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 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

Lucia Morselli, ad dell’Ast di Terni, «più tedesca che tedeschi». Capace di tagliare con l’accetta bilanci e organico, è temuta dagli operai che però la rispettano: «È una pazza ma ha coraggio». Ritratto della Lady del ferro, dagli esordi all’Olivetti fino alla Thyssen

Fin troppo facile chiamarla «the iron lady», la signora di ferro: Lucia Morselli, amministratrice delegata dell’Ast di Terni è considerata una «dura». Capace - se il mandato glielo chiede - di andar giù con l’accetta su bilanci e organico. Lo sapevano tutti a Terni, lo scorso luglio, quando la videro prendere possesso degli uffici di viale Brin. Arrivava dalla Berco di Copparo, un altro stabilimento della Thyssen Krupp dove aveva pareggiato i conti grazie a 438 esuberi. Passando all’Ast, aveva detto ai sindacati che il suo lavoro lì sarebbe stato diverso. Non le avevano creduto e avevano visto giusto: poco dopo la Morselli presentò quel piano da 537 tagli sul quale ora si sta trattando.Di lei si sa poco più di quanto scritto nel curriculum ufficiale. Nata a Modena, classe 1956, sposata, senza figli. Laureata in Fisica, dopo un master approda all’Olivetti, segue curriculum di tutto rispetto: passa da Finmeccanica a Telepiù, da Stream alla Newcorporation di Murdoch; è fra i soci fondatori della Franco Tatò e partners, arriva alla Thyssen. Parla pochissimo con i giornali, ma anche con sindaci e prefetti. Gli operai di Terni la considerano «più tedesca dei tedeschi». Non la amano, ma a modo loro la rispettano. «È una pazza, ma ha coraggio» dicevano di lei le tute blu radunate, l’altro giorno, in piazza poco prima delle manganellate. E i racconti sul personaggio si sprecano. Una settimana fa, accompagnata dal solo autista, è arrivata all’una e mezza del mattino ai cancelli della fabbrica presidiata dagli operai (primo giorno dello sciopero in corso). «Soffiava vento di tramontana, ci ha chiesto: cosa fate con questo freddo? – racconta chi era di turno alla guardia – ci ha proposto aggiustamenti, ci ha detto di non dar retta ai sindacati. Una provocazione che non abbiamo colto, perché siamo signori, noi, e non picchiamo nessuno». Sono arrivati prefetto e dirigente Digos e l’hanno convinta ad andarsene. Un’altra prova di carattere era stata data ai primi d’agosto. Un centinaio di operai, conosciuto il piano aziendale, aveva occupato i piani dell’amministrazione chiedendole un incontro. Negato. È stata «sequestrata» per 14 ore di fila. Dicono che quando il prefetto di Terni è entrato nel suo studio si sia fatta trovare con i piedi sul tavolo dicendo «questo è territorio tedesco». Solo alle cinque del mattino l’hanno convinta ad uscire dal retro. A volte dimostra un lato umano, come quando ha acquistato i diritti d’autore di un libro scritto da un operaio della Berco (Sette di denari di Simone Pavanelli, edizioni Draw up) per farlo pubblicare anche in Germania. Anche se in toni non proprio entusiastici, lei risultava citata seicento volte.