Il Messaggero, 3 novembre 2014
Ibraim, il senegalese eroe che sventa una rapina ma la gente aiuta i ladri e lo minaccia di morte. Succede a Napoli
Ibraim è un immigrato senegalese di 36 anni. Vive in Italia da cinque. Ha un regolare permesso di soggiorno. Lavora in una fabbrica che ricicla indumenti usati a Somma Vesuviana. E crede fermamente nella legalità e nella giustizia. L’altro pomeriggio era al corso Garibaldi con sua cugina Alice - giunta a Napoli da Parigi per una breve vacanza - quando due delinquenti, a bordo di uno scooter, hanno strappato la borsa che la donna - di nazionalità francese ma nata in Camerun - teneva a tracolla. L’azione è stata fulminea, come ogni buon scippo che si rispetti.
L’INSEGUIMENTO
Ma Ibraim è stato altrettanto lesto: ha rincorso i banditi e, con una presa energica ha bloccato la moto, costringendo i due a scendere, tenendoli poi entrambi nella morsa d’acciaio delle sue braccia, per farsi riconsegnare il maltolto e assicurarli alla giustizia. E non si è fatto intimidire dal coltello che uno dei due impugnava per riconquistare la libertà. Ma alla scena ha assistito un pubblico di passanti che, evidentemente, conosceva i malviventi ed è intervenuto in difesa dei rapinatori, minacciando addirittura di morte il senegalese. E facendone così scappare uno. Vale a dire quello che aveva la borsa della straniera contenente documenti (tra cui il passaporto) cinquecento euro, il cellulare e un tablet.
L’INTERVENTO
A questo punto sono intervenuti i carabinieri che transitavano in zona a bordo di una ”radiomobile”. I militari hanno ammanettato lo scippatore bloccato dal senegalese. È finito così in manette Carmine R., diciannove anni, fedina penale immacolata. Il suo complice, invece, è riuscito a darsela a gambe e a far perdere le proprie tracce. Al comando dei carabinieri sono stati accompagnati Ibraim e Alice per formalizzare la denuncia-querela e per far ottenere alla straniera i documenti per poter rientrare a Parigi. «La folla mi diceva di lasciarlo andare, qualcuno ha anche minacciato di uccidermi. Ma io non ho ceduto» racconta Ibraim. E rievoca le fasi dell’aggressione: «Ero con la mia fidanzata Dounamba e mia cugina Alice, figlia della sorella di mia madre. Per me Alice è come una sorella. Passeggiavamo nell’area pedonale quando si è avvicinato uno scooter. E il passeggero sul sellino posteriore ha scippato la borsa ad Alice. È stato un attimo. Li ho inseguiti. Ho bloccato il motorino afferrandolo nella parte posteriore ed ho catturato i due. Uno mi ha minacciato con un coltello. Poi alcuni passanti hanno inveito contro di me, urlandomi di lasciarli andare. Mia cugina era in lacrime e la mia fidanzata era terrorizzata». Nel frattempo è arrivata una pattuglia del nucleo radiomobile dei carabinieri, allertata da una telefonata che parlava di una rissa in atto. «Sono stato coraggioso? Non lo so. So che non era giusto che lasciassi andare quei due. Quella ragazza è come se fosse mia sorella. In ogni caso lo avrei fatto per chiunque. Anche se non conoscevo la vittima mi sarei comunque catapultato subito all’inseguimento dei banditi» conclude Ibraim.