Corriere della Sera, 29 ottobre 2014
La Bibbia, presente nel 82 per cento delle case italiane, viene più ascoltata che letta. Il 70 per cento di chi la possiede preferisce sentirne i brani alla radio o in tv (42%), nei gruppi ecclesiali (40%), a scuola (20%), oltreché durante una funzione religiosa (89%)
In quasi tutte le case degli italiani (82%) c’è almeno una copia della Bibbia e uno di loro su tre (36%) ne ha comprato o ne comprerà una. Tuttavia, la Bibbia risulta un libro più «ascoltato» che letto: nell’arco di un anno, solo il 30% di chi è entrato in contatto con il testo sacro lo ha fatto per lettura diretta, mentre il 70% ne ha ascoltato brani nei contesti più diversi, alla radio o alla televisione (42%), nei gruppi ecclesiali (40%), ma anche a scuola (20%), oltreché durante una funzione religiosa (89%). Se la conoscenza dei contenuti della Bibbia non risulta particolarmente approfondita, visto che si riscontrano alcune vistose sfasature (ad esempio solo il 45% sa che si tratta del libro sacro anche per gli ebrei), essa risulta però diffusa anche al di fuori dell’ambito dei credenti: oltre la metà di chi non partecipa mai alla Messa o ritiene irrilevante la religione ne ha comunque letto una qualche parte.
Sono dati che emergono da una ricerca condotta da Ilvo Diamanti ( Gli italiani e la Bibbia , Edb, pp. 136, e 10) e delineano l’immagine di un libro percepito come un fattore di appartenenza ad una generica tradizione culturale più che religiosa, anche a causa del ridotto pluralismo confessionale. La Bibbia, insomma, come libro degli italiani (in quanto per lo più cattolici, almeno di nome).
Dall’indagine emerge che la maggiore conoscenza dei contenuti della Bibbia si riscontra nella fascia di età 15-34 anni, ovvero delle generazioni nate a partire dal 1980, che tutte le inchieste segnalano come le più distanti dall’appartenenza religiosa. Sono però le generazioni cresciute nella scuola pubblica posteriore al Concordato, che di fatto ha visto la ridefinizione dell’insegnamento cattolico in una direzione più «culturale» che confessionale.