Il Fatto Quotidiano, 5 novembre 2014
La vera storia di Matteo Renzi in un libro di Davide Vecchi. Dalle attività del padre alla vincita alla Ruota della Fortuna di Mike, fino ad arrivare alla Leopolda. E poi c’è lo zio Nicola che inventò il telecomando-gioco e che era amico di Bongiorno
Renzi impara molto presto che la comunicazione è tutto. Cresciuto nel ventennio berlusconiano è intimamente affascinato da quel mondo che vede per lo più in televisione e che ha il suo centro a Milano. Un mondo ben distante da Rignano sull’Arno dove Matteo trascorre l’infanzia e la giovinezza. La madre, Laura Bovoli, è un’insegnante di scuola media.
Un parente abita a Milano2 e lavora per il Biscione
Il padre Tiziano, gran lavoratore, ha sempre fatto il piccolo imprenditore, aprendo un’azienda dietro l’altra. Esclusa la prima, Raska, le altre si dedicano allapubblicitàealladistribuzione in campo editoriale. È lo zio di Matteo, Nicola Bovoli, a creare la Speedy, di cui detiene il 50 per cento. Al cognato, suo socio, vende poi la sua quota, spingendo lui e la moglie a investire nel settore della comunicazione, di cui si occupa con buoni risultati da anni. Ha contatti, conoscenze, idee, e aiuta i coniugi Renzi a muoversi nell’ambiente. Lo zio Nicola rivoluziona la vita di casa Renzi e diventa modello ed esempio, per molti versi, del giovane Matteo, che gli somiglia anche per temperamento e carattere. È l’uomo di successo in famiglia. Veloce, sveglio, battuta sempre pronta e sorriso stampato in volto, Bovoli vive nella “Milano da bere” degli anni Ottanta e abita nel quartiere simbolo dell’imprenditoria berlusconiana: Milano 2. (...)
Nella seconda metà degli anni Ottanta lo zio di Matteo lavora anche per le riviste Mondadori distribuendo il Bingo e legandolo alle trasmissioni di Mike Bongiorno, con cui aveva iniziato a collaborare nel 1987. All’attività dedicata alla carta stampata Bovoli affianca nei primi anni Novanta le televisioni. Per le tre reti del Cavaliere (con cui stipula un contratto da 7 miliardi di lire) crea quella che viene da subito accolta come l’ultima frontiera dell’intrattenimento: il Quizzy, un telecomando che permette di partecipare dal divano di casa ai concorsi di alcune trasmissioni televisive. La campagna pubblicitaria di Fininvest in cui appare Mike rimanda alla Standa, dove il telecomando è in vendita a 39.800 lire. Il Quizzy viene applicato anche alla Ruota della fortuna. Ma dura appena sette mesi, dall’ottobre del 1993 all’aprile del 1994, quando sparisce, travolto dalle proteste dei telespettatori per la poca trasparenza e le costosissime telefonate al 144. Vincere è difficile: in media arrivano tra le 50.000 e le 100.000 telefonate per ogni trasmissione. A fine mese la bolletta aggiunge il danno alla beffa, perché chiamare il 144 comporta un sovrapprezzo di 635 lire al minuto. Quella somma viene poi così spartita: 307 lire alla compagnia Sip, 164 alla Edifin di Nicola Bovoli, le restanti 164 lire alla Audio 5, la società della Fininvest che gestisce gli introiti per conto di Berlusconi, ceduta all’inizio del ’94 alla neonata Diakron incaricata di svolgere sondaggi per la nascente Forza Italia. Parte del ricavato viene utilizzato per finanziare i circoli che devono diffondere il verbo berlusconiano.
Quella vincita al gioco di Canale5 Il Quizzy viene lentamente accantonato. (...) Il suo testimonial Mike Bongiorno, invece, finisce in Procura a Torino per la prima inchiesta sulle frequenze Fininvest: i magistrati sospettano una frode alla Ruota della fortuna. Il 30 settembre 1994 viene arrestato Giuseppe Mazzocchi, un perito dell’ufficio tecnico del ministero delle Poste e telecomunicazioni accusato di aver avvisato i dirigenti Fininvest che ci sarebbe stato un controllo sulle frequenze utilizzate da Italia1 per la trasmissione del Giro d’Italia. In cambio sarebbe stato invitato al quiz di Mike Bongiorno e favorito nella vincita di 30 milioni di lire. Il perito del ministero conferma le accuse: “Fui io a chiedere alle persone che conoscevo della Fininvest di aiutarmi a partecipare”. La sua prima richiesta, inoltrata seguendo l’iter normale, era stata rifiutata. A marzo del 1994, invece, riesce a partecipare. Gli inquirenti sospettano la corruzione: se il concorrente è stato aiutato a vincere, i 30 milioni sarebbero una tangente. (...)
