la Repubblica, 6 novembre 2014
Chi sono i nuovi martiri. Nel 60 per cento del pianeta non è garantita la libertà religiosa. Dall’Asia all’Africa 20 i paesi più a rischio per i cristiani: ne muore uno ogni cinque minuti. Arsi vivi, decapitati, giustiziati. Ma anche in Europa aumenta l’intolleranza e in Italia crescono gli episodi che destano preoccupazione. E ora papa Francesco tenta il dialogo con la visita in Turchia
Shama e Shehzad accusati di blasfemia, e bruciati vivi a Lahore. James decapitato a Raccah, benché convertitosi in ultimo all’Islam. Don Andrea ucciso alle spalle, mentre inginocchiato pregava sul banco in fondo alla Chiesa di Santa Maria, a Trebisonda, predicando il Vangelo a non più di un pugno di persone, nel lontano Mar Nero.
Se oggi tutti loro, e tanti altri senza nome, dormono su una virtuale Collina dei martiri, fanno parte di un gruppo nient’affatto esiguo di persone trucidate per la loro fede, e destinato purtroppo a crescere. Sono i nuovi martiri cristiani. E sono tanti: dai 150 ai 200 milioni di uomini e donne che rischiano ogni giorno, e in quasi tutti i continenti, di essere minacciati ed eliminati per il solo fatto di professare un credo diverso e, a seconda dei contesti, minoritario.
Gli arsi vivi in Pakistan, i decapitati in Iraq, i giustiziati alla schiena in Turchia, fanno triste compagnia ai crocifissi nel Califfato islamico e ai seviziati in Corea del Nord. Una lunga teoria di martiri che Papa Francesco intende difendere, andando presto in visita ufficiale in un grande Paese musulmano, per parlare di dialogo e provare ad arginare questa tragica sfilza di morti.
Il martirio, al contrario di quanto si possa credere, non è un ricordo del passato. Uno studio appena pubblicato, coordinato dal giornalista Samuel Lieven del quotidiano cattolico francese La Croix, e diretto da tre autori internazionali fra cui l’italiano Andrea Riccardi (“Il libro nero della condizione dei cristiani del mondo”, Mondadori), dimostra nelle sue quasi 900 pagine dotate di decine di mappe, grafici e statistiche, come i cristiani siano oggi sotto attacco in decine di Paesi: addirittura 81 su 196. Se infatti in Medio Oriente o in alcuni Paesi africani come la Nigeria, i cristiani sono entrati nel mirino dei fondamentalisti, persino in alcune zone dell’Asia sono oggi vittime di estremisti indù e buddisti. Sono diventati oggetto di minacce e violenze anche nella cattolica America Latina, dove sacerdoti e operatori pastorali fanno da bersaglio a criminalità organizzata e narcotraffico. Un quadro drammatico che si riflette nella domanda posta in copertina: “Una civiltà in pericolo?”.
La libertà religiosa non è garantita nel 60 per cento del pianeta. E i Paesi in cui le violazioni risultano “a rischio elevato” sono 20, incluse Maldive, Arabia Saudita, Iran e Yemen. Una situazione, che come si legge anche nel Rapporto 2014 sulla libertà religiosa fatto dalla fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, è peggiorata negli ultimi due anni. Perché se pure in Africa, con le sue sacche di estremismo, la gente di fedi diverse riesce bene o male a convivere, e lo stesso discorso vale per la maggior parte dell’America del Sud, mentre in Asia la situazione resta complessa, in Europa si assiste invece all’aumento dell’intolleranza. Non è necessario andare troppo lontano, infatti, per vedere la libertà religiosa minacciata. «Il Vecchio continente è sempre stato considerato la culla dei diritti umani e invece – fa presente Martin Kluger, membro dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani – alcuni dei diritti fondamentali sono stati messi alla prova. E queste provocazioni riguardano di preferenza le persone che professano una religione». Esistono crimini per odio, vandalismo, marginalizzazione, ma anche “nuove restrizioni legali contro i cristiani”. Lo scorso anno l’Osservatorio ha contato 41 leggi nei diversi paesi europei che “colpiscono sfavorevolmente i cristiani”. Persino in Italia, dove gli ostacoli alla fede sono giudicati come “lievi”, la situazione risulta in peggioramento.
«Muore un cristiano ogni cinque minuti», avverte l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa. Ed è tuttavia dal Medio Oriente che arrivano le notizie più preoccupanti. L’irachena Pascale Warda, cristiana, ex ministro per le Politiche migratorie e fondatrice della Società irachena per i diritti umani, parla senza mezzi termini di “genocidio”, di cristiani che continuano ad abbandonare la propria terra, di conversioni imposte, di chiese distrutte e ricostruite e poi distrutte di nuovo, come quella di San Giovanni Battista a Bagdad. «Chiediamo l’aiuto della comunità internazionale – spiega – perché noi comunque non abbiamo perso la speranza». Aggiunge il presidente di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, il tedesco Johannes Heereman von Zuydtwyck: «Siamo convinti che non si debba attenuare la preoccupazione per il destino di coloro che sono perseguitati e oppressi per la loro fede, siano essi iracheni, siriani o nigeriani, e senza distinzioni tra musulmani, cristiani o credenti delle altre religioni».
Per i curatori del Libro nero sono comunque i cristiani la minoranza religiosa più perseguitata. E annotano, con preoccupazione, la spinta in Occidente a confinare la religione “nella sfera privata”. Ma i cristiani non sono certo i soli. Aumentano i casi di antisemitismo. E molti musulmani subiscono violenze e persecuzioni per mano di altri musulmani. Sostiene Paul Bhatti, ex ministro pachistano per l’Armonia nazionale e fratello di Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze ucciso nel 2011: «La libertà religiosa è un diritto fondamentale e condizione imprescindibile di ogni società libera e giusta». La convinzione di molti, tuttavia, è che oggi più che i politici siano i leader religiosi a doversi pronunciare con forza contro la violenza nel nome della fede.
La più alta autorità cattolica nel mondo, il Papa, è ora deciso a intervenire a difesa dei suoi fedeli. Ieri, all’udienza generale in Piazza San Pietro, Jorge Mario Bergoglio ha raccomandato la propria vicinanza ai cristiani perseguitati in Siria e in altre parti del Medio Oriente. Rivolgendosi ai pellegrini polacchi, che domenica celebreranno la “Giornata di solidarietà con la Chiesa perseguitata”, quest’anno dedicata alla Siria, li ha esortati a «stare vicini ai fratelli che in quel Paese e in altre parti del mondo soffrono a causa delle guerre fratricide e della violenza».
Ma non basta. E il Pontefice argentino, con una mossa a sorpresa, uscendo dagli schemi dei viaggi apostolici in agenda, ha spiazzato molti accettando l’invito del Patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I. A fine novembre, fra il 28 e il 30, Bergoglio sarà così in Turchia, visitando Istanbul e Ankara, dove farà un discorso all’Islam, avendo davanti a sé la Siria e l’Iraq. In molti aspettano le parole del Papa. E Francesco, lo sappiamo, è uomo abituato a dialogare e a sorprendere.