Corriere della Sera, 22 ottobre 2014
È morta Lilli Carati, icona sexy degli Anni Settanta. Il successo con la commedia, la droga, i film hard, due tentativi di suicidio Poi il recupero, la rivalutazione dei suoi B movie e l’idea di tornare a recitare
Era una professionista, si preparava come si deve. In una bella, schietta intervista a Marco Giusti per Rai2 in «Stracult» nel 2008, caposaldo della sua rivalutazione mediatica, Lilli Carati racconta il backstage del primo set, Di che segno sei di Sergio Corbucci del 1975 con due grandi come Adriano Celentano e Mariangela Melato: «Fu il mio primo film. Prima delle riprese frequentammo una scuola di ballo. Diventammo tutti amici». Lilli Carati aveva allora 19 anni, l’aveva voluta il produttore Franco Cristaldi dopo averla vista arrivare seconda a Miss Italia 1974. A rivedere le scene, si ritrova una bellezza provocante ma ironica, a suo agio in scena, ottima ballerina. E quella voce roca, che ne completava la sensualità
Meglio riguardare i fotogrammi e non fidarsi di una memoria filtrata quando si tratta di ricostruire un mito giovanile. Lilli Carati è morta ieri a 58 anni, dopo una lunga malattia che l’ha colpita proprio mentre stava prendendo corpo il suo progetto di ritorno sul set. Ileana Caravati, il suo vero nome, era nata a Varese il 23 settembre 1956. Splendida già adolescente, approda a una scuola per indossatrici e poi a Miss Italia. Tutto è rapidissimo. Il film con Celentano-Melato, la prima commedia sexy con Alvaro Vitali ( La professoressa di scienze naturali di Michele Massimo Tarantini, 1976) e contemporaneamente sul set con due star come Candice Bergen e Giancarlo Giannini in La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia di Lina Wertmuller.
Nel 1978 arriva Avere vent’anni di Fernando Di Leo. La scena di Lilