio centro propulsore della lingua e cultura latina (così come del greco antico) che accoglierà da settembre 2015, a titolo gratuito, circa 120 studenti meritevoli di ogni nazionalità. Cuore dell’operazione è l’Accademia Vivarium novum, centro di alta formazione umanistica ospitata fino a oggi a Castel di Guido, alle porte della Capitale, e che grazie a un accordo con l’università di Tor Vergata traslocherà nella cinquecentesca Villa Mondragone a Monte Porzio Catone, nei Castelli Romani, dando vita al Campus. Un progetto ambizioso, sostenuto dalla Commissione cultura di Roma Capitale, presieduta da Michela Di Biase. L’Accademia, guidata da Luigi Miraglia diventa la testimonianza virtuosa di quanto il latino sia multiculturale. «Alla Vivarium novum gli studenti, provenienti da tutto il mondo, spesso con situazioni familiari difficili, parlano correntemente il latino e il greco antico», racconta Michela Di Biase.
LA RIVOLUZIONE
Non si tratta solo di leggere e tradurre un testo classico, ma di un uso “rivoluzionario” del latino, calato nella vita quotidiana. Con il latino si fa musica, teatro, laboratori hi-tech di progetti multimediali. Con il loro metodo, in due mesi, si legge e traduce Cicerone. Sono quasi un centinaio gli atenei e le istituzioni culturali di tutto il mondo che collaborano con la Vivarium novum. È grazie a lei che in Spagna si è diffuso il “Movimento di cultura clàsica”, partito da Granada, che oggi conta almeno 6mila persone che parlano correntemente latino. In Cina, all’Università di Pechino, è nato l’Istituto di Latinitas Sinica fondato da una professoressa cresciuta col metodo della Vivarium novum. In Croazia il latino ha sedotto almeno 5mila studenti grazie alle lezioni dell’Accademia. Poi ci sono le piccole grandi storie. Come il caso del giovane del Malawi, così dotato per il latino, ma con una condizione di povertà familiare (un papà che guadagna 60 centesimi al giorno). Per interessamento dell’Università di Oxford per esempio è arrivato a Roma. «Lo sosterremo finché non diventa docente di Oxford», avverte Luigi Miraglia. Giovani del Wyoming, negli Stati Uniti, o dal Brasile, formati dall’Accademia, che oggi insegnano latino nei rispettivi paesi. E negli Stati Uniti, in barba alla polemica sollevata qualche tempo fa dal Financial Times (che liquidava il latino come “lingua morta”), sono almeno 50mila le persone che parlano latino grazie alla Vivarium novum. E per l’atto costitutivo del consorzio “Humanitas renascens”, cuore pulsante del nuovo Campus mondiale dell’umanesimo, sono arrivate a Roma personalità del calibro di Edgar Morin, il filosofo della “complessità” che sostiene la necessità di un nuovo umanesimo planetario, e Wiliam Renè Shea, considerato l’esperto massimo di Galileo, che sostiene «Sono sicuro che il Campus mondiale dell’umanesimo diverrà il centro culturale più importante del mondo».
L’APPELLO
E se il progresso è a portata di latino, ecco che proprio dall’Accademia parte l’appello per il riconoscimento del latino e del greco antico come patrimonio dell’Unesco. Come avverte Miraglia: «Siamo arrivati già a 15mila firme per sostenere il latino come lingua della cultura dell’umanità».