il Giornale, 24 ottobre 2014
Canada e Usa, tutte le differenze tra due paesi che sembrano simili ma sono diversissimi, dalla sanità alla difesa: se pochi istanti dopo l’attentato a Ottawa si assisteva alla comica barricata delle sedie accatastate contro una porta per respingere gli assalitori, negli Stati Uniti nel giro di un’ora sono emersi su tutti i marciapiedi e ovunque ci fossero edifici pubblici e militari, uomini armati e addestrati
Vale ancora il sarcastico giudizio di Oscar Wilde: Stati Uniti e Canada sono uniti da molte cose, ma restano divisi dalla lingua comune. Wilde parlava dei rapporti fra inglesi e americani, ma vale oggi per americani e canadesi. Quel che è successo mercoledì durante e dopo il disordinato assalto al Parlamento di Ottawa, cui ha risposto una reazione altrettanto inconcludente delle forze dell’ordine, aiuta a capire come Canada e Stati Uniti siano due Paesi tanto diversi da potersi considerare avversi, senza arrivare all’inimicizia. Del resto, se degli Stati Uniti sappiamo molto, della natura profonda del Canada in genere si sa poco.
Il Canada ha la sanità pubblica gratuita, i sindacati, la scuola pubblica, è un Paese intriso della politica del buonismo europeo e somiglia nel complesso al Belgio, ma boscoso ed enorme: un Paese europeo che non ha però mai vissuto ore esaltanti e, dunque, non ha nemmeno una vera e radicata memoria di sé. Quando ad Ottawa è scoppiato il sanguinoso attentato che ha visto un intero Parlamento messo sotto scacco da uno o forse due uomini armati, tutto il Canada è andato in tilt. Nelle stesse ore ho visto ciò che è successo qui negli Stati Uniti, Paese che da tredici anni si considera ed è in guerra: nel giro di un’ora sono emersi su tutti i marciapiedi e ovunque ci fossero edifici pubblici e militari, uomini armati e addestrati. Anche a New York, anche sulla Fifth Avenue. Soldati e poliziotti robotici e silenziosi sono apparsi dal nulla presidiando la terra americana come dei buoni marziani atterrati dal nulla.
Mentre la Casa Bianca veniva chiusa a chiave insieme agli edifici pubblici più importanti, ad Ottawa si assisteva alla comica barricata delle sedie accatastate contro una porta per respingere gli assalitori.
Il Canada è vissuto dagli americani come uno strano vicino, ingannevolmente simile ma diversissimo. Gli americani vanno in Canada per usufruire dei benefici di una sanità pubblica gratuita ma se devono sottoporsi a una operazione seria preferiscono restare a casa loro e pagarsi l’assicurazione privata.
Inoltre persiste un vecchio rancore storico. Quando la Rivoluzione Americana vinse e cacciò gli inglesi con le loro truppe tedesche, si formò una lunghissima colonna di profughi diretti verso il Canada: erano i lealisti monarchici che non volevano associarsi alla ribellione contro Sua Maestà britannica e preferivano l’esilio in una colonia inglese come era ed è stata fino a pochi decenni fa il Canada. Ne scaturirono decenni di odio, spionaggio, omicidi, incursioni, rapimenti, terrorismo e vendette.
Il Canada è stato la Vandea degli Stati Uniti e molte volte nel nuovo Stato rivoluzionario americano si esaminò l’ipotesi di farla finita con uno vicino, suddito di una nazione europea (una circostanza contraria alla politica di Monroe in forza della quale gli Usa distrussero l’impero spagnolo per liberare Cuba) e passare all’annessione della terra dai centomila laghi. Ogni volta il progetto è stato accantonato, ma mai dimenticato. Poi la Prima e la Seconda guerra mondiale costrinsero allo schieramento sullo stesso campo di truppe americane e canadesi gomito a gomito, nella stessa trincea o deserto, o nella terribile campagna d’Italia. Così accade oggi sul fronte contro l’Isis.
Ma con quale e quanta differente disposizione: i canadesi subiscono ora l’attacco nel luogo simbolo del loro Parlamento, probabilmente perché stanno nella coalizione controvoglia, con una opinione pubblica in parte ricattata e in parte simpatizzante della causa del Califfato. La risposta canadese all’attacco, sia quella delle forze di sicurezza che dei giornali, televisioni e opinione pubblica, è stata venata dal panico, dall’incertezza, dall’impreparazione.
Tutti abbiamo visto in televisione il filmato del telefonino di un testimone in cui si vedono le forze di polizia aggirarsi sgomente nel Palazzo parlamentare sparando all’impazzata urlando e cercando di sostenersi a vicenda con grida scomposte, mentre fuori dall’edificio altri poliziotti panzoni e pieni di birra se ne stavano appoggiati al muro esterno imbracciando un mitragliatore più grande di loro. Nel giro di poche ore, intanto, migliaia di officers dell’Fbi americano e analisti della Cia si sono precipitati ad Ottawa per aiutare - ma in realtà a dirigere - i colleghi del Paese confinante con la testa nel pallone. Di fatto gli Stati Uniti hanno preso il comando delle operazioni, delle investigazioni, applicando protocolli americani e ignorando quelli locali.
Allo stesso tempo è scattata sul territorio degli Stati Uniti la mobilitazione di tutto il «law’s enforcement», l’apparato delle forze dell’ordine che indossavano uniformi con dispositivi elettronici di ultima generazione, veri robot umani con armi più leggere e meno vistose di quelle usate dai canadesi.
È stato su questo improvviso fronte dell’attentato di Ottawa che si è riprodotto l’antico, anche se sopito, conflitto fra americani e canadesi. La gente per strada con cui parlo nel Sud degli Stati Uniti e anche le piccole televisioni (meno prudenti e diplomatiche della CNN o di Fox) ironizzano sui canadesi, il loro buonismo disorganizzato, la loro impronta inguaribilmente europea: «I canadesi sanno soltanto andare a zonzo nei boschi a piedi o in bicicletta per dare il biberon agli orsi e agli scoiattoli». Oppure: «Non hanno il senso della loro stessa patria perché non hanno storia propria». Sembra di leggere le pagine irresistibili di Mordechai Richler nella Versione di Barney, un grande sceneggiatore e scrittore canadese che ha rivelato al mondo l’inconsistenza sociale, politica e persino militare del suo Paese, peraltro meraviglioso, in cui le questioni di sicurezza sono ancora gestite dalla Polizia reale a cavallo.
Negli Stati Uniti si assiste invece ad uno sforzo anche intellettuale per fronteggiare un conflitto enorme e che non si può combattere e vincere soltanto con i muscoli, le bombe e i droni, né spostando brigate corazzate. Non è ancora chiaro se l’attacco di Ottawa sia o non sia opera dell’Isis, ma è come se lo fosse, perché l’Isis perfino se fosse estranea, ha vinto un round. Negli Stati Uniti, intanto, si assiste a una significativa conversione dell’apparato cinematografico che ha sempre accompagnato i conflitti americani. Stanchi ormai persino delle monotone storie dei reduci della Guerra del Golfo e persino dell’Irak, gli sceneggiatori delle grandi serie televisive come Homeland o Madame Secretary puntano a mostrare e sostenere un apparato di intelligence sofisticato, alla LeCarré, mai totalmente cinico, mai totalmente umanitario, in cui il grande gioco con il nemico si gioca al tavolo della deception, dell’inganno, degli agenti doppi e della conquista dell’attenzione dei media, più che del terreno. Una campo di battaglia ancora ignoto ai canadesi e anche a noi europei.