Il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2014
Il museo delle cose dimenticate, dai preziosi cristalli di Baccara alla cassaforte per il pane. A Torino, a pochi passi dalla Mole, la casa-museo Accorsi-Ometto, Museo delle Arti Decorative
Hai mai pensato a quante cose possono stare dentro a una casa? Tantissime, pensa soltanto a tutte quelle che accumuliamo nelle nostre stanze e che dimentichiamo persino di avere. Ma forse nessun sforzo di immaginazione potrà mai portarti in una casa che contiene dentro di sé addirittura tremila opere tra quadri, mobili, cristalli, arazzi, trumeau, lampadari, orologi, tabacchiere... Ci sono i preziosi cristalli di Baccarat e le porcellane di Meissen; sono tra i pezzi più buoni della collezione.
Questa casa esiste davvero ed è Torino, in via Po, a pochi passi dalla Mole Antonelliana. È la casa-museo Accorsi-Ometto, Museo delle Arti Decorative. Entri nel portone e sali la scala; qui comincia il tuo viaggio attraverso ventisette stanze. Passi davanti al mobile più bello del mondo, il famoso “doppio corpo” di Piffetti, tutto intarsiato con avorio e madreperla. Quando arrivi nella cucina scopri che davanti a te ci sono quasi quattrocento oggetti di rame, ognuno di una forma e di una misura diversa! Ti chiedi allora come quattro mura riescano a contenere tanta roba, e cominci a sospettare che ogni casa potrebbe essere, a tua insaputa, una scatola magica! Girando tra le sale conosci pezzi di mondo: arrivi ad un certo punto nel salotto cinese, dove le pareti sono tutte rivestite di carta di riso. Lì senti il profumo della Cina. Guardandoti intorno non trattieni lo stupore, pensando a quanto amore deve aver avuto il proprietario di questa casa, l’antiquario Pietro Accorsi, nel metterci dentro ogni sua passione. Diventato proprietario nel 1956, l’ha arredata pezzo dopo pezzo, con tutto quel che ha trovato nei suoi viaggi. “Se potessimo rimettere insieme tutto quello che mi è passato per le mani, non basterebbe piazza Vittorio a contenerlo” diceva sempre. In mezzo a tanta roba, ti fermi davanti all’oggetto più curioso di tutti: è un mobile portapane della metà del Settecento. È un mobile in legno, costruito appositamente per tenerci il pane. Vedi che quel piccolo armadio di legno ha una serratura ed è chiuso a chiave, e allora pensi che il pane è un bene prezioso che merita di stare al sicuro. È un bene di cui essere gelosi, addirittura. Cerchi un motivo per chiudere il pane sotto chiave; nessuno di noi oggi lo farebbe… O forse si? In ogni casa di nobili, nel Settecento, esisteva un armadio molto simile a questo, completo di serratura. Il padrone della casa difendeva il pane dalla fame dei servi, chiudendolo in questa specie di cassaforte. Neanche un boccone ne avrebbero preso, non ne avrebbero rubata neanche una briciola; prezioso pane, ricchezza che viene dal pane. Ti rendi conto allora che non si mette sotto chiave solo l’oro, ma il frutto del lavoro dell’uomo. Una cassaforte per il pane, e chi l’avrebbe detto! Eppure è stata costruita, meno di trecento anni fa... ed è qui perché tu la scopra oggi, con la curiosità che rende sapienti i bambini!