la Repubblica, 23 ottobre 2014
Angela Merkel ha frenato Josè Manuel Barroso che voleva lo scalpo dell’Italia per rilanciare la sua carriera politica in Portogallo. E così la lettera con i rilievi alla Legge di Stabilità è stata riscritta ed è arrivata a Renzi e Padoan in ritardo rispetto al previsto
È intervenuta anche Angela Merkel per bloccare la sortita di Josè Manuel Barroso contro l’Italia. Il presidente della Commissione Ue – a otto giorni dalla sua uscita di scena dopo dieci anni senza guizzi a Bruxelles – voleva lo scalpo italiano per rilanciare la sua carriera politica in Portogallo. Ma la levata di scudi dei colleghi, del suo successore, Jean Claude Juncker, e di diverse Cancellerie sembra averlo stoppato. E così la lettera con i rilievi alla Legge di Stabilità è stata riscritta, ragion per cui nella tarda serata di ieri si prevedeva che sarebbe arrivata a Roma nella notte o oggi di buon mattino, con diverse ore di ritardo rispetto alla scadenza prevista.
Il testo originario della missiva sull’Italia non lasciava vie d’uscita a Roma, avrebbe portato automaticamente a una bocciatura il 29 ottobre, data in cui la Commissione deciderà quali Leggi di Stabilità dei governi di Eurolandia affondare e quali salvare. Le correzioni ingiunte erano insostenibili: non solo la richiesta di chiarimenti sulle coperture della manovra da 36 miliardi, ma anche il diktat a tagliare di otto miliardi il deficit strutturale (0,5%) nel 2015. E dulcis in fundo il rifiuto di riconoscere all’Italia le circostanze eccezionali (recessione, deflazione e riforme) previste dal Patto e dunque il no allo slittamento del pareggio di bilancio al 2017. Il che avrebbe portato alla richiesta di azzerare il deficit strutturale l’anno prossimo, con un intervento da decine di miliardi in grado di mandare al tappeto l’economia italiana e l’intera area euro.
La rivolta è scattata l’altro ieri, quando lo stesso staff del commissario agli Affari economici, il finlandese Katainen considerato un falco vicino alla Merkel, riconosceva che una simile richiesta avrebbe potuto causare «uno shock sistemico» a tutta l’eurozona. La stessa Cancelliera sarebbe intervenuta per stoppare Barroso. Così come Juncker, che dopo la fiducia ottenuta ieri dall’Europarlamento il 1 novembre prenderà il timone della Commissione. E infine il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, che insisteva di non mandare la lettera a Roma per evitare che monopolizzasse l’attenzione del summit europeo che si apre questa sera a Bruxelles.
L’ipotesi che dunque circolava ieri mattina era di non mandare proprio l’early warning all’Italia per la violazione delle regole europee (restiamo sotto il 3% del deficit, ma non correggiamo abbastanza la sua rotta facendo lievitare ancora il debito). Ma non mettere nero su bianco i dubbi sulla manovra avrebbe precluso a Bruxelles la possibilità di bocciare il testo mercoledì prossimo, un aiuto forse eccessivo a Roma. Così nel pomeriggio di ieri è arrivato il compromesso: mandare la lettera, ma alleggerita. Così il testo è stato limato fino all’ultimo, anche con una videoconferenza tra Roma e Bruxelles e una serie di telefonate tra Padoan e Katainen, che firmerà di proprio pugno la missiva (sono altri quattro i governi che la riceveranno a mo’ di cartellino giallo). A Roma nella tarda serata si dicevano fiduciosi che la lettera non avrebbe contenuto diktat insostenibili, pur chiedendo chiarimenti sulle coperture oltre a spiegazioni sulla previsione di crescita dello 0,6% il prossimo anno e sul perché Roma nel 2015 taglierà il deficit strutturale solo dello 0,1% e non dello 0,5 richiesto a tutti.
Intanto i governi nel mirino studiano le vie d’uscita per evitare la bocciatura. Se la Francia sembra avere già raggiunto un accordo, l’Italia nonostante la lettera spera di evitare la bocciatura tra una settimana e negoziare direttamente con Juncker. «Mi sembra improbabile - spiegava il sottosegretario Gozi - che l’Italia possa essere in una situazione di grave inadempienza». E questo risponderà il governo a Bruxelles, cioè che le circostanze eccezionali ci mettono in regola. Ma già si mette in conto di dover usare parte dei 3,4 miliardi lasciati come riserva nella manovra per tagliare il deficit dello 0,25-0,35%. Non di più. E ieri circolava un’ipotesi che alla fine potrebbe togliere le castagne dal fuoco per tutti: mantenere la richiesta di un taglio del deficit dello 0,5% ma poi smussarla con una serie di clausole tecniche legate al modo in cui si conteggia il co-finanziamento dei fondi Ue e contando i fattori positivi per la crescita nella manovra. Il che di fatto porterebbe ad un aggiustamento effettivo dello 0,25% che permetterebbe all’Italia di chiudere la partita con un paio di miliardi, come messo in conto dal governo. Ma tutto è ancora da vedere.