27 ottobre 2014
Stress test: Mps e Carige non superano gli esami della Bce. Ma per Panetta, il vicedirettore generale della Banca d’Italia, questo è «risultato rassicurante» che restituisce l’immagine «di un sistema bancario nel suo complesso solido»
Il meglio dai giornali di oggi sui risultati degli stress test della Bce.
Sono 13 le banche che in Europa dovranno colmare un deficit di capitale totale da 9,47 miliardi, quattro sono italiane, ma due sono già al sicuro. A livello internazionale, però, la frittata è fatta: siamo noi gli ultimi della classe. Pesa il dato lordo calcolato dalla Bce, che non tiene conto nemmeno degli 11,157 miliardi di aumenti di capitale fatti nel 2014 [Spini, Rep].
Fatti tutti i conti, le banche italiane realmente bocciate agli stress test della Bce sono il Monte dei Paschi di Siena e la genovese Carige che, di qui a nove mesi, dovranno rafforzare il loro patrimonio rispettivamente di altri 2,111 miliardi e 814 milioni, per un totale di 2,924 miliardi. Sulla carta il conto complessivo sarebbe stato di 3,3 miliardi includendo altri due istituti, la popolare di Milano e quella di Vicenza, i quali pure contando gli aumenti di capitale portati a termine quest’anno, non hanno superato l’esame di Francoforte. Ma entrambi hanno già provveduto con altre misure (rimozione di cuscinetti patrimoniali aggiuntivi prudenziali e cessione di una quota di Anima per Bpm, conversione di un prestito obbligazionario già sottoscritto nel 2013 per Vicenza) che, come ha segnalato la Banca d’Italia, le mettono già a posto [Spini, Sta].
In questi anni si è spesso sentito ripetere che il sistema bancario è robusto, e almeno in parte il responso di Francoforte di ieri lo conferma. Nell’ultimo anno, in vista degli esami europei, spinte della Banca d’Italia, molte delle principali banche italiane si sono rafforzate. Gli aumenti di capitale sono arrivati, in tutto, a 14 miliardi di euro: le banche italiane hanno trovato investitori pronti a scommettere su di loro anche sui mercati internazionali [Fubini, Rep].
Il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta, parla di un «risultato rassicurante» che restituisce l’immagine «di un sistema bancario nel suo complesso solido». Certo, ammette che «il nostro è stato un risultato peggiore di altri Paesi» ricordando però che con gli aumenti di capitale, «l’esercizio sull’aqr», quello attuato sui numeri veri, «è stato superato da tutti gli intermediari italiani» [Spini, Rep].
La cosiddetta “asset quality review” europea svela che nel nostro Paese a fine 2013 la qualità del capitale delle banche era notevolmente peggiore di quanto si credesse. Il loro patrimonio, ha detto ieri la Bce, era sopravvalutato di ben 12 miliardi: un quarto del totale europeo, ben al di sopra del peso dell’Italia nell’economia dell’area. Grecia e Cipro esclusi, non c’è un esempio di una correzione al ribasso così radicale della ricchezza che si credeva esistesse nel sistema finanziario [Fubini, Rep].
Su 131 banche europee (15 le italiane) messe sotto osservazione sia nell’adeguatezza del capitale rispetto alla qualità degli attivi («asset quality review», chiamata in breve «aqr») sia sulla capacità di resistenza anche in uno scenario avverso, 25 banche hanno mostrato risultati insoddisfacenti e di queste nove (oltre alle quattro già citate ci sono pure le successivamente promosse Banco Popolare, Bper, Pop Sondrio, Creval e Veneto Banca) sono italiane. [Spini, Rep]. Di queste sette superano l’esame Bce in seconda battuta, vale a dire grazie alle iniziative messe in campo dal primo gennaio al 30 settembre 2014, che consentono di colmare i deficit patrimoniali emersi dai dati a fine 2013. Per due di loro, Bpm e Popolare di Vicenza, la promozione passa inoltre dall’intervento della Banca d’Italia, che include nei propri conteggi tutte le misure varate per rafforzare i bilanci e non soltanto, come fa la Bce, gli aumenti di capitale e le conversioni di bond. Per le altre cinque il via libera arriva direttamente da Francoforte, ma se Banco Popolare e Bper alla fine superano il test agevolmente, Veneto Banca, Credito Valtellinese e Popolare di Sondrio se la cavano solamente sul filo di lana [Paronetto, S24].
Gli aiuti di Stato non arriveranno nemmeno ora. Lo dice Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, il quale confida che le carenze patrimoniali «saranno coperte con ulteriori operazioni di mercato». Dunque la palla passa al capitale privato e Banca d’Italia non si oppone a possibili operazioni di consolidamento. Via libera alle fusioni tra banche, dunque. Accanto ai migliori come il Credem (primo negli stress test), Intesa Sanpaolo (suo l’eccesso di capitale maggiore: 10,8 miliardi), Unicredit (8,7 miliardi), Ubi (1,7 miliardi) e Banco Popolare (1,18 miliardi) c’è un gruppo di popolari che passa l’esame d’un soffio. È il caso di Veneto Banca (24 milioni di eccesso), Popolare di Sondrio (26 milioni), Vicenza (30 milioni) e Creval (50 milioni). Insomma, finito il circo degli stress test, lo scenario del credito potrebbe presto cominciare a mutare [Spini, Rep].
