Libero, 30 ottobre 2014
La leggenda di Muhammad Ali in un libro di Rino Tommasi, che nell’anniversario dello storico match con Foreman a Kinshasa ripercorre l’epopea dell’uomo che ha cambiato la storia del pugilato
Il 30 ottobre di 40 anni fa andava in scena a Kinshasa il più grande evento della storia della boxe, Alì contro Foreman: in palio il titolo di campione del mondo dei pesi massimi, ritirato ad Alì per il rifiuto di combattere in Vietnam e poi ripreso con un match da leggenda. Rino Tommasi, maestro del giornalismo sportivo, celebra la ricorrenza con il libro “Muhammad Alì. L’ultimo campione. Il più grande?” (Gargoyle, 160 pp, 40 euro), di cui pubblichiamo ampi stralci del prologo, ripercorrendo la carriera di Alì e spiegando che, al di là dell’aspetto tecnico dove forse Sugar Ray Robinson è stato il migliore, «Alì è stato il pugile e insieme l’atleta più importante dello sport di tutti i tempi».
Quella di stilare classifiche è una mia passione, lo so, a cui però non riesco a resistere. Non è la prima volta che mi sfido a trovare il nome del miglior atleta di una disciplina sportiva. E ogni volta, premetto a chi mi segue che il compito di individuare il più bravo è un esercizio che ha i suoi limiti e il cui risultato può solo in parte essere considerato definitivo. Un campione è prima di tutto un campione del suo tempo. E ogni classifica è in qualche modo un organismo vivente che è suscettibile di modifiche e cambiamenti nel corso degli anni. (...) Quindi, nello scrivere un libro interamente dedicato a Muhammad Alì, il primo compito che mi sono posto è stato quello di individuare la sua posizione all’interno di un’ideale classifica dei più grandi pugili della storia della boxe. Il risultato è stato quello di confermare una mia precedente tesi: non è possibile dire se Alì sia stato il più forte - su questo ci sarà sempre materia per discutere - ma è invece possibile affermare senza ombra di dubbio che Alì è stato il più importante e popolare pugile di tutti i tempi. Così come è altrettanto indiscutibile il fatto che nessun altro atleta, di qualsiasi altro sport, ha mai raggiunto per spessore e fama la planetaria notorietà di Alì. Non esiste nella storia della boxe e dello sport un personaggio che abbia avuto la sua stessa prorompente personalità. Nessun atleta prima di lui aveva varcato con tale prepotenza i confini dello sport. Alì non è stato soltanto un pugile meraviglioso che ha contribuito a scrivere una pagina nuova e mai più replicata della boxe, ma è stato anche un personaggio che in una storia dei protagonisti del XX secolo è difficile tenere da parte. Nel suo periodo di massima popolarità, Alì è stato patrimonio comune dell’opinione pubblica, è stato più riconoscibile del Presidente degli Usa o del Papa. Non c’era parte del mondo, o quasi, in cui non si sapesse chi fosse o in cui almeno non se ne fosse sentito parlare. È stato ricevuto da autorità politiche e religiose (da Gerald Ford a Barack Obama, da Leonìd Brènev a Giovanni Paolo II), è venuto a contatto con discutibili dittatori quali Gheddafi e si è impegnato in missioni di pace con personalità come Saddam Hussein. Quindi, posso partire da questa certezza: Alì è stato il pugile e insieme l’atleta più importante della storia dello sport di tutti i tempi. Ma poi devo proseguire con una domanda: nel valutare l’importanza di Alì per la storia della boxe, che peso hanno avuto rispettivamente il personaggio e il pugile? Da un punto di vista atletico, Rocky Marciano è stato più resistente di Alì, Jack Dempsey più aggressivo, Joe Louis più bravo e completo, Joe Frazier e George Foreman più potenti. Alì aveva però la velocità per batterli tutti. Nessun pugile dei pesi massimi è stato veloce come lui. È stata la velocità il suo punto di forza. Una qualità unica e ineguagliata che gli ha permesso inoltre di colmare e nascondere i punti deboli della sua boxe. Alì sul ring, almeno nel periodo della sua florida giovinezza atletica, non lo trovavi, non lo prendevi. (...) Al di là dei risultati e dell’importanza storica della sua figura, ha cambiato la storia del pugilato, perché nessuno è riuscito a fare, prima e dopo di lui, quel tipo di boxe. Nessun pugile è stato capace di eseguire, di muoversi o di pensare sul ring velocemente come lui. E questo non solo tra i pesi massimi. Soltanto Sugar Ray Robinson penso possa competere con Alì per ambire al titolo di miglior pugile di tutti i tempi e di tutte le categorie, anche se entrambi hanno allungato un po’ troppo le loro carriere per fare cassa. Ma Robinson, che considero il miglior pugile mai esistito per tecnica pugilistica, non ha mai avuto l’ecumenica popolarità di Alì. Nessuno ha goduto della sua fama e del suo immenso seguito. Ed è stato lui a far conoscere la boxe al mondo intero. (...) In un certo senso, quindi, il pugile e il personaggio non possono essere scissi l’uno dall’altro. La credibilità come atleta di Alì ha alimentato e reso possibile la forza del suo personaggio. (...) Molti degli incontri da lui combattuti sono stati vinti prima di disputarli, perché aveva una personalità talmente travolgente che era in grado di schiacciare l’avversario ancora prima di affrontarlo. Pugili della cattiveria e della forza di un Sonny Liston o di un Mike Tyson potevano spaventare lo sfidante per la loro potenza, oltre che per la loro estrazione e il loro passato di violenza. Ma Alì spaventava anche perché era un gigante di popolarità. Sotto questo aspetto, nessuno ha avuto lo spessore di Alì. (...) Alì, poi, era un attore nato. Bastava che le persone che aveva intorno passassero da due a cinque perché iniziasse a recitare la sua parte. Alì aveva poi una presunzione straordinaria che non nascondeva assolutamente e che non mancava mai di esibire con una sfacciataggine unica nel suo genere. (...) «Io sono il più bravo di tutti», ripeteva. «Io sono il più bravo e il più bello». Soltanto negli Anni 80 e 90, Tyson è riuscito a catturare la fantasia collettiva illudendola di poter rappresentare un nuovo Rocky Marciano. Ma alla prova dei fatti Tyson non lo è stato, perché a un certo punto si è “rotto”.