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 2014  ottobre 23 Giovedì calendario

Alla Leopolda Partito democratico diventerà il Partito della nazione? Per i renziani avere un look americano come Big Tent, una grande tenda sotto la cui ombra sostano diverse anime e diversi movimenti

Alla Leopolda il nuovo Partito democratico si appresta a diventare il Partito della nazione. Un partito sulla cui forma si stanno sbizzarendo in tanti, sia al suo interno sia all’esterno. Per i suoi promotori e sostenitori, il nuovo Partito democratico dovrà avere un look americano come Big Tent, una grande tenda sotto la cui ombra sostano diverse anime e diversi movimenti, non sempre congruenti tra loro negli interessi e nelle idee, benché desiderosi di stare sotto a quell’ombrello e non a un altro (almeno temporaneamente).
Il segretario Matteo Renzi ha confermato il senso di questa volontà rifondatrice quando ha prospettato un nuovo Italicum, con un premio di maggioranza dato non più alla coalizione ma al partito. Una riforma che calza il modello di partito unico, è stato scritto. Nel senso che se il partito è una “grande tenda”, allora la coalizione viene inglobata dentro il partito stesso e quindi il premio alla colazione non ha più molto senso. Big Tent sta per “ catch all party, partito piglia-tutti e non tutto”, spiegano i leopoldini. Rassicurando che la parte non vuole diventare il tutto, ma vuole vincere e per farlo deve inglobare al suo interno tutto il possibile. Ma c’è bisogno di inglobare i diversi nel tutto per incamerarne i voti? La risposta che viene data a questa domanda si appella all’analogia con il partito americano. Analogia non equivale però a identità.
Il Partito della Leopolda (PdL) nelle intenzioni fatte circolare dai suoi organizzatori e sostenitori sembra avere due caratteristiche. In primo luogo, ha una natura (non solo una vocazione) maggioritaria. La parte ha in realtà aspirazione a essere il tutto inglobando tutti coloro che vogliono stare all’ombra della grande tenda. Con pochissimi distinguo ideologici. Si tratta di una forma di partito che vuole essere programmaticamente anti-partigiana. Il Partito della Leopolda sarà un post-partito. L’esito della lunga marcia verso il superamento del partito riconoscibile da una comprovata carta di identità ideologica. Bassa soglia di ammissione perché poca caratterizzazione ideologica, dunque.
Basta essere democratici per aderirvi, come era nelle intenzioni del fondatore del Partito democratico, Walter Veltroni, che scelse non a caso un nome “costituzionale”, se così si può dire. L’aggettivo “democratico” prefigura un’ampia inclusione giocando proprio sulla connotazione poco strutturata del termine democrazia che, come sappiamo, a parte alcune basilari procedure e il suffragio elettorale, lascia ciascuno libero di interpretarlo a modo suo. La natura del partito sarà altrettanto inclusiva e vaga dell’aggettivo che lo designa.
La seconda caratteristica del Partito della Leopolda è di imitare il modello “Macy’s”. Dal nome dei grandi magazzini americani, primi nel mondo, che rivoluzionarono il mercato quando misero in uno stesso spazio merci non solo di diverso genere ma anche prodotte da diverse case, tradizionalmente competitive tra di loro. Invece dei negozietti mono- brand o dei molti banchi che vediamo ancora nei mercati italiani, dove avviene la contrattazione diretta da parte del compratore, il modello grande magazzino abolisce quella contrattazione e impone il prezzo fisso (la competizione avviene altrove, per esempio sul mercato finanziario o sull’abbattimento dei costi di produzione). L’omogeneità dello spazio e l’impersonalità del venditore rendono possibile questa compresenza di diversi senza tensione competitiva. Invece del vociare tra una bancarella e l’altra, una grande e silenziosa corsa agli acquisti, con i clienti che diventano compartecipi del clima di rilassato consumo. Ma il modello Macy’s ha i suoi rischi se applicato al partito politico.
Probabilmente la Big Tent è una strategia per sostituire la compartecipazione al conflittualismo portando dentro il partito i protagonisti (i piccoli partiti) di ipotetiche coalizioni. Ne guadagnerebbe la stabilità perché i piccoli non avrebbero più il potere di veto sulla coalizione. Ma è illusorio pensare che verrà superata la competizione inglobando i potenziali alleati. Poiché quella lotta che tradizionalmente avviene fra partiti alleati può travasarsi all’interno del partito, rendendo la Bid Tent un luogo che, invece di un amabile conglomerato di parti, ospita un ring per incontri di box. La trattativa tra i potenziali alleati verrà spostata all’interno, non eliminata. I gruppi inclusi avranno un potere di trattativa non meno piccolo, un po’ come le correnti nei vecchi partiti. Tutto dipenderà dalla forza degli interessi che rappresentano. Sembra di capire che il modello post-partitico e da department store sia il segno che il nuovo Pd voglia essere a tutti gli effetti simile a un partito americano. Ma le differenze non mancano e non sono di poco conto. Almeno una differenza deve essere messa in evidenza: la Big Tent del partito americano è tenuta in piedi e insieme da una colla ideologica antagonistica molto forte. Vera o creata ad arte, la polarizzazione è la pratica permanente nell’arena americana (in questi anni in particolare) la quale, nonostante tutto, resta strutturata per contrapposizione ideologica. Anche se l’elettore medio è poco o nulla di parte, e i partiti cercano leader poco di parte per attirarne il voto, i due partiti americani restano nemici, antagonisti, opposti su molte posizioni (con lealtà tramandate di padre in figlio).
Invece, il superamento ideologico predicato dal nuovo Pd sembra essere più radicalmente anti-partigiano e per questo propenso ad andare in un’altra direzione: verso il depotenziamento dell’antagonismo e con una forte propensione che potremmo dire cattolica, nel senso di essere inclusiva al massimo e totalizzante, anche a costo di diventare meticcia. È questo aspetto che fa temere che il Partito della Leopolda coltivi il sogno di diventare il tutto, di non essere solo un partito piglia-tutto.