la Repubblica, 31 ottobre 2014
Il grande ritorno del 6 politico. A Padova i prof si arrotondano i voti. Così un 5,5 diventa una sufficienza e i docenti vengono promossi alla fascia intermedia. E gli studenti dell’ateneo s’infuriano
C’era una volta — correva l’anno 1968 — il “18 politico”. C’era pure l’esame di gruppo, così anche se non dicevi una parola tornavi a casa con un voto in più sul libretto universitario. Per i ragazzi dei licei c’era il “6 politico”. Anni lontani. Polemiche quasi dimenticate che a volte ritornano. Stavolta, a decidere che un cinque e mezzo diventa un sei — in sintesi: invece di essere bocciato sei promosso — sono coloro che stavano e stanno dall’altra parte della cattedra: i docenti. Succede a Padova, nel grande ateneo dove Concetto Marchesi fu rettore e già nel 1943, nella città occupata dai tedeschi, disse che compito dell’università è soprattutto «discutere e sperimentare cosa sia la libertà». Forse non era compresa la libertà di cambiare le regole. «Per alzare il numero dei docenti “promossi” — protestano gli studenti dell’Udu, Unione degli universitari — hanno abbassato la soglia di valutazione. Questa decisione, fuorviante e inaccettabile, promuove il demerito e alimenta l’inerzia ».I voti per valutare i docenti del Bo, come nella scuola elementare, vanno dall’1 al 10. A decidere è il “Presidio di ateneo per la qualità della didattica e della formazione”. Fino all’anno scorso la sufficienza si otteneva ovviamente con il 6. Nella graduatoria non venivano annunciati i risultati precisi. Il professore veniva inserito nella “fascia bassa”, in quella “intermedia” oppure in quella “alta”. Si è scoperto che il 5,5 è diventato un 6 solo quando la graduatoria per l’anno accademico 2013-2014 è stata pubblicata sul sito dell’ateneo. È stata cambiata anche la soglia minima per la fascia alta, portata da 7 a 7,5. «Tutto questo — raccontano Anna Azzolin e Pietro Bean, studenti dell’Udu — è inaccettabile. Qui davvero si incentiva chi non si dà da fare, chi non si impegna a migliorare la propria didattica. E c’è anche un problema in più. Sono inseriti nella stessa fascia media i prof che hanno preso 5,5 e anche quelli che hanno raggiunto un 7,4. Come può, una graduatoria come questa, aiutare lo studente nella scelta dei corsi da frequentare? Dobbiamo sapere se i docenti sono bravi o no a fare il loro mestiere».Perché lo sconto? «Alcuni colleghi — ha dichiarato Ettore Felisatti, delegato del rettore per la valutazione della didattica — risultavano insufficienti pur avendo preso 5,8 o 5,9. Abbiamo deciso di arrotondare per rispondere a una logica di riconoscimento». Quale sia questa logica, non è facile comprendere. «Ieri mattina — dice invece Paolo Guiotto, docente di matematica — ho aperto la mia lezione con un annuncio: sarete promossi con 16,5 su 30, in virtù della proprietà riflessiva. Insomma, se per un docente va bene una sufficienza a 5,5, è giusto che uno studente possa superare un esame con 16,5. Hanno capito lo scherzo, si sono messi a ridere».La mutazione da insufficienza a promozione appare strana in questa università statale che con 63.000 studenti e 2.200 docenti riceve comunque un gradimento alto: 7,5 per la soddisfazione complessiva, 7,9 per gli aspetti organizzativi, 7,8 per la didattica. I questionari si fanno da più di quindici anni ed hanno dato risultati. Nel 2013, ad esempio, due docenti a contratto di Economia, accusati dagli studenti di assenteismo, sono stati rimossi dall’incarico. «Anche quei contratti non rinnovati — dice il rettore, Giuseppe Zaccaria — hanno fatto clamore ma in realtà sono stati una tempesta in un bicchiere d’acqua. Io ho fatto il preside a Scienze politiche per nove anni e i contratti saltati, per i docenti non di ruolo, sono stati decine. Ma allora non c’era Facebook, dove tutto viene drammatizzato. Bastano un paio di associazioni di studenti e otto o dieci docenti per fare scoppiare un caso che — anche in questo caso — è la classica tempesta nel bicchiere».Il Magnifico appare sicuro. «Noi, questi voti in graduatoria, non li abbiamo mai pensati come rigide pagelle. Servono soprattutto a capire quali siano le aspettative degli studenti e a fare emergere i problemi. Servono anche a decidere gli incentivi per i docenti, soprattutto per spingerli verso il miglioramento. Non ci piace una lista che deprezzi il nostro corpo insegnante». Il rettore annuncia una novità. «Da circa due anni stiamo lavorando perché i docenti, come succede nelle migliori università europee, valutino da soli il proprio lavoro ». Almeno in questo caso, si spera, senza cambiare i cinque e mezzo in sei.