La Stampa, 29 ottobre 2014
La Lega è rimasta al verde: tutti in cassa integrazione i 76 dipendenti di via Bellerio infuriati: «Si sono mangiati tutto, ora chiuderemo anche la sede del partito»
La Lega non ce l’ha più d’oro. Ce l’ha in rosso come tanti. Vita finanziaria grama per il partito di Umberto Bossi, Roberto Maroni e ora di Matteo Salvini che rischia di dare l’ultima mandata alla storica sede di via Bellerio. Travolto dai conti economici che non tornano, l’altro Matteo più famoso della politica, lunedì ha chiamato in assemblea plenaria i 76 dipendenti del partito e ha dato il ferale annuncio: «Siamo poveri in quanto a soldi ma ricchi di idee e consensi. Per questo abbiamo deciso di tagliare le spese del partito e puntare sul nostro generosissimo volontariato». Traduzione: via alle procedure di cassa integrazione a zero ore per i 76 dipendenti.
In via Bellerio, manco a dirlo, il sindacato non c’è. Entro due settimane verranno avviate le procedure con Cgil, Cisl e Uil settore Commercio. Quello che succederà dopo non lo sa nessuno. Matteo Salvini fa l’ottimista: «Vogliamo dare il massimo aiuto ai lavoratori-militanti che hanno accompagnato la Lega fino ad oggi». Uno dei custodi di questa ex azienda farmaceutica al 41 di via Carlo Bellerio - patriota italiano, 1800-1886 - mica le manda a dire dopo quattordici anni di lavoro e di militanza con uno stipendio da 1500 euro: «Ho un diavolo per capello anche se sono pelato. Si sono mangiati tutto. Non sappiamo nemmeno come fare a tenere aperta la sede se ci mettono in cassa e manco a rotazione».
Chi lo sa se ci saranno una Camusso o un Landini a difendere i lavoratori e soprattutto le lavoratrici di questo partito che i sondaggi continuano a dare in decollo verticale - voti quasi raddoppiati alle Europee, tanti in piazza Duomo contro gli immigrati due settimane fa, Matteo Salvini che sogna Palazzo Marino - ma con i conti in profondo rosso. Alessandro Morelli, direttore di Radio Padania - i media della Lega sono stati esentati da questo giro di vite, hanno già dato - ammette che qualche mal di pancia c’è: «Lunedì in riunione non è stato bello. È una scelta dolorosa si capisce. Matteo è stato bravo a metterci la faccia. Meglio intervenire subito prima che sia troppo tardi. E che non si parli di licenziamenti che solo la parola fa venire l’orticaria a Salvini».
A molti dei 76 dipendenti invece è venuto il cimurro. Chi c’era lunedì nel salone al secondo piano giura che non c’era una bella aria. «Vi siete arricchiti sulla nostra pelle». «Vi siete fregati i soldi». Il tormentone di sempre. Doppiamente attuale in un partito che ai tempi del tesoriere Francesco Belsito trafficava in Tanzania e in diamanti. Che ha avuto una intera classe dirigente finita sotto inchiesta per le spese pazze dei fondi di partito. «Solo due anni fa in cassa c’erano 30 milioni di euro». «C’è uno che per diventare Governatore ha speso una fortuna». Nei corridoi i veleni si sprecano. Ma è da sempre così in questo partito di duri e puri dove alla fine sono diritti solo i muri. Ai tempi dell’accordo con Silvio Berlusconi, anno 1994, si favoleggiava di un patto con il Cavaliere che sul piatto avrebbe messo 70 miliardi di lire. Due miliardi di fideiussione solo per via Bellerio dove tra un po’ si rischierà di entrare dal retro, dove il muro è verde padano. Perché si sa, la Lega è al verde che più verde non si può.