Corriere della Sera, 3 novembre 2014
Il record di Zarina: 12 case occupate a Milano. Del resto nel racket degli alloggi popolari, le donne, meglio se con figli, hanno un ruolo fondamentale. Per certi versi, a volte perfino esclusivo. Non ci fossero loro, sarebbe molto più difficile. Ecco perché
Quante volte, «zarina»? Nei verbali dei commissariati questa ragazza ha un nome ma noi ne useremo un altro (Veronica), per proteggerne l’identità di madre e per proteggere i due bimbi che le sono stati tolti dal Tribunale dei minori.
La «zarina» è giovane, 31 anni, eppure già sfiorita, impegnata com’è stata negli ultimi anni a occupare casa per dodici volte. Veronica professione abusiva. Un record. E del resto nel racket degli alloggi popolari, le donne, meglio se con prole, hanno un ruolo fondamentale. Per certi versi, a volte perfino esclusivo. Non ci fossero loro, sarebbe molto più difficile.
Nei report riservati compilati dagli ispettori dell’Aler e inviati in Questura, foglio dopo foglio nell’elenco degli «abusivi» è un costante alternarsi di voci pressoché uguali: «donna romena con tre minori», «donna cingalese con due minori», «donna egiziana con tre minori». E poi, poi c’è lei, la «zarina», unica nel suo genere ma simbolica di un fenomeno, una piaga, una caduta nel precipizio. Le donne «servono». Fanno «comodo». Vengono usate. Vittime della povertà e del bisogno. Donne sole e abbandonate. Sono portate in avanscoperta, dopo che i «fabbri» del racket hanno sfondato porte o finestre. Sono la truppa lasciata nelle case vuote contro il «fuoco nemico», per assicurarsi fisicamente lo spazio. Per mettere radici nell’appartamento, che più avanti verrà assegnato ai reali «proprietari».
Naturalmente in tali circostanze potrà essere meno aggressiva la protesta degli abitanti, pur rabbiosi ed esasperati, dinanzi a un bimbo piccolo; e naturalmente questo «fuoco nemico», col quale si intendono i tanti bravi onesti cittadini regolari che mal sopportano le illegalità, nonostante tutto non esiterà a chiamare l’Aler, la polizia e i carabinieri. Ma gli ispettori, gli agenti e i militari nulla potranno in assenza di una «rete sociale». D’accordo, sgomberiamo le persone; ma dove vanno a finire? Ci sono comunità pronte? No, non ci sono; anzi sì, ci sono ma mancano posti liberi.
Anche la «zarina» Veronica, che per le occupazioni certo s’è presa le sue denunce ma nient’altro — così prevede la legge, non c’è arresto — è stata una figurante. Spesso le hanno chiesto di recitare una parte. Forse per pochi euro. Mettersi lì, coi figli, far scena.
A volte arriva l’aiuto dell’«immobiliare rossa», formata da antagonisti che controllano abitazioni tra i due Navigli e che hanno base nel quartiere di San Siro; l’«immobiliare rossa» porta gente in piazza, protesta contro gli «sbirri», esegue azioni di «sabotaggio» boicottando gli sgomberi.
La Milano di Veronica è allo Stadera, che raccoglie via Meda, prosecuzione di corso San Gottardo, e la porta alla periferia sud. Altro ex quartiere di operai, lo Stadera, di immigrati italiani sostituiti dagli immigrati stranieri. La «zarina» non arriva da una famiglia di balordi; forse i figli son venuti troppi e troppo rapidamente, allora serviva una casa, di soldi non ce n’erano, il padre dei figli aveva iniziato a fregarsene, e una soluzione andava trovata. Cosa fare? Occupare. Allo Stadera, per anni, è stata un’abitudine, un’azione quasi fisiologica, un «risarcimento» preteso dallo Stato e dal Comune che ti facevano vivere in quei palazzi degradati. Ci ha provato, Veronica. E insieme a lei ci provano decine di altre donne, italiane e nordafricane e dell’Est. Che spesso non hanno altra scelta. Dicono i poliziotti che oggi la «zarina» s’è trasferita. Al Corvetto. Sempre periferia. Sempre case popolari. E sempre lei sta vagando, disperata, in cerca di nuove occupazioni.