La Stampa, 30 ottobre 2014
La Federal Reserve annuncia la fine degli aiuti all’economia americana. Janet Yellen: «Il mercato del lavoro è migliorato, aumentano i consumi delle famiglie e gli investimenti delle aziende»
La Federal Reserve consegna il «Quantitative easing» alla storia. Al termine della riunione di due giorni del Fomc, la Banca centrale Usa, annuncia la fine degli interventi diretti sul mercato con l’acquisto di Treasury e di titoli legati ai mutui. Lasciati invariati i tassi di interesse, fermi alla forbice compresa fra lo zero e lo 0,25%, livello al quale sono dal 16 dicembre 2008. Nonostante la decisione fosse stata anticipata, Wall Street ha navigato nella seconda parte della sessione di scambi in territorio negativo, mentre i rendimenti decennali hanno registrato un incremento dovuto alla vendita di titoli del Tesoro. Si chiude l’ultimo capitolo degli interventi straordinari a sostegno dell’economia Usa quindi, il cosiddetto «bazooka» che ha sparato sul mercato oltre 3500 miliardi di dollari in circa sei anni. Ultimo in ordine di tempo è stato appunto il Qe3, inaugurato da Ben Bernanke, il 12 settembre 2012, per consentire agli Usa di far fronte all’emorragia occupazionale. Una manovra da 85 miliardi di dollari al mese mantenuta, in termini di volumi, per oltre un anno sino al dicembre 2013 quando, in coincidenza dell’arrivo di Janet Yellen alla guida di Constitution Avenue, si è avviato il «tapering». «L’attività economica si sta espandendo a un tasso moderato. Le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate. I consumi delle famiglie sono cresciuti poco e le spese delle aziende stanno crescono», recita il comunicato del Fomc.
«I rischi legati all’outlook economico e del mercato del lavoro sono bilanciati. Anche se l’inflazione a breve sarà frenata dai bassi prezzi dell’energia e da altri fattori, - prosegue la nota - riteniamo che le probabilità di un’inflazione in modo persistente sotto il 2% sono diminuite». «L’outlook del mercato del lavoro è migliorato da quando abbiamo attuato l’attuale programma di acquisti di asset», e l’economia è nella posizione di continuare a sostenere «i progressi verso la massima occupazione in un contesto di stabilità dei prezzi. E in linea con questo abbiamo deciso di mettere fine al piano di acquisti di asset». Insomma è la Fed stessa a fare un bilancio sulla riuscita, del «bazooka» monetario. Il dibattito resterà aperto a lungo. Tra i critici spicca Alan Greenspan, ex numero uno della Fed, secondo cui il piano non ha centrato i suoi obiettivi, perché ha avuto un «grande successo» nell’aumentare i prezzi degli asset, ma non nello stimolare la domanda nell’economia reale. Una prima valutazione ex post tuttavia appare inconfutabile: non si sono verificate quelle ricadute negative del Qe, specie in termini di balzo dell’inflazione e deterioramento del dollaro, che alcuni paventavano.
Anzi è avvenuto il contrario, il dollaro è salito del 6,7% rispetto alle altre valute, il prezzo dell’oro è calato del 29% e l’inflazione è rimasta all’1,5%. Chiuso il capitolo delle misure non convenzionali, l’attenzione dei mercati è rivolta ai Fed Fund, e a un loro possibile rialzo. Ipotesi che appare lontana, visto che i governatori concordano nel ritenere che i tassi di interesse resteranno bassi per un «periodo considerevole di tempo», dal momento che il loro attuale livello appare «appropriato».