La Stampa, 24 ottobre 2014
A Borgaro (Torino) ci sarà una navetta solo per i rom. La linea 69 servirà soltanto i cittadini integrati. Questo perché, alla fermata del campo nomadi, salivano ragazzini che rubavano o che si divertivano a bruciare e tagliare i capelli dei passeggeri. «Un apartheid non legato a pregiudizi razziali ma a comportamenti illegali. Eppure la soluzione adottata sembra l’ennesima pezza appoggiata sopra la ferita: più per non vederla che per guarirla davvero»
A Borgaro, sobborgo di Torino sulla strada per l’aeroporto, la giunta di sinistra ha deciso di sdoppiare la linea numero 69. Un autobus salterà la fermata del campo rom, mentre un altro si limiterà a fare la navetta tra il capolinea e il campo. Di fatto la prima servirà i cittadini integrati e la seconda i nomadi. Un apartheid non legato a pregiudizi razziali ma a comportamenti illegali. Da troppi anni la linea 69 è l’incubo dei residenti di Borgaro. Alla fermata del campo salgono ragazzini che rubacchiano e molestano: a una adolescente hanno bruciato i capelli, a un’altra li hanno tagliati. Per qualche settimana il Comune ha fatto salire dei vigili a bordo, poi ne aveva bisogno altrove e la sarabanda è ricominciata. Fino alla proposta di ieri che fa doppiamente scalpore: perché non ha precedenti in Italia e perché a prenderla non sono stati la Lega e Casa Pound, ma un sindaco di Renzi e un assessore di Vendola.
Molti lettori condivideranno la loro scelta. E anch’io mi guardo bene dal demonizzarne le motivazioni. Le leggi valgono per tutti ed è inaccettabile che la comunità rom si arroghi il diritto di violarle con sistematicità, adducendo il rispetto di tradizioni che giustificano il furto e l’accattonaggio infantile. Eppure la soluzione adottata sembra l’ennesima pezza appoggiata sopra la ferita: più per non vederla che per guarirla davvero. Un sindaco non può fare altro che separare gli autobus, probabilmente. Ma uno Stato dovrebbe provare a riunire le persone: in nome della legge. Smettendo di ignorare chi non la rispetta.