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 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

Per rifondare la destra basterebbe rileggersi il Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini, tornato ora in libreria in una nuova edizione. Per lo scrittore e fondatore de La Voce le basi da cui partire sono: realismo, proprietà privata, famiglia, patria e religione

«Il Vero Conservatore è persuaso di essere se non l’uomo di domani, certamente l’uomo del dopodomani». Il Vero Conservatore «non è contrario alle novità perché nuove» ma «non scambia l’ignoranza degli innovatori per novità». Guarda indietro, per andare avanti. Cerca ispirazione nei «fondamenti della vita sociale» (proprietà privata, famiglia, patria e religione) al fine di trovare soluzioni adatte ai problemi del presente. La storia è cambiamento continuo ma una società libera sa trovare, da sola, le istituzioni sociali e i valori morali intorno alle quali raccogliersi e costruire il futuro. Il Vero Conservatore è realista. Si schiera per il permanente contro il transeunte, per il provato contro il teorizzato, per i provvedimenti graduali contro le utopie rivoluzionarie. Ride di chi proclama l’uguaglianza degli uomini, alla quale preferisce la giustizia. Vuole la separazione dei meritevoli dagli incapaci. Crede nella competizione. Per il Vero Conservatore, lo Stato deve essere forte ma anche minimo: «dovrebbe limitarsi a provvedere, in modo tecnico perfetto, la sicurezza dell’indipendenza nazionale, le comunicazioni rapide e a buon mercato, l’igiene necessaria alla salute della popolazione, la scuola che sa scegliere i migliori, una vecchiaia non questuante, la cura delle malattie gratuite; e soprattutto dovrebbe offrire un corpo di giudici imparziali, un codice di leggi chiare, una esecuzione della giustizia rapida e poco costosa per tutti ed una stabilità che permetta ai cittadini di provvedere al futuro con una certa sicurezza».
È una parte minima del vasto programma del Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini, che torna oggi in libreria (Edizioni di Storia e letteratura, pp. XXVIII-116, euro 18). Non una semplice ristampa, ma una nuova edizione che mette in luce, attraverso la interessante introduzione di Gennaro Sangiuliano, già biografo di Prezzolini ne L’anarchico conservatore (Mursia), la portata anticipatrice di questo libro nato nel settembre 1971, su richiesta dell’editore Rusconi, da una raccolta di appunti dedicata alla difesa della «malfamata parola conservatore». All’epoca Prezzolini (1882-1982) aveva ottantanove anni, trascorsi, da conservatore, sempre all’avanguardia. Basta sfogliare la parte autobiografica del Manifesto dei conservatori, in cui l’autore racconta il suo tragitto intellettuale, per rendersi conto della «funzione Prezzolini», per così dire, nella cultura italiana: una secchiata d’acqua gelida in faccia ai luoghi comuni, una adesione spontanea al non conforme, una ricerca infaticabile di porte da aprire e mondi da scoprire. Idealista tra i positivisti. Direttore della Voce, rivista (contemporaneamente!) fascista e antifascista prima del fascismo e dell’antifascismo. Borghese nell’epoca degli intellettuali alla guida del proletariato. Portavoce di una idea di cultura con l’ambizione di influenzare la politica senza prendere parte alla lotta quotidiana e senza preoccuparsi delle conseguenze (leggi: assegnazione di prebende o esclusione da esse). Prezzolini è stato tutto questo, e anche molto altro. Per dire, i suoi studi sulla letteratura degli immigrati (italiani) negli Usa precedono di alcuni anni-luce il dibattito su questo tema, portato all’attenzione generale dalla globalizzazione. Compagno di strada dei liberali, ma non assimilabile ad essi, attento alla religione, ma anche a tenerla separata dallo Stato, nel Manifesto dei conservatori Prezzolini di fatto pone le basi di un movimento capace di radunare tutta la destra. Tuttora un rompicapo in cerca di soluzione: il Popolo della libertà, tentativo di fusione di anime diverse fondato nel 2009 e sospeso nel 2013, non ha funzionato.
Attraverso il Manifesto dei conservatori, il lettore ha la possibilità di conoscere grandi personaggi, da Papini a Salvemini. Ma anche di risalire agli altri autori che hanno provato a elaborare una teoria del conservatorismo, puntualmente citati: Burke, Hamilton, de Maistre, Cuoco, Maurras e Giovanni Gentile. Un posto importante, nel conservatorismo prezzoliniano, è occupato da Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto. Certamente si deve aggiungere, forse come fonte diretta d’ispirazione, The Conscience of a Conservative di Barry Goldwater, candidato repubblicano alle presidenziali Usa nel 1964. Il pamphlet fu tradotto dalle Edizioni del Borghese di Leo Longanesi col titolo arci-prezzoliniano de Il vero Conservatore (1962).
Un Vero Conservatore, ribadiva Prezzolini in una intervista a Panorama del 1976, nell’Italia di oggi, in cui c’è nulla o quasi da conservare, «sarebbe un rinnovatore». Il Manifesto dei conservatori lancia una sfida alla cultura di destra: per appassionare e cambiare la mentalità del Paese, deve mostrare anche lo spirito d’avventura che anima il conservatorismo in tutte le sue declinazioni. Prezzolini l’ha fatto.