Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 03 Lunedì calendario

L’incubo di Silvio Berlusconi è perdere in tutte le Regioni in cui si andrà al voto tra novembre e primavera. I sondaggi dicono che, oltre alla sconfitta, senza il Cav. come capolista si rischia un vero tracollo elettorale. L’alleanza con Ncd di Alfano per ora è sicura solo in Campania

Il rischio del «cappotto» ce l’hanno ben presente ad Arcore e dintorni. Se si esclude il Veneto, infatti, dove la Lega si dice certa di riconquistare la presidenza con l’uscente Zaia, nelle altre Regioni al voto in novembre (Calabria ed Emilia-Romagna) e in primavera (Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia) la possibilità che il centrodestra perda ovunque è concreta.
Di più: per FI, stando ai sondaggi che incrociano i voti attuali con le tendenze che si registrano quando si compete senza il traino di un candidato presidente, al rischio sconfitta si somma quello di un crollo elettorale, rappresentato non solo dal possibile sorpasso della Lega nelle due Regioni dove il Carroccio corre per la presidenza (Emilia e Veneto), ma anche sul piano nazionale. Sì, perché, considerando le prevedibili scarse performance azzurre nelle «rosse» Toscana, Umbria, Marche, Emilia, il timore è che complessivamente si possa scendere sotto quota 10%. Numeri da allarme rosso, a dir poco. Ai quali Berlusconi si ribella: «Da febbraio — ripete —, scontati i servizi sociali, tornerò sulla scena a pieno titolo. E la musica cambierà radicalmente...».
Intanto però il pericolo incombe. La scelta drastica del Cavaliere — avallata quasi all’unanimità dall’Ufficio di Presidenza — di costruire le alleanze per le regionali di fatto escludendo quelle con partiti di governo, ovvero l’Ncd, rischia di pesare parecchio sugli equilibri generali. Il patto con Lega e Fdi procede senza troppi intoppi — Toti, Salvini e la Meloni hanno già inaugurato assieme la campagna elettorale in Emilia — e lo stesso Toti è impegnato nel laboratorio «Officina nazionale» per trasformare l’intesa in una coalizione vera che si muova in sintonia anche in Parlamento.
Ma la rottura con i centristi di varia estrazione, da Scelta civica all’Udc oltre che l’Ncd, mette una grande ipoteca sulla possibilità anche solo di competere con il Pd in Regioni pure sulla carta contendibili, come Liguria e Marche, o in quelle dove si punta a vincere, Campania in primo luogo e, secondariamente, Puglia. Fitto lo dice a voce alta: «Se vogliamo provare a combattere la battaglia, escludere a priori alleanze con i centristi è sbagliato». Caldoro, presidente della Campania, il suo malumore è andato ad esporlo direttamente a Berlusconi, giovedì scorso, in una riunione alla quale hanno preso parte anche Toti, Cesaro e De Siano.
Al presidente oggi fiore all’occhiello di Fi, Berlusconi ha alla fine garantito margine di manovra: il veto all’Ncd a livello nazionale resta tutto, ma la possibilità per Caldoro di muoversi per cucire alleanze sul territorio c’è. La Campania, insomma, potrebbe essere l’eccezione che conferma la regola del no alle alleanze con i centristi, anche se si dovrà procedere «con cautela». In Puglia, invece, non ci sono ancora spiragli: «Se Fitto vuole davvero provarci — dicono da Arcore — perché non si candida lui? Si metta alla prova sul serio...».
Fitto ha già fatto sapere che non ne ha alcuna intenzione, ma il problema generale resta. È dunque una strategia suicida quella di FI? No, a sentire l’entourage dell’ex premier. Intanto perché molto dipenderà dall’atteggiamento del Pd. Se, come in Calabria, «il Pd chiuderà le porte all’Ncd, saranno morti: già adesso tanti dirigenti locali stanno tornando da noi, e noi accogliamo tutti a braccia aperte...». Insomma, tanto più se non avranno possibilità di guardare a sinistra, «tutti i voti dei centristi torneranno a noi». C’è poi un’altra variabile, ed è l’Udc: per ora prevale la linea dell’intesa per la Costituente popolare con l’Ncd, ma se in Sicilia si rimescolassero le carte e l’ala D’Alia-Casini avesse la meglio, allora — sperano in FI — si potrebbe siglare un’alleanza con la stessa Udc. Con il solito obiettivo: svuotare l’Ncd riprendendosi dirigenza e voti. Una battaglia con rischi altissimi, per tutti. Come in ogni guerra civile che si rispetti.