Alessandro Profumo: «Intanto la banca non ha bisogno di essere salvata, lo ha detto con chiarezza anche Banca d’Italia nella sua conferenza stampa. Siamo convalescenti e ci viene chiesto di correre i 100 metri in condizioni estremamente avverse. Abbiamo passato l’Aqr (il primo esame sulla qualità degli attivi, ndr), ma non lo stress test che prevedeva uno scenario avverso. Ora stiamo lavorando al Capital Plan, con l’obiettivo di renderlo solido, e valuteremo tutte, dico tutte, le opzioni strategiche» [Manca, Cds].
Va ricordato che l’ad della Carige Montani avrebbe voluto un aumento di capitale da 1,2 miliardi, ma si scontrò con la Fondazione Carige, socio di maggioranza relativa (allora con il 39%) che premeva per un aumento di soli 400 milioni per non diluirsi. Alla fine Bankitalia optò per un aumento di soli 800 milioni, ritenuti sufficienti. A giugno, però, la Bce ha deciso di inserire anche gli stress test e per Carige lo scenario è diventato più complicato. E ora? La Fondazione, che venerdì riunirà il cda, è destinata a ridursi a un ruolo marginale, intorno al 5%. Un ipotetico azionista che sottoscrivesse i 650 milioni di aumento si troverebbe ad avere il 40% della banca, e quindi il controllo [Chiarelli, Sta].
Intanto anche Atene e Cipro festeggiano. Alla fine solo una delle quattro grandi banche greche non passa l’esame della Bce, una volta prese in esame tutte le misure di ripatrimonializzazione comunicate alla Banca centrale di Grecia, e alla Eurobank in ogni caso secondo le tabelle dell’Eba basteranno solo 20 milioni di euro per soddisfare le richieste di buona e robusta costituzione voluta da Francoforte.
La più grande banca di Cipro, la Banca di Cipro, aveva al 31 dicembre 2013 un fabbisogno di capitalizzazione di 0,92 miliardi: successivamente ha incassato un miliardo di euro tra la raccolta dai mercati finanziari nel mese di settembre e la cessione di alcune controllate estere. Anche la Banca centrale delle cooperative, a cui mancavano 1,17 miliardi, ha fatto un aumento di capitale alla fine dell’anno scorso per 1,5 miliardi, scelta che gli ha permesso di superare la prova della Bce. Solo la Hellenic Bank di Cipro, la numero due dell’isola, avrà bisogno di raccogliere altri 176 milioni, ma 71 sono già stati forniti e gli altri 105 arriveranno tramite un’emissione di titoli [Da Rold, S24] .
La Munchener Hypotekenbank, l’unica banca della potente Germania ad aver mostrato negli esami Bce una «carenza nominale nel capitale», per usare le parole della Bundesbank, la banca centrale tedesca. La quale, nella sua nota a commento degli esami europei, parte in quinta con i risultati nazionali, rallenta quando passa all’istituto bavarese e poi riaccelera sulla stessa banca che, si legge, ha già rimediato ai problemi. «Il lavoro della Bce - spiega la nota - mostra che i bilanci dei 25 istituti tedeschi sotto esame sono solidi e che le banche con il proprio patrimonio possono superare anche un forte choc dell’economia» [Stringa, Cds].
Eppure gli esami, a leggere la lista di promossi e bocciati, non sono stati uguali per tutti. C’è più di qualche sospetto sull’equidistanza dei giudizi, se è vero che solo una banca tedesca non è riuscita a superare il test. Tutte promosse, mentre non è un mistero che le Landesbank, le banche regionali di proprietà pubblica, non abbiano brillato in questi anni per i loro bilanci. Segno che i numeri e i criteri sono oggettivi, ma l’applicazione non sempre lo è. C’è poi da considerare un altro aspetto: nella fase più acuta della crisi, dal Regno Unito alla Germania, gli Stati sono intervenuti pesantemente per salvare le loro banche. La Spagna, ad esempio, dovrà restituire a Bruxelles 70 miliardi utilizzati per rimettere in sesto le sue banche. Mentre gli istituti italiani hanno fatto ricorso solo in rarissimi casi ai prestiti messi a disposizione dal governo, poi restituiti (come nel caso del Monte dei Paschi). Come dire: se la sono cavata da soli ricorrendo al mercato e agli investitori [Saldutti, Cds].
I responsi arrivati da Francoforte ieri dicono che questo mondo è finito, e cambierà. Lo farà senza sconti per nessuno: se la crescita non torna, al prossimo giro sarà dura trovare nuovi investitori pronti a riversare altro denaro per tenere in piedi le banche italiane [Fubini, Rep].