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 2014  ottobre 30 Giovedì calendario

Sergej Djagilev il grande incantatore del mondo dell’arte. Diceva di sé: «Un mecenate, un ciarlatano pieno di brio, un grande incantatore, un insolente, un uomo con molta logica e molti pregiudizi, un essere forse afflitto da totale mancanza di talento». Ora Marsilio pubblica una sua raccolta di saggi, una sorta di «dichiarazione programmata» o «poetica»

C’è qualcosa che Sergej Djagilev (1872-1929) e Olga Strada (1960) hanno in comune, anche se molto lontani nel tempo. Entrambi hanno avuto a che fare con l’arte (studi di pittura per Sergej e laurea in Storia dell’arte per Olga); entrambi, poi, promotori di esposizioni di pittori e di eventi. Il primo ha organizzato i Balletti russi; la seconda — madre russa —, il Festival del cinema italiano a Mosca.
Adesso, Olga Strada riunisce ne Il mondo dell’arte (Marsilio, pp. 126, di cui 52 di sola introduzione, € 12) quattro saggi di Djagilev, usciti nel 1898 sui primi due numeri di Mir iskusstva. Una sorta di «dichiarazione programmata» o «poetica».
La rivista, pubblicata in mille copie a San Pietroburgo, era sostenuta economicamente dal direttore del Bolshoi, Mamontov, e dalla principessa Tenisheva. Quando quest’ultima si tirò indietro, perché non sopportava le voci che, sul piano economico, venisse «munta» da Djagilev, la sostituì lo zar Nicola II. Il mondo dell’arte durò sei anni (sino al 1904), ma fece in tempo a rivoluzionare la cultura e la grafica del tempo. Definita una sorta di «finestra aperta sull’Occidente», accolse le nuove tendenze che venivano da Francia, Inghilterra e Paesi scandinavi. Deus ex machina, Djagilev. Con la collaborazione di Aleksandr Benois, Léon Bakst e di un gruppo di giovani stimolati dalle novità. Arte, ma anche letteratura e filosofia. Cui si aggiungevano musica, canto, balletto e letteratura, che «nel teatro trovava il suo luogo di attuazione».
Di origine aristocratica, Sergej era nato a Perm, negli Urali. Laurea in Legge, mai servita. Studi di pittura e, al conservatorio, di canto e musica (abbandonata, quest’ultima, dopo un’audizione con Rimsky-Korsakov, che gli aveva detto di non insistere). La sua curiosità lo spingeva a intrufolarsi in discipline diverse, la cui conoscenza lo farà diventare un magnifico organizzatore e «regista teatrale». In proposito, una buona esperienza se l’era fatta, a Pietroburgo, come assistente del principe Volkonsky, direttore dei teatri imperiali.
Nel 1905 organizza esposizioni d’arte a San Pietroburgo. Quindi a Parigi. Mostre (Petit Palais), concerti di musica russa, opere liriche ( Boris Godunov di Mussorgsky all’Opera) e balletti. È l’alba di un rapporto privilegiato che dal 1917 — anno della Rivoluzione, in cui lascerà definitivamente la Russia — diventerà quasi esclusivo. Sergej rinnova il balletto moderno, conciliando nello spettacolo danza, arte (scenografia, cartellonistica), musica, moda (costumi). Musicisti? Debussy, Prokofiev, De Falla, Rimsky-Korsakov. Il giovane Stravinsky, oltre alle sue musiche ( L’uccello di fuoco , Petrushka , La sagra di Primavera , ecc.) «arrangia» Chopin. E Respighi fa lo stesso con Rossini per il balletto creato da Léonide Massine: prima mondiale al teatro Alhambra di Londra, nel 1919. Scene di André Derain. Che, con Matisse, Picasso, De Chirico e Braques, era uno degli artisti chiamati da Djagilev a creare fondali, sipari, cartelloni e costumi (con Coco Chanel). Anche per i testi, Sergej sapeva a quali porte bussare: Joyce, Proust, Eliot, Cocteau.
In realtà Djagilev metteva in opera quanto da lui scritto nei Fondamenti della valutazione artistica (quarto saggio di questo libro): è la personalità del creatore che conta. Ecco perché egli, uomo d’azione, si considerava un mecenate. Anche a Parigi le sue invenzioni suscitavano ammirazione perché straordinarie. Un creatore? «Un mecenate — rispondeva —, un ciarlatano pieno di brio, un grande incantatore, un insolente, un uomo con molta logica e molti pregiudizi, un essere forse afflitto da totale mancanza di talento». Un grande manager, si direbbe oggi.