Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 30 Giovedì calendario

La guerra civile all’interno del Pd tiene ampiamente banco, con esiti però che tutti prevedono nulli: Renzi, formidabile inclusore, non caccerà mai nessuno e i contestatori, anche i più arrabbiati, fanno sapere a ogni occasione che non spaccheranno, non usciranno, non fonderanno un altro partito, resteranno nel Pd per cambiarlo, eccetera eccetera

La guerra civile all’interno del Pd tiene ampiamente banco, con esiti però che tutti prevedono nulli: Renzi, formidabile inclusore, non caccerà mai nessuno e i contestatori, anche i più arrabbiati, fanno sapere a ogni occasione che non spaccheranno, non usciranno, non fonderanno un altro partito, resteranno nel Pd per cambiarlo, eccetera eccetera.

Però se ne sono sentite delle grosse...
La Camusso, intervistata da “Repubblica”, s’è rifiutata di rispondere alla domanda: «Rinnoverà la tessera del Pd?». Tutta la prima colonna dell’intervista è stata dedicata al concetto che Renzi sta a Palazzo Chigi perché ce l’ha messo Marchionne. Si cita, come prova, una certa dichiarazione non smentita del 2 ottobre. Marchionne dice: «Bisogna togliere i rottami dei binari», cioè ripulire dell’ostacolo sindacale il mercato del lavoro. «L’abbiamo messo là per quella ragione lì» cioè Renzi. Questa frase dimostra, dice Camusso, che Renzi è funzionale ai cosiddetti poteri forti, per esempio il suo intervento sull’Irap farà risparmiare tanti soldi alle grandi aziende, ma neanche un euro di questi soldi risparmiati andrà ad aumentare i posti di lavoro. «Il governo copia le proposte delle grandi imprese di Comnfindustria» e non importa se la Fiat, esplicitamente citata tra queste grandi imprese, sia uscita da Confindustria sbattendo la porta.  

Che cosa ha risposto Renzi?
Niente, Renzi aveva già detto la sera prima, dalla Gruber, che non avrebbe mai discusso una legge con le parti sociali. «Quello è il compito del Parlamento. Se vogliono entrare nel merito delle leggi, si facciano eleggere». Anche lui ha dimenticato di non essere mai stato eletto.  

Poi ci sono stati i pesci in faccia tra la Picierno e quelli della Cgil.
«Pesci in faccia» è l’espressione usata, mi pare sconsolatamente, da Corradino Mineo. La Picierno è una giovane deputata campana, divenuta famosa per aver dedicato la tesi di laurea al linguaggio di De Mita. Ieri stava ad Agorà, il programma di Raitre del mattino. Si discuteva l’intervista di Camusso a Repubblica, e a un certo punto la Picierno ha detto: «Sono rimasta molto turbata dalle parole di Camusso che dice oggi che Renzi è al governo per i poteri forti. Potrei ricordare che la Camusso è eletta con tessere false o che la piazza di sabato scorso è stata riempita con pullman pagati, ma non lo farò». La Cgil ha controreplicato indignata ricordando le primarie del Pd in Campania per l’elezione del segretario regionale, con brogli segnalati da tutte le parti, elettori che superavano anche del 20 per cento il numero degli iscritti. Questo è il clima - clima, appunto, da pesci in faccia - anche se poi la Picierno ha rilasciato alle agenzie una dichiarazione sdrammatizzante, «mi dispiace», «non intendevo», eccetera eccetera.  

Come fa a dire che gli antirenziani non se ne andranno a fondare un altro partito?
Per due ragioni. La prima è che ancora ieri uno degli oppositori più duri alla linea del segretario, cioè Stefano Fassina, ha detto: «Sono nel Pd e ci rimango. Basta polemiche, basta poteri forti, Sergio Marchionne e gettoni negli iPhone, torniamo a dialogare. Nessuno di noi vuole far cadere il governo. Vogliamo cambiare l’agenda». Segue la piattaforma della sinistra Pd: più soldi per gli ammortizzatori sociali e per le tutele dei precari, reintegro per chi viene licenziato senza motivo, evitare i demansionamenti, eccetera eccetera. Quello che non è chiaro è che comportamento terranno gli antirenziani se Renzi metterà la fiducia su un Jobs Act non modificato.  

La seconda ragione?
La seconda ragione è che la minoranza del Pd ha ancora una certa forza contrattuale e cercherà di farla valere quando, nelle prossime settimane, ai arriverà a discutere della legge elettorale. Renzi vuole che l’Italicum modificato con il premio alla lista vincente (e non alla coalizione) passi entro la fine dell’anno. Scommessa difficile da vincere se il Pd non sarà compatto. Bersani e gli altri dell’opposizione interna, però, potrebbero rendersi disponibili se il segretario reintrodurrà le preferenze. La sinistra Pd pensa che sul territorio si salverà dalle epurazioni renziane. E in cambio di questo sarebbe pronta anche a votare il Jobs Act. Certo si tratterebbe di rompere con Berlusconi, che le preferenze le detesta. Ma in ogni caso la scissione è sconsigliata anche dal fatto che le elezioni in aprile non sono affatto sicure.