Corriere della Sera, 24 ottobre 2014
I conti, le promesse e l’Europa. Non è questione di spiccioli
C’è lettera e lettera. Quella «strettamente confidenziale» che trovate oggi su tutti i giornali, inviata dalla Commissione europea all’Italia, è severa nella forma; ma è niente a cospetto dell’altra ben più drammatica spedita nel 2011 dalla Bce, che fu l’inizio della fine dell’era Berlusconi (e infatti quella il governo la tenne riservata; questa invece è stata subito resa pubblica, con grande irritazione di Bruxelles). La lettera è dunque innanzitutto l’occasione per riflettere sui progressi fatti grazie ai sacrifici degli italiani, durante i governi Monti e Letta: se Renzi può permettersi oggi una «deviazione» dalle norme europee è solo perché l’Italia è uscita dalla procedura d’infrazione e ha riconquistato un minimo spazio di manovra. Meglio non dimenticarlo e non renderlo vano.
Che la «significativa deviazione» dalle regole ci sia, è del resto fuori discussione. E la Commissione, in quanto «guardiana dei Trattati», non può non segnalarla, come ha fatto anche con Parigi. Quindi il problema sono le regole. Il governo Renzi ritiene che rispettandole aggraverebbe la spirale recessiva. Non avendo la forza di cambiarle, prova a forzarle, sperando che basti per invalidarle. È probabile che ci riesca, magari pagando un obolo (i 3,4 miliardi tenuti da parte servono a quello): la confusione è oggi grande sotto il cielo dell’Europa, tutto dipende dalle previsioni macro-economiche di novembre. Ma non è detto che evitando la bocciatura di Bruxelles il problema sia risolto. Perché se ricominciamo a indebitarci ma il Pil non riparte, allora la sanzione potrebbe arrivare dai nostri creditori sui mercati.
Nella manovra ci sono circa 18 miliardi di minori tasse destinati a rilanciare la crescita. I dieci investiti per gli 80 euro finora non hanno funzionato, speriamo nel taglio Irap e negli incentivi alle assunzioni. Ma basta un colpo di vento nelle Borse, un’entrata che non entra (tipo la lotta all’evasione), o un altro tuffo del Pil, e una scommessa politica può trasformarsi in un azzardo. Ecco perché il governo deve rispondere alle richieste di chiarimenti con precisione e pubblicamente. Non basta dire, «ci mettiamo due miliardi e affare fatto». La deviazione «si giustifica se i margini di manovra saranno utilizzati per innalzare il potenziale di sviluppo», ha scritto ieri Bankitalia; dobbiamo dunque spiegare esattamente con quali misure, per essere credibili. Renzi sta provando a scavare una galleria sotto una montagna di più di duemila miliardi di debiti, per vedere la luce. Ma basta una mossa falsa, e la montagna viene giù. E allora pioverebbero pietre, altro che lettere.