Nel 1999 Mazzocchi viene rinviato a giudizio, ma nel marzo del 2002 il processo si conclude con l’assoluzione: i giudici accolgono la tesi della difesa secondo cui avvisare dell’arrivo dei controlli era una prassi normale. Tra gennaio e febbraio del 1994 Matteo Renzi partecipa a cinque puntate della Ruota della fortuna, vincendo 48 milioni di lire. È lo zio Nicola ad accompagnarlo. “Ha partecipato perché lo segnalai io”.
Quando il colonnello di B. provò a “prendersi” Matteo
Il coordinatore del Pdl ha un debole per Renzi, tanto che all’inizio del 2008 il colonnello berlusconiano incontra il presidente della Provincia per arruolarlo nelle file di Arcore. Il solitamente riservato Verdini si spinge a una rara dichiarazione pubblica con una punta di dispiacere: “Renzi è uno in grado di rompere gli schemi. Certo, oggi è un candidato del Pd: ma se poi di là saltasse tutto e si facesse un percorso insieme, non escludo nulla”.
Il 31 maggio 2008, quando presiede la festa per i dieci anni di vita del suo Giornale della Toscana, Verdini è all’apice del potere. Fra i trecento invitati ci sono i parlamentari toscani del Pdl e gli imprenditori amici, ma l’ospite d’onore è lui, Matteo Renzi. Seduto al tavolo con Verdini e la moglie. (…)
Nell’agosto dello stesso anno i due salgono insieme sul palco del meeting di Comunione e liberazione a Rimini. L’occasione è la presentazione del libro Sto registrando tutto per l’eternità, che raccoglie le lettere dello scomparso Graziano Grazzini, ex democristiano, ex Cdu e poi capogruppo di Forza Italia in Provincia, vicino al movimento di don Giussani dal 1980. Il presentatore fa gli onori di casa: “Ci aiuteranno a conoscere Graziano due amici: Denis Verdini e Matteo Renzi”. Lui non si fa pregare. Sa come rendersi gradito a un universo distante anni luce da quello del centrosinistra. Alla platea ciellina Renzi parla di Grazzini in questi termini: “Comunione e liberazione gli aveva cambiato la vita. Ai miei compagni di coalizione è sempre difficile far capire che Cl è senza dubbio un’esperienza che interviene nel sociale in tutte le modalità che ritiene opportune, ma che l’esperienza di Comunione e liberazione può cambiare la vita davvero”. (...) Verdini invece parla in libertà. “Il successo – argomenta – passa attraverso il consenso”, che si ottiene anche mediante modi per “far sognare la gente. Non voglio dire ingannare, perché sarebbe sbagliato, ma insomma, stimolare, sotto certi aspetti; e Graziano invece era una persona diversa, straordinaria dal punto di vista umano. Io gli dicevo: ‘È stupido quello che fai’, e lui invece lo faceva per generosità, perché era convinto che la politica è ‘al servizio di”. “Il problema è che lui era serio, profondamente serio”. La serietà è notoriamente un problema. “Quindi il mio rapporto con Graziano è stato molto complesso, molto difficile. Differenti profondamente in tutte le cose, però uniti da una grande simpatia”. Un collante importante, la simpatia, anche con Renzi, che solo un mese dopo ufficializza la corsa per il Comune di Firenze. (…) Al termine dell’incontro Verdini va a cena con il suo delfino Massimo Parisi, con Paolo Carrai, cugino di Marco nonché esponente della Compagnia delle opere, e con i vertici di Cl al gran completo capitanati dai fondatori Giorgio Vittadini e Giancarlo Cesana. Al momento di sedersi a tavola, a Verdini scappa una bestemmia. Con un sorriso indulgente, Cesana ribatte: “Ho sentito benissimo, certo. Non ha bestemmiato, ha detto zio”. Verdini poteva tutto. Anche sostenere, pochi mesi dopo, un sindaco di centrosinistra contro il candidato del Pdl scelto da Berlusconi, Giovanni Galli. L’eminenza grigia renziana organizza cene ed eventi “Se Matteo mi chiede un consiglio io glielo