Il Sole 24 Ore, 28 ottobre 2014
Le banche italiane hanno accumulato un tesoretto da 22,6 miliardi anche grazie all’ondata di aumenti di capitale fatti da gennaio (11 miliardi di euro). Le migliori: Intesa Sanpaolo con un surplus di 10,9 miliardi e UniCredit, con oltre 8,7 miliardi in portafoglio
Un «tesoretto» pari a 22,6 miliardi di euro. Ecco quanto le banche italiane detengono oggi in più rispetto alle richieste Bce, anche al netto delle carenze di capitale di Mps e Carige, pari a 2,9 miliardi. Un buffer di capitale enorme, che è stato accumulato nel corso degli anni e che mette in totale sicurezza il mercato tricolore anche qualora, come ipotizzato dagli stress test della Bce, nei prossimi tre anni il Pil italiano crolli del 6,1%.
A generare questo cuscinetto è stata soprattutto l’ondata di aumenti di capitale compresa tra gennaio e settembre 2014, che è valsa più di 11 miliardi di euro. In virtù dei 25 miliardi extra detenuti nel complesso, è come se l’intero sistema bancario italiano al suo interno avesse la forza di "coprire" per 12 volte il deficit di capitale di una banca come Mps o 31 volte quella di Carige, per citare l’esempio delle due banche in difficoltà, e ancora avesse la forza per rispettare le asticelle di patrimonio imposte da Francoforte, ovvero l’8% di Cet 1 ratio.
Il paradosso
Ma allora, viene da chiedersi, come si spiega il fatto che la Bce abbia "bocciato" tecnicamente 9 italiane, imputandogli una carenza di capitale, se alla fine il sistema tricolore è così solido? Il paradosso nasce dalle modalità con cui è stata eseguita l’analisi del Comprehensive Assessment, l’esame dell’Eurotower sullo stato di salute dei 130 principali gruppi bancari europei. L’esame scatta una fotografia dei bilanci chiusi a dicembre 2013 e non guarda oltre. Difficile dire perchè la Bce abbia scelto di fermarsi a quella data, e quindi di non considerare - se non in una seconda battuta - i miglioramenti successivi. Certo è che quella mossa ha premiato gli istituti che all’epoca erano già pronti (tra cui anche alcune italiane, come Intesa, Unicredit, Mediobanca, Ubi, Credem e Iccrea), mentre ha bocciato - anche se solo tecnicamente - i ritardatari, ovvero i gruppi che si sono messi a raccogliere capitale nei mesi immediatamente successivi, quando gli ispettori Bce stavano effettuando già i loro rilievi. Si tratta di sette istituti: Bpm, Banco Popolare, Bper, Creval, Banca Popolare di Vicenza, Banca Pop Sondrio e Veneto Banca. Se tutte queste banche (tranne Bper) hanno fallito sia l’Aqr che lo scenario base, tutte sono cadute sullo stress test più avverso, che richiedeva un Cet 1 al 5,5%. In ogni caso, si è trattato di fatto di una bocciatura formale, perché tutti hanno recuperato subito dopo con le misure già attuate (o con quelle in via di approvazione come per Bpm e Pop Vicenza). A queste sette banche si aggiungono invece Mps e Carige, entrambe le quali nonostante gli aumenti di capitale effettuati - rispettivamente da 5 miliardi e da 800 milioni - oggi mostrano un deficit di capitale da colmare. Nel complesso queste nove banche a fine 2013 accusavano un deficit di capitale complessivo di 9,7 miliardi di euro.
Che cosa succede ora
Quale sarà l’utilizzo che le banche italiane faranno di 23 miliardi extra? Due sono le ipotesi: fare acquisizioni o crescere per linee interne. Intesa Sanpaolo, che si è trovato con un surplus di 10,9 miliardi, è la candidata numero uno a fare acquisizioni mirate. Ma non è escluso che venga chiamata in causa anche UniCredit, con oltre 8,7 miliardi in portafoglio. Ieri tuttavia il ceo Federico Ghizzoni ha messo le mani avanti, spiegando che la banca punta sulla crescita organica e che non intende distribuire il capitale in eccesso evidenziato dagli esami della Bce («Non credo proprio, a noi il capitale ci piace averlo per pianificare meglio lo sviluppo della banca»). Cauta anche Ubi, che può contare su un buffer supplementare di 1,7 miliardi. A placare i rumors su un possibile acquisizione di Mps ci ha pensato ieri il consigliere delegato Victor Massiah («Premesso che non vi è alcun dossier aperto, e che nel caso sarebbe Ubi Banca a scegliere. Butta i propri soldi chi specula su una modifica di questa strategia», ha detto il manager). Tuttavia è inevitabile ritenere che le banche uscite meglio dagli esami Bce siano candidate naturali a ricoprire un ruolo da protagoniste nel risiko bancario che, con tutta probabilità, si aprirà nei prossimi mesi.