Corriere della Sera, 10 novembre 2014
Film in mandarino, buoni omaggio e dieci pullman che ogni giorno portano i cinesi milanesi a giocare ai casinò. Così Campione e Saint Vincent escono dalla crisi
Se il piatto piange, perché il settore è in crisi da tempo con fatturati in calo del 10% annuo, si punta sui cinesi. Cinesi milanesi da portare in massa al casinò. Ogni giorno una decina di pullman viaggiano sulle linee dirette da Milano per Campione d’Italia, Saint Vincent in Valle d’Aosta e Mendrisio in Svizzera. Due i «terminal»: via Galvani di fianco all’hotel Hilton in zona Stazione Centrale, e piazzale Cimitero Monumentale. Tre le compagnie di bus che operano su queste tratte: Stp, Lauro Viaggi e Conbus. Si viaggia gratis, il biglietto lo paga la casa da gioco. Non ci sono fermate ufficiali, nessun cartello, niente pensiline. Chi deve sapere sa. E a saperlo sono in tanti. Nel fine settimana si rischia l’ overbooking e non di rado scoppia qualche rissa.
Alle 13, in piazzale Cimitero Monumentale, alle spalle della Chinatown milanese, i primi passeggeri sono già in attesa, aspettano i bus che partiranno mezz’ora più tardi. Conbus va a Saint Vincent, Lauro Viaggi a Mendrisio, mentre Stp assicura il collegamento con Campione. I pullman si fermano tra i lavori per la quinta linea del metrò e il traffico, nessuna area di sosta autorizzata. Alla partenza il pullman è quasi pieno, 40 passeggeri, più uomini che donne, tutti i cinesi. Due giovani «capogruppo» smistano i viaggiatori. Ingranata la prima, l’autista italiano inserisce nel lettore dvd un film, cinese ovviamente. «A parte l’impossibilità di comunicare, sono passeggeri tranquilli», dice Renato, l’autista. Luca, così si presenta il capogruppo, passa tra le poltrone a distribuire voucher da 20 euro. Una volta arrivati al casinò verrà cambiato in fiches, sorta di benvenuto per i giocatori. «Negli ultimi tempi l’organizzazione ha fatto filtro, prima non erano pochi quelli che prendevano il viaggio come una gita, giocavano solo il voucher e poi si facevano un giro per il paese in attesa di tornare a Milano. Ora chi sale sul pullman va per giocare». Non poco a vedere i rotoli di biglietti da 50 e 100 euro che escono da tasche e borse.
«Oggi i cinesi milanesi rappresentano oltre il 10% della nostra clientela, nel 2013 ne abbiamo portati 80 mila ai nostri tavoli», afferma Carlo Pagan, ad della casa da gioco di Campione. «Nei loro confronti stiamo attuando una vera politica di marketing. Abbiamo stretto accordi con l’Associazione dei Giovani cinesi in Italia, abbiamo creato una loyalty card destinata alla clientela cinese, all’interno del casinò funziona un ristorante cinese». Non solo, il casinò di Campione ha fatto da set per un talent show trasmesso dalla rete tv cinese Guangxi e, all’arrivo del bus, i giocatori trovano una giovane hostess orientale a fare gli onori di casa. Perché i cinesi non vanno al casinò per giocare alle slot, slot che sono tra le cause della crisi dei casinò tradizionali e che loro stessi gestiscono nelle sale giochi della maggior parte delle città italiane. Piuttosto affollano i tavoli verdi in particolare quello del Punto Banco: «Una sorta di Baccarà, 6 mazzi di carte, regole semplici e gioco rapido».
Alberto Bianchi, 71 anni, pensionato, che tutti i giorni da Introbio, Valsassina, va a Campione («Cinque ore e mezza di viaggio: la corriera per Lecco, il treno per Milano, il bus per Campione e ritorno»), frequenta il casinò da trent’anni e non ama le comitive di cinesi: «Ormai sono loro i clienti più coccolati», dice sconsolato.
Se dentro il casinò di Campione funziona un servizio di ristorazione per la clientela cinese, a Saint Vincent i cinesi hanno comprato un ristorante di fianco alla sala da gioco dove i viaggiatori, e solo loro perché agli altri l’ingresso è vietato, possono consumare un pasto completo per 10 euro. Lo stesso casinò valdostano si avvale di un collaboratore cinese, tale Marco, che gestisce il flusso dei suoi connazionali da Milano: «Marco e i suoi uomini controllano quanto giocano i cinesi, in media 500 euro a testa. Poi vincono o perdono, ma quella è la somma che ogni giocatore deve mettere sul tavolo», sostiene un ispettore del casinò. Nulla di illegale, la questione è finita anche sui banchi del Consiglio regionale valdostano: «Per i procacciatori di clienti è previsto un compenso calcolato sul denaro effettivamente perso».
Al Casinò de la Vallée «l’attenzione è molto alta nei confronti della clientela orientale», ha dichiarato di recente Luca Frigerio, ad della casa da gioco dove, da Milano, «arrivano un centinaio di cinesi al giorno». Un giro di denaro che non lascia indifferente la malavita asiatica: a marzo di quest’anno tre cinesi che viaggiavano sui pullman diretti a Campione sono stati arrestati per usura. A ogni viaggio portavano 50 mila euro da prestare, con tassi dal 10 al 100 per cento, ai loro connazionali.
Dopo cinque ore al casinò si riparte per Milano. Una coppia litiga per tutto il viaggio: «Questione di soldi», è la stringata traduzione di Luca. All’arrivo saluti frettolosi, ognuno per la sua strada, domani si riparte.