Corriere Economia, 3 novembre 2014
Renato Ravanelli, il milanese schivo con due miliardi da spendere. Chi è il manager che sostituisce Gamberale in F2i, il fondo pubblico-privato infrastrutturale più grande d‘Italia. Versati altri 20 milioni di capitale
Se il buongiorno si vede dal mattino, il riservato Renato Ravanelli parte bene, con una dote di 20 milioni. È l’uomo che nel ‘98 portò in Borsa Aem, azienda dell’energia milanese di cui era direttore finanziario. Da mercoledì 22 ottobre è l’amministratore delegato di F2i, il fondo pubblico-privato infrastrutturale più grande d‘Italia. Ha 2,075 miliardi investiti finora (vedi grafico) e 13 società in portafoglio (tre cedute dal 2011): dai gasdotti agli aeroporti, dalla banda larga all’energia rinnovabile, dai sistemi di pagamento allo smaltimento rifiuti. Ravanelli dovrà ampliarne il perimetro su due direttrici: aggregazioni ed efficienza. Milanese, 49 anni, è ritenuto gradito a tutti i soci: da Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato dell’azionista pubblico Cdp (ha il 16,5% di F2i sgr), a Giuseppe Guzzetti, presidente del socio privato Fondazione Cariplo (8,59%), a Unicredit e Intesa (16,5% ). È apprezzato per le competenze industriali e finanziarie. È un segno della svolta verso una finanza meno di relazione.
Ravanelli viene da A2A, la joint venture di Aem con l’Asm Brescia, dov’è stato direttore generale. È consigliere indipendente di Inframed, il fondo per le infrastrutture nel Mediterraneo della Cdp. Sostituisce il molisano Vito Gamberale, 70 anni, ex amministratore delegato di Telecom e Autostrade, potente anello tra finanza e politica (appena prosciolto dall’accusa di concorso in turbativa d’asta sulla cessione di Sea dal Comune di Milano a F2i). Eredità difficile.
Ma proprio nei giorni scorsi il capitale del secondo fondo di F2i (F2i II, in fase di raccolta con obiettivo di 1,2 miliardi a fine 2015) è aumentato da 755 a 775 milioni: 20 milioni, appunto.
Il nome del nuovo investitore è riservato. Secondo fonti, è un asset manager francese che gestisce sui 60 miliardi come fondo di fondi e gestioni separate. Un buon viatico per Ravanelli, che passa alla guida di una macchina con potenza di fuoco di almeno due miliardi di euro.
La cassa
Tolti gli impegni già presi nel secondo fondo (405 milioni) e gli investimenti del primo (1,67 miliardi), F2i ha infatti 550 milioni in cassa oggi, destinati a diventare 975 entro fine 2015, se la raccolta di F2i II andrà a buon fine. Ipotizzando una leva di debito di uno a uno (metà capitale, metà prestiti), significa 1,9 miliardi da investire ancora. Ravanelli si muoverà in logica di filiera, come del resto ha fatto Gamberale. La missione di F2i è infatti aggregare ciò che è sparso — a partire dal business dei rifiuti e dell’acqua delle municipalizzate — e generare valore industriale. Se c’è discontinuità, sarà piuttosto nell’approccio, secondo la lezione dell’altrettanto schivo Giuliano Zuccoli, ex presidente A2A: separare il ruolo del manager e dell’azionista. Il primo non consideri l’azienda cosa sua, il secondo riduca le ingerenze. «Offellee, fa el tò mestée» (pasticcere, fai il tuo mestiere), direbbe un milanese come Ravanelli.
Laurea in Economia in Cattolica, tre figli, moglie professoressa di Lettere, Ravanelli ama la vita in famiglia, i libri e la sottoesposizione. Non frequenta i salotti né Roma, piuttosto le parrocchie, ma non va annoverato fra i ciellini (niente frequentazioni con Roberto Formigoni). Ambisce a lasciare un segno non solo nel ritorno economico (alto finora per F2i: il 10% dichiarato di Irr, tasso di rendimento annuo, al giugno 2014), ma anche nello sviluppo del Paese. Significa muoversi in accordo con i Comuni, per esempio, a partire da Milano: socio con il quale F2i cercherà di rafforzare Malpensa (ha il 44% della Sea che lo gestisce) in vista dell’Expo, dopo gli screzi passati.
E significa anche non vendere «per dovere» la Metroweb senza debiti di cui F2i è maggiore socio. L’ipotesi di cessione a Telecom non è, infatti, nell’agenda di Ravanelli, che vedrebbe nell’azienda di Marco Patuano solo uno dei possibili acquirenti. Per l’azienda della banda larga non è stata presa una decisione di vendita. Nel caso, però, sarebbe all’offerente migliore, valorizzandola, in logica di mercato.
Ma ecco i dossier al vaglio.
L’agenda
Primo, le torri di trasmissione messe in vendita da Wind. F2i sta guardando il fascicolo. Se dirà sì, sarà in cordata con altri soci ed entro dicembre. Sarebbe il primo passo per l’espansione nel settore. Secondo, l’acqua e i rifiuti. Qui il fondo è in trattativa con la torinese Iren (di cui è già socio mel termovalorizzatore Trm) per rilevare il 49% di Iren Ambiente. Può chiudere entro l’anno, sarebbe l’avvio di un polo. Terzo, l’energia. Dopo avere rilevato il 70% di Edison Rinnovabili (closing entro dicembre), F2i è ora interessato agli impianti eolici di Eon. C’è l’offerta preliminare: responso a fine mese. Quarto, il gas. Con 2i Rete Gas (unione di Enel Rete Gas, E.On Rete e G6, esempio di positiva aggregazione) è nato il secondo operatore in Italia dopo Italgas. Deve crescere: F2i si sta preparando al rinnovo delle gare comunali per la gestione della rete del gas. Infine, gli aeroporti: dopo la vendita di Firenze l’intenzione è ora inversa, espandersi. Si stanno valutando le offerte d’ingresso nella holding F2i Aeroporti da parte di potenziali nuovi soci (come Ardian).
In F2i Ravanelli trova partite note, da Edison, di cui fu direttore finanziario, a Metroweb, del cui successo pose le basi. Era il ‘99, si rifaceva l’illuminazione di Milano, con Zuccoli decise di affiancare ai cavi della luce tubi vuoti per ospitare poi la fibra ottica. Lungimiranza. Potrà metterla a frutto, magari aprendo a un socio diverso da Telecom .