la Repubblica, 5 novembre 2014
«Quella cocaina Pantani non l’ha assunta da solo. Si è trattato di overdose da body packer: non è una morte auto indotta. Perché sono stati distrutti così i suoi reperti?». Parla il professor Avato, consulente della famiglia del Pirata
«Quella cocaina Marco non l’ha assunta da solo». Così Francesco Maria Avato, professore di scienze mediche a Ferrara e consulente medico legale per la famiglia di Marco Pantani, parla della morte del Pirata. Ieri la procura di Rimini ha disposto l’interrogatorio dell’ispettore Daniele Laghi, che dovrà rispondere delle tante anomalie nell’inchiesta condotta dieci anni fa. Ma alcuni dei dati che avrebbero potuto chiarire cosa successe allora sono stati distrutti dall’ufficio reperti di Rimini. La procura si è affrettata a ricordare che i legali del campione avrebbero potuto richiederli prima di presentare il loro esposto (ma pare difficile immaginare di presentare un’istanza simile prima di aver deciso se arrivare o meno alla denuncia). Di certo la distruzione dei reperti non è piaciuta al professor Avato.
Come mai professore?
«Non amo apparire, ma l’impostazione culturale alla base della scelta è talmente grossolana che non ho resistito. Qualcosa devo dire perché in altre parti d’Italia si guardino bene dal fare altrettanto. Sono stato chiamato a Milano per il caso di Lidia Macchi e lì le informazioni erano tutte disponibili. C’è l’istituto dell’affidamento, quei tessuti avevano un interesse pubblico. Perché non affidarli al medico legale che ha svolto l’autopsia?».
Quindi l’ha sorpresa sapere di reperti anatomici smaltiti?
«Certo. Noi siamo abituati a custodire tutto, perché sono atti pubblici. A Ferrara abbiamo un archivio completo di oltre 30 anni. La funzione della medicina legale è stata trascurata».
La riesumazione potrebbe fornire dati in più?
«Ci sono cadaveri muti e altri che “parlano”. E quando un cadavere può dirci qualcosa dobbiamo imparare a leggerlo».
A lei il cadavere di Pantani cosa disse?
«Io non l’ho visto, ma i dati obiettivi di laboratorio e quelli descritti scrupolosamente dal medico legale, incrociati, portano a dedurre che è da escludere una morte auto indotta. Gli elementi sostengono l’ipotesi di un veneficio».
Ossia un omicidio commesso mediante veleno, in questo caso la cocaina?
«Sì, e da considerare ovviamente in termini penali. Il quantitativo di stupefacente misurato all’epoca nel corpo di Pantani era estremamente elevato. Il paragone può essere fatto con le overdose dei body packers. Quelle di Pantani non erano concentrazioni riferibili alla semplice inalazione».
Quella cocaina non potrebbe averla assunta da solo? «Ingurgitarla in forma solida non è possibile. In forma liquida è un’altra cosa, ma fa male lo stesso. È molto improbabile assumere quelle quantità deliberatamente».