la Repubblica, 5 novembre 2014
Il mistero della professoressa uscita di casa per fare una passeggiata e scomparsa nel nulla. Si chiama Gilberta Palleschi, ha 57 anni, è stata vista l’ultima volta alle porte di Sora. Un aggressione, una colluttazione? È la pista che stanno seguendo i carabinieri
La vita tranquilla della professoressa Gilberta Palleschi si è interrotta qui, nell’erba umida e ancora calpestata sul margine di una strada sterrata alle porte di Sora. Via San Martino, le acque gelide del torrente Fibreno da una parte, il bosco dall’altra. Località Fontechiari, un luogo isolato, dove la donna andava un paio di volte alla settimana a camminare. Tra le sterpaglie i carabinieri hanno trovato il braccialetto d’oro di Gilberta, spezzato. Il filo dell’auricolare del suo telefonino, strappato. E la chiave della sua automobile.
Pezzi minimi dell’esistenza di una signora di 57 anni, di professione insegnante d’inglese, volontaria dell’Unicef di cui era segretaria regionale, ben voluta da tutti, e che da sabato non si trova più. Scomparsa. Forse aggredita, forse investita da una macchina, forse rapita. Nessuno lo sa. «Vado a fare la solita passeggiata», ha detto alla cognata, Giuliana, che l’ha incrociata sabato mattina sulle scale.
La famiglia Palleschi vive tutta al primo piano di una palazzina a Sora, Gilberta da sola (non è sposata), l’anziana mamma con le badanti, il fratello Roberto con la moglie e i due figli. Sabato mattina Gilberta indossa una tuta nera e scarpe sportive bianche. Sono circa le 10.30 quando esce. Non l’hanno più vista tornare. La donna fa jogging, passione che condivide con una amica. Quel giorno però è festa, è il primo novembre, va da sola. È un’abitudinaria, la professoressa. Fa sempre lo stesso percorso: attraversa il passaggio a livello, prosegue fino al torrente, dove ci sono una grossa cartiera e un allevamento di bestiame, arriva alla vecchia villetta di famiglia. Meno di dieci chilometri, due ore circa andata e ritorno. E prima di rincasare, un’altra delle sue consuetudini, bussa sempre alla porta della madre, così da segnalarle il suo rientro. Sabato non ha bussato.
«Ci siamo accorti che mancava solo verso sera», ricorda il fratello, Roberto, che ha un’autofficina molto ben avviata in città, «nostra madre si stava preoccupando e ci ha avvertito. La macchina di Gilberta era nel parcheggio. Allora siamo andati a cercarla, ma era troppo buio». Niente. Ai carabinieri della compagnia di Sora Roberto si presenta il giorno dopo, la domenica, alle 13.30. «Gilberta non si trova più», spiega al comandante Ciro Laudonia. E parte la caccia. Una cinquantina di uomini, fra militari, vigili del fuoco e protezione civile, cominciano a battere un rettangolo di boscaglia e sentieri lungo cinque chilometri e largo 200 metri. Un elicottero partito da Ciampino sorvola l’area. Da Roma e Firenze arrivano sommozzatori e i cani molecolari, razza bloodhound.
La donna sembra essersi volatilizzata. Diversi testimoni l’hanno vista camminare, da sola. Ma niente di più. Lunedì succede qualcosa di singolare: un uomo, amico di vecchia data di Gilberta, mentre passeggia da quelle parti in compagnia della moglie trova per caso un telefonino per terra, modello Nokia Lumia. È mezzo rotto, per cui estrae la scheda sim e prova a inserirla nel suo, ma non è compatibile. Quindi tiene la scheda e butta il cellulare scassato. Dopo poche ore incontra Roberto, gli racconta cosa ha recuperato e dove. Vanno sul posto, e poco lontano saltano fuori anche il bracciale d’oro, il filo delle cuffie e la chiave. Non il telefonino, però.
Gli investigatori sentono per un paio d’ore l’uomo, l’alibi regge. Così come ha un alibi abbastanza solido un’altra persona residente vicino alla cartiera (in passato accuse per lesioni e molestie), che afferma di essere stato con la compagna nell’orto tutta la mattina di sabato. I reperti vengono fatti annusare ai segugi del nucleo cinofilo. Raccontano gli addestratori: «Da qualsiasi parte abbiamo spostato i cani, ci hanno condotto sempre in un punto preciso». Il ponticello di legno sul Fibreno. Dove sotto scorre il torrente che, si dice a Sora, abbia acque talmente fredde che chi si butta muore d’infarto, prima di annegare. Un suicidio? Sembra da escludersi. «Mia sorella era serenissima – racconta Roberto – amava la vita, non era depressa e non aveva nemici».
Un aggressione, una colluttazione? È la pista che stanno seguendo i carabinieri, coordinati dal pm di Cassino Maria Beatrice Siravo. Lo suggeriscono gli indizi: il bracciale e il filo spezzato, l’erba calpestata attorno, come se la donna avesse tentato di difendersi. Ci sono almeno altri due oggetti rinvenuti, stanno vagliando se di proprietà della donna. Non ci sono tracce di sangue. La zona è considerata tranquilla. Mai episodi di violenza o molestie. La carta sim in queste ore è analizzata dai tecnici, per capire con chi ha parlato Gilberta prima di sparire, così come sono stati acquisiti alcuni filmati dalle telecamere di sorveglianza, poche, piazzate nella zona.
Potrebbe essere stata investita da un’automobile, non è esclusa nemmeno tale ipotesi. «A questo punto – si sfoga Giuliana, la cognata, mentre in tarda serata le ricerche si interrompono e un acquazzone gelido inumidisce le colline di Sora – speriamo quasi in un rapimento, almeno avremmo la certezza che sia ancora viva».