La Stampa, 3 novembre 2014
Dopo la targa di Auschwitz si sono rubati anche quella del campo di concentramento nazista di Dachau. La scritta è ispirata a un romanzo ottocentesco che raccontava la storia di un uomo che si redimeva attraverso il lavoro
È una porticina nera, di ferro battuto, alta appena due metri. La sua scritta «Arbeit macht frei» («Il lavoro rende liberi») è diventata uno dei simboli più feroci della Germania nazista. Quando Primo Levi entrò ad Auschwitz, fu la prima cosa che notò e la paragonò al dantesco «lasciate ogni speranza, voi ch’entrate» che inghiottiva i dannati. È la scritta che i prigionieri dei campi di concentramento e di sterminio vedevano ogni giorno, entrando e uscendo dai loro inferni. Nella notte tra sabato e domenica, qualcuno ha rubato quella di Dachau, il campo più vecchio. La scritta è ispirata a un romanzo ottocentesco che raccontava la storia di un uomo che si redimeva attraverso il lavoro: nella disumana ipocrisia nazista i genocidi avvenivano in luoghi contrabbandati per campi di lavoro. La direttrice del memoriale, Gabriele Hammermann, ha parlato di un «salto di qualità della cultura della profanazione», il direttore della fondazione dei memoriali bavaresi, Karl Frellerm, di «un atto orribile». «Un episodio penoso e squallido», secondo il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Il 94enne Max Mannheimer, sopravvissuto a Dachau, si è detto sconvolto del furto e ha chiesto che la sorveglianza venga rafforzata. Nei dodici anni dalla costruzione alla fine della guerra, 41.500 persone morirono nel campo bavarese.
Il memoriale non è dotato di video sorveglianza, ma ci sono controlli 24 ore su 24 del personale di sicurezza. La polizia non ha ancora raccolto indizi utili. Nel 2009 un furto identico era stato commesso nel campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia. I ladri erano stati catturati tre giorni dopo: il cancello era stato diviso in più parti e sepolto in un bosco. Nel 2010 il presunto organizzatore del furto, uno svedese con simpatie neonaziste, era stato arrestato con due complici polacchi.