Il Giornale, 3 novembre 2014
De Benedetti è ormai sull’orlo degli ottant’anni, Libertà e Giustizia sull’orlo del fallimento. Il partito dell’editore dell’Espresso e di Repubblica non ha più i quattrini per andare avanti
Doveva essere il contenitore dell’antiberlusconismo militante. Rischia di morire di «vecchiaia», nel silenzio generale. È un compleanno amaro per l’Ingegner Carlo De Benedetti: Libertà e giustizia, la sua creatura, quasi un partito almeno nelle intenzioni, ha fatto flop. Non ha più i quattrini per andare avanti. E del resto è da anni, dalla grande manifestazione del febbraio 2011 per spingere il Cavaliere alle dimissioni, che non dà segni di vita.
De Benedetti è ormai sull’orlo degli ottant’anni, traguardo che taglierà il prossimo 15 novembre e che festeggerà con una festa imponente in quel di Dogliani. Ma se si tenta un bilancio si vede che i guai si affollano intorno all’editore dell’Espresso e di Repubblica. E il primo, il più simbolico e suggestivo, è senza dubbio la crisi, anzi l’agonia di Libertà e giustizia, il movimento neoazionista e ipergiustizialista, foraggiato dalla Cir dell’Ingegnere per educare gli italiani alla legalità e, già che c’era, per riempire le piazze contro il Cavaliere. L’associazione, come raccontava ieri il Corriere della sera, ha battuto un colpo, l’ultimo, il 5 febbraio 2011, quando 10mila persone si ritrovarono al Palasharp di Milano, nei giorni vorticosi del caso Ruby, per gridare con la bava alla bocca al nemico di andarsene e liberare una volta per tutte Palazzo Chigi. L’obiettivo, in un modo o nell’altro, è stato raggiunto e il Cavaliere ha perso consenso, ma non è scomparso dalla scena politica. Anzi, grazie al discusso patto del Nazareno ha riacquistato quella centralità che pareva perduta per sempre. E ha pure portato a casa una clamorosa assoluzione sul caso che aveva infiammato la platea debenedettiana. Giustizia e libertà invece si è inabissata. Insomma, se il berlusconismo è difficoltà ma è ancora vivo e combatte, l’antiberlusconismo targato Cir è un guscio vuoto.
L’anno scorso l’Ingegnere aveva allungato all’Associazione presieduta da Sandra Bonsanti 140mila euro. Quest’anno però il budget si sarebbe ridotto al lumicino. D’altra parte i tesserati sono in calo, la sede centrale potrebbe essere chiusa e disdetti i contratti di collaborazione. Infine anche la Bonsanti sarebbe vicina all’addio. Una stagione di grande impegno e di ancor più grandi ambizioni è all’epilogo. E certo nessuno avrebbe immaginato un tramonto così malinconico. Sottotraccia. Quasi una resa alla crisi e al cambiamento del clima nel Paese.
Per carità, De Benedetti intreccia sempre molto abilmente relazioni importanti e quest’estate le telecamere di La7 l’hanno sorpreso alle 8 del mattino a colloquio con il potente sottosegretario alla presidenza del consiglio Graziano Delrio. Ma è anche vero che l’usura del marchio politico si accompagna alla débâcle di Sorgenia e alle disavventure giudiziarie su fronte, a suo modo simbolico, delle morti per amianto. Nelle scorse settimane la Procura di Ivrea ha chiuso l’inchiesta sui decessi per amianto all’Olivetti e ha messo in crisi l’icona dell’Ingegnere, da sempre accreditato come imprenditore illuminato e sensibile. Sarà, ma intanto i pm di Ivrea vogliono processare De Benedetti in versione amministratore delegato e presidente della gloriosa azienda, nel lungo periodo che va dal 1978 al 1996, addebitandogli la pesante accusa di omicidio colposo plurimo. Una richiesta di rinvio a giudizio non è una condanna, ci mancherebbe, ma De Benedetti si avvia ad essere processato proprio come i biechi signori della Eternit di Casale Monferrato.
Non basta. Quest’estate si è compiuta la parabola di Sorgenia, la società controllata dalla Cir dell’Ingegnere al 53 per cento e zavorrata da una montagna di debiti: 1,8 miliardi di euro. Un disastro. La società è stata ceduta ad un pool di diciannove istituti di credito, in testa lo sventurato Monte dei Paschi, e l’Ingegnere è riuscito sia pure indirettamente a guadagnarci qualcosa se è vero, come sostiene Libero, che il governo Renzi ha varato un decreto per società del tipo di Sorgenia che vale 120-150 milioni di euro. Soldi che, se i conti torneranno all’utile, finiranno per il 10 per cento nelle ospitali tasche di De Benedetti.
Una magra consolazione. Sufficiente per non spegnere le luci ma solo le ottanta candeline: Il «Sor-genio», come lo chiama affettuosamente Dagospia, ha convocato gli amici e gli antifascisti sopravvissuti al taglio dell’assegno nella tenuta di Dogliani il prossimo 15 novembre.