Corriere della Sera, 27 ottobre 2014
In Ucraina il presidente Poroshenko ha vinto di misura le elezioni parlamentari e ora si prepara a governare in coabitazione con gli europeisti del fronte popolare guidato dal premier uscente Yatsenyuk. Avanzano i nazionalisti, la pace sembra più lontana
Petro Poroshenko vince di misura le elezioni parlamentari in Ucraina. E si prepara a governare in coabitazione con gli europeisti del fronte popolare guidato da Arseniy Yatsenyuk, il premier uscente che, con tutta probabilità, manterrà l’incarico.
Le previsioni della vigilia vengono stravolte dagli exit poll condotti da diversi istituti nazionali e internazionali. Poroshenko non andrebbe oltre il 23%, contro una stima del 30%. Ma l’exploit più vistoso è quello di Yatsenyuk, accreditato tra il 20 e il 21%, quando veniva dato a non più del 7-10%. Deludente, invece, il risultato dell’iper patriottico Partito radicale di Oleh Lyashko: avrebbe dovuto conquistare la seconda posizione con il 15-16%; si ferma intorno al 6%. Nella nuova Rada, il Parlamento nazionale, si affacciano i protagonisti della rivolta di Maidan e i combattenti nel Donbass, raccolti nella formazione Samopimich, cui viene attribuito dagli exit poll un sorprendente 13%. I nostalgici di Viktor Yanukovich, il presidente costretto alla fuga nel febbraio scorso, dovrebbero sopravvivere: il blocco dell’opposizione ha raccolto il 7,6%. Deputati in arrivo anche per la destra di Svoboda (6%) e il partito Patria di Yulia Tymoshen-ko, appena oltre il 5%, la soglia minima richiesta per entrare nell’emiciclo. Bocciato il partito comunista che non raggiunge il 3%.
Questi numeri, però, si riferiscono solo alla metà dei 450 seggi, quelli assegnati con il voto di lista proporzionale. Il resto viene attribuito nei collegi uninominali, al netto delle circoscrizioni soppresse in Crimea e dai filorussi di Donetsk e di Luhansk. Gli equilibri politici che stanno prendendo forma vanno quindi osservati con cautela. Tuttavia alcuni segnali sono già evidenti. Una risposta chiara sulla guerra o sulla pace non è arrivata. Poroshenko ha quasi dimezzato il consenso. Ciò significa che una parte consistente dell’elettorato considera eccessive le aperture a Putin e probabilmente vuole che si dialoghi con Mosca senza rinunciare alle armi. Tanto è vero che su queste posizioni sono schierati cinque dei sette partiti ammessi in Parlamento. Il presidente ne ha preso atto ieri notte, commentando che «l’Ucraina ha scelto di fare rotta sull’Europa».
La formula ecumenica, si potrebbe dire «democristiana», proposta da Poroshenko non ottiene l’avallo plebiscitario delle urne. L’equidistanza del presidente non rappresenta e forse non può rappresentare tutti: dai potenti oligarchi ai giovani militanti fioriti a Maidan. Molte persone sono rimaste a casa: il tasso di partecipazione si sta attestando al 53%. La società ucraina conferma le sue inquietudini profonde, la sua voglia di strappare rispetto al recente passato. Il voto si è frazionato e ora toccherà anche a Yatsenyuk provare a ricomporlo intorno a un governo che dovrà necessariamente tornare al tavolo del negoziato con Putin, se non altro per le vitali forniture di gas.