Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2014
Divorzio facile, ma non troppo. Al debutto le procedure dall’avvocato e dal sindaco. Tutti i percorsi e le incognite. Solo i coniugi d’accordo sulle condizioni possono usare le nuove strade per separarsi
Firmare un accordo nello studio di un avvocato. O davanti al sindaco. Sono le due strade “facili” per separarsi e divorziare, aperte dal decreto legge 132/2014 – il primo tassello della riforma della giustizia – approvato definitivamente dal Parlamento giovedì scorso.
I due percorsi non richiedono, a differenza delle procedure “tradizionali”, di presentare un ricorso in tribunale. Sono stati infatti introdotti per «degiurisdizionalizzare», come dice la legge, cioè per spostare le vertenze fuori dalle aule di giustizia e permettere ai magistrati di aggredire l’arretrato civile, di oltre 5 milioni di cause.
Ma il nuovo divorzio non è senza insidie. Anzi: dopo le modifiche introdotte dal Parlamento, tempi e costi rischiano di aumentare. Senza contare che il Dl 132 lascia intatti i tre anni che le coppie separate devono attendere prima del divorzio.
La procedura dall’avvocato
Le coppie in crisi senza figli a carico possono lasciarsi sottoscrivendo un accordo in uno studio legale – anziché presentandosi in tribunale – già dallo scorso 13 settembre. Questa possibilità è ora estesa anche a chi ha figli minorenni o maggiorenni incapaci, con handicap o non economicamente autosufficienti.
Le nuove procedure si aggiungono come vie alternative alla tradizionale separazione consensuale, che marito e moglie scelgono quando sono d’accordo sulla decisione di dirsi addio e sulle condizioni della separazione. È la strada più battuta: secondo l’Istat, le separazioni consensuali sono l’85% del totale. Del resto, separarsi consensualmente riduce i conflitti, è più rapido (in media servono 103 giorni contro i 675 delle giudiziali) e meno costoso, anche perché marito e moglie possono farsi assistere da un solo avvocato. Possibilità invece stata esclusa (nel corso dell’esame parlamentare del Dl 132) per chi decide di divorziare in uno studio legale: i coniugi devono avere almeno un avvocato a testa. Un vincolo motivato dal fatto che nella redazione dell’accordo non è coinvolto un giudice. Ma l’effetto economico rischia di farsi sentire.
Inoltre, il Parlamento ha inserito un passaggio in più nella procedura. Se a lasciarsi è una coppia senza figli, uno degli avvocati, prima di inviare l’accordo all’ufficiale dello stato civile per le trascrizioni nei registri, deve trasmetterlo al Pm e ottenere il suo nullaosta. Il Dl, però, non fissa un termine entro cui il Pm deve esprimersi; ed è probabile, visto il carico di lavoro delle procure, che i tempi si allunghino (si veda anche Il Sole 24 Ore del 4 novembre). Una procedura “aggravata”, con la necessità di ottenere l’autorizzazione del Pm (anche qui, non è fissata una scadenza) e il possibile passaggio in tribunale, è prevista per le separazioni di chi ha figli.
L’iter dal sindaco
La possibilità di lasciarsi sottoscrivendo un accordo di fronte al sindaco si aprirà il trentesimo giorno dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del Dl 132. La procedura è riservata ai coniugi che sono d’accordo sulla separazione e che non hanno figli a carico: si tratta di circa 50mila coppie l’anno. Inoltre, nell’accordo concluso dal sindaco non è possibile inserire patti di trasferimento patrimoniale (incluse decisioni su somme di denaro o beni mobili, come auto o scooter). Ma questo divieto – che non preclude gli assegni periodici – potrebbe essere superato regolando con un accordo ad hoc le questioni patrimoniali.
Dal punto di vista economico, si tratta di una procedura quasi a costo zero: sarà necessario solo versare un “diritto fisso” che non potrà superare i 16 euro previsti per le pubblicazioni di matrimonio. Questo a meno che i coniugi non decidano di farsi assistere da un avvocato: in questo caso è facoltativo ma può essere utile per mettere a punto l’accordo.
I tempi non possono essere inferiori a un mese, dato che il Parlamento ha previsto una pausa di riflessione di 30 giorni per i coniugi tra la stesura dell’accordo e la sua conferma. Ma, non essendoci l’incognita del “visto” del Pm, dovrebbero essere più rapidi di quelli della procedura dall’avvocato.
Il divorzio breve
Le nuove strade per lasciarsi non toccano però i tre anni di separazione necessari prima di chiedere il divorzio. Mira a tagliare questo periodo di attesa il disegno di legge sul “divorzio breve”, approvato dalla Camera il 29 maggio scorso e ora all’esame della commissione Giustizia del Senato: si prevedono 12 mesi di separazione se manca il consenso tra marito e moglie e sei mesi nel caso delle separazioni consensuali. «Dopo il via libera della commissione Bilancio sulle coperture (arrivato la settimana scorsa, ndr) – spiega la relatrice Rosanna Filippin (Pd) – possiamo procedere con l’esame degli emendamenti, che sono stati depositati da tempo. Spero che il testo possa approdare in aula prima della fine dell’anno».
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L’ADDIO CONSENSUALE
IL CONSENSO
La scelta di dividersi non è mai indolore, ma la coppia può rendere il distacco più soft, accordandosi sulle condizioni di separazione: come affidamento e mantenimento dei figli, assegno al coniuge economicamente più debole, assegnazione della casa, disciplina delle questioni patrimoniali. Queste sono le regole precedenti all’intervento del Governo, che restano comunque in vigore
LA SEPARAZIONE
La separazione si avvia con ricorso, contenente le condizioni su cui marito e moglie si sono accordati. Il ricorso va depositato in tribunale, assieme alla nota di iscrizione a ruolo e ai documenti (copie dei documenti e dei codici fiscali, certificato di matrimonio, di stato di famiglia e residenza). Il giorno dell’udienza, il presidente del tribunale, fallito il tentativo di conciliazione, può omologare l’accordo (se rispetta le leggi e l’ordine pubblico) e autorizzare i coniugi a vivere separati. Da questo momento decorrono i tre anni di attesa necessari prima di chiedere il divorzio
IL DIVORZIO
Con il divorzio, gli effetti del matrimonio – solo sospesi in casi di separazione – cessano definitivamente. Se c’è accordo, i coniugi possono decidere di mettere la parola fine al loro legame in modo congiunto. La domanda si presenta con un ricorso in cui sono riportate dettagliatamente le condizioni di divorzio che riguardano i figli e i rapporti economici della coppia. Il giudice, sentiti i coniugi e verificata l’esistenza dei presupposti di legge, emette la sentenza di divorzio, poi annotata nei registri dello stato civile
I COSTI E I TEMPI
La via consensuale consente di risparmiare tempo e di ridurre anche le spese, che sono però molto variabili. La parcella dell’avvocato, infatti, può andare indicativamente da mille a 5mila euro per la separazione; ma se il ricorso è presentato dai coniugi personalmente, i costi sono ridotti al contributo unificato di 43 euro. Per il divorzio, invece, le spese vanno da tre a 5mila euro, ma possono fermarsi a 2mila euro se la coppia è assistita da un solo avvocato. Quanto ai tempi, si tratta in media di 103 giorni per le separazioni e di 132 giorni per i divorzi
LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA
Il decreto legge per tagliare l’arretrato civile (Dl 132/2014) ha introdotto due alternative alla separazione consensuale e al divorzio congiunto. Le nuove strade si possono seguire anche per modificare le condizioni di separazione o di divorzio. La prima possibilità è quella di separarsi e divorziare nello studio di un avvocato, anziché in tribunale
LA PARTENZA
Per le coppie che non hanno figli minori (oppure maggiorenni incapaci, con handicap grave o economicamente non autosufficienti) la procedura è operativa già dal 13 settembre scorso, ma è stata parzialmente modificata dal Parlamento
LA PROCEDURA
Secondo le nuove regole, marito e moglie che intendono separarsi (o divorziare: la procedura è identica) devono rivolgersi almeno a due avvocati (uno a testa), che devono redigere, in forma scritta a pena di nullità, la convenzione di negoziazione assistita, cioè un accordo con cui le parti convengono di cooperare per risolvere in via amichevole la controversia. La convenzione deve precisare il termine concordato per svolgere la negoziazione (almeno un mese e non più di tre, con la chance di una proroga di altri 30 giorni) e l’oggetto. L’accordo va firmato dai coniugi e le sottoscrizioni sono certificate dagli avvocati. Da questa data dovrebbero decorrere i tre anni di attesa per chiedere il divorzio. Nell’accordo va indicato che gli avvocati hanno cercato di conciliare i coniugi e che li hanno informati della possibilità di ricorrere alla mediazione familiare
IL NULLAOSTA DEL PM
Gli avvocati devono trasmettere l’accordo al Pm presso il tribunale competente. Se non rileva irregolarità, il Pm dà agli avvocati il nulla osta a trasmettere copia autenticata dell’accordo all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto. Per farlo, gli avvocati hanno 10 giorni: altrimenti, rischiano una sanzione da 2mila a 10mila euro, irrogata dal Comune
I COSTI E I TEMPI
Come nella separazione consensuale “ordinaria”, i coniugi devono pagare la parcella agli avvocati (e non possono rivolgersi a uno solo). La nuova procedura è potenzialmente più rapida di quella in tribunale. L’incognita sono i tempi del nullaosta del Pm, per cui la legge non fissa un termine.