do perché è il mio migliore amico, ma gliel’ho detto: su ruoli ben distinti e distanti, ben distinti e distanti”. Marco Carrai lo ripete due volte, come per ricordarlo a se stesso. La realtà è ben diversa. I ruoli non sono né distinti né distanti. Simbiotici, piuttosto. Come le loro vite. Avanzano insieme, uno a fianco dell’altro. Nel giugno del 2012 è Carrai ad accompagnare Renzi a un pranzo con Tony Blair sulla terrazza dell’hotel St. Regis in piazza Ognissanti a Firenze, poi, nel settembre dello stesso anno, alla convention democratica di Charlotte per accreditarsi con lo staff di Obama, e infine, nell’agosto del 2013, da Angela Merkel a Berlino. Ma non ha voluto candidarsi alle politiche, né seguirlo al governo nel 2014, come invece gli aveva proposto il premier: “Matteo mi ha chiesto di fare il deputato ma non ho voluto, io faccio altro nella vita. Purtroppo ho dovuto prendere la mia prima tessera di partito, mi è toccato iscrivermi al Pd per votarlo”. Imprenditore di mestiere, per Renzi fa il lobbista e il fund raiser, ed è l’unica vera persona fidata del premier. Senza di lui, con ogni probabilità, l’ambizioso giovane di Rignano non avrebbe mai potuto trovare i fondi per finanziare l’attività politica. È lui che organizza le cene di raccolta fondi e gli eventi, invitando chi può sostenere la causa. Così, dal 2007 al 2013, vengono raccolti complessivamente circa tre milioni di euro. “Erano cene da mille euro a testa e io invitavo gli amici”. “Certo, all’inizio gli ho presentato tante persone”. Nel 2004 Renzi lo chiama in Provincia come caposegreteria e gli chiede aiuto per comporre la sua giunta: “La sera della sua vittoria volo a casa mia in Sardegna. Lui mi chiama e mi fa: ‘Ho bisogno di una donna per fare l’assessore... una del tuo giro fiorentino”. Dico: “Giovanna Folonari”. E lui: “Chi è?”. Non lo sapeva. Rispondo: “È una persona seria. I Folonari sono una famiglia importante e poi sono i cugini dei Bazoli”. E lui subito: “Perfetto, perfetto!”.
La Firenze Parcheggi e le campagne elettorali
(...) Nel 2009, quando Renzi diventa primo cittadino (…) gli feci da consigliere economico, i primi tre mesi, poi andai da lui e gli dissi: “Matteo, qui c’è un problema, lucrum cessans, damnum emergens”. E lui: “Cioè?”. Risposi: “Be’, che il consigliere economico lo fo gratis e in più non posso far nulla a Firenze”. Quindi mi dimisi, lui mi disse: “Ascolta, ma perché non rimani in qualche azienda? Perché comunque mi piace usare la tua intelligenza”. C’era qualche nomina pubblica in scadenza e mi propose di fare il consigliere. Firenze Parcheggi era in rovina Carrai accetta l’incarico a una condizione. “Dissi a Matteo: ‘Sto il tempo limitato di ristrutturare l’azienda, ma non mi nomini tu’, infatti entro con Monte dei Paschi”. (...) Nel 2009 è anche il committente responsabile della campagna per l’elezione a sindaco di Renzi. In tale veste si becca una multa da 700 mila euro per affissioni abusive. Vero, ammette Carrai: “Gli attacchini dei manifesti li avevano messi nei posti sbagliati. Arrivò la multa, era nominale e il committente ero io”. (...) Nell’ottobre del 2013 Renzi è impegnato nell’assalto finale al Pd: a dicembre ci sono le primarie per la segreteria e non vuole di certo essere sconfitto come l’anno precedente. Perciò concentra tutte le armate sull’obiettivo.
L’evento clou è la Leopolda (…). Intanto però i giornali hanno cominciato a occuparsi di Marco Carrai, dei suoi rapporti con Renzi, delle nomine ricevute dal Comune e della sua presenza nelle partecipate e nella fondazione Big bang che finanzia l’attività politica dell’amico Matteo. “Ci fu una persona che voleva mandare soldi da Israele, ma dissi di lasciar stare, chissà poi che cosa saltava fuori”. (...)
Nell’ottobre del 2012 Renzi partecipa a una cena a porte chiuse alla fondazione Metropolitan di Milano per incontrare alcuni uomini d’affari, esponenti dell’alta finanza e imprenditori. Si diffonde la notizia che a organizzarla sia stato Davide Serra. “La cena di Milano l’avevo organizzata io. Davide è un amico, ma sbagliai, perché non pensai che sarebbe stato accostato alla finanza in maniera negativa, come poi è avvenuto”. I fondi all’ascesa renziana arrivano anche in forma diretta da “imprenditori come Guido Ghisolfi del gruppo M&G o Vito Pertosa” spiega Carrai. “Gli si dice: ‘C’è un ragazzo in gamba, va sostenuto, ti va?’. E via. Funziona così. Semplice. Persone fuori dal giro che non vogliono apparire. In Italia c’è tanta bella gente”.
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«Matteo ha ripreso da me? Mi ha vietato di dirlo. In realtà, pochi sanno che siamo parenti, tant’è che quando capita che qualcuno mi chieda – racconta Nicola Bovoli, fratello della madre del premier – se sono suo zio, rispondo di no: è Renzi che è mio nipote».
Infatti alla Ruota della Fortuna lo portò lei.
«Io lavoravo con Mike dal 1987. Nel 1994, quando Matteo partecipò alla trasmissione, eravamo amici. Mike un giorno mi confessò di essere in tensione: non riusciva a trovare un concorrente che spiccasse, così gli proposi Matteo, sostenendo che era un ragazzo vispo. Mike mi disse di fargli fare la selezione e lo prese subito; sì, lo segnalai io».
Non solo Mike. Con Mediaset ha lavorato: inventò il Quizzy.
«Avevamo un contratto in esclusiva per cinque anni da 200-300 milioni di lire alla settimana, poi quando B. ha lasciato l’azienda per entrare in politica abbiamo lasciato».
Ha conosciuto Berlusconi?
«Certo. Dal punto di vista politico non condivido nulla, ma come imprenditore era un genio. È stato costretto a impegnarsi per salvarsi: lui non voleva fare politica. Lo chiamò Craxi per dirgli che era tutto finito, così B. è dovuto intervenire anche perché le sue aziende non andavano bene, poi ha risolto ed è andato avanti 20 anni difendendo i suoi interessi. Dovevo avere molti soldi, tutti i giochi di Mike li ho fatti io. Ma interruppero il contratto, mi crearono un danno: dovevo avere 6-7 miliardi di lire».
Ne parlò con Berlusconi?
«Ricordo che una volta andai ad Arcore. Era il 1993, mi pare. Avevo piazzato la tombola Bingo su Sorrisi e Canzoni, il periodico Mondadori, e il concorso era collegato alle trasmissioni di Mike, ok? In quel periodo sia il giornale sia le tv erano di B., ma le due società si misero a discutere su chi doveva pagare la mia. Consideri che con quel giochino portammo le vendite di Sorrisi al record di tre milioni di copie».
Lei andò ad Arcore.
«Per sbloccare la situazione andai da B.ldi entrano dalla tasca destra o da quella sinistra cosa cambia?’. Fece due telefonate e la questione si sbloccò, purtroppo era già proiettato alla politica e Dell’Utri già stava facendo i circoli di Forza Italia».
Ha conosciuto anche Marcello Dell’Utri?
«E non credo che abbia avuto rapporti con la mafia, è un uomo di infinita cultura, è impossibile: non può essere un mafioso».
Ora è in carcere con una condanna in via definitiva. Non la stupisce il legame profondo tra Berlusconi e Renzi?
«Non lo giudico. Servono l’uno all’altro, ciascuno fa il proprio interesse».
Lei ha aiutato suo nipote?
«Gli diedi una mano per diventare sindaco a Firenze, sì. Io e altri amici. Anche Dario Nardella fu d’aiuto».
È iscritto al Pd?
«Ho preso la tessera solo per votarlo alle primarie contro Bersani».
Che poi perse.
«Sì, ma seguì il mio consiglio».
Quale?
«Gli dissi di riconoscere la sconfitta e lo fece, è stato forse il suo discorso più bello».
Vi sentite spesso?
«Se ha bisogno mi chiama. Ora ha molto da fare e deve fare qualcosa».
Sta pensando alle elezioni anticipate?
«Non può, prima deve realizzare qualcosa di concreto, tradurre in realtà le cose promesse. Ha detto tanto. Gli 80 euro, ad esempio, che cazzo vogliono dire? Solo se riesce a fare qualcosa può andare alle elezioni e lui lo sa».
L’ultimo nodo è l’articolo 18
«Che è morto, se un’azienda è in crisi va in crisi che ci sia o meno l’articolo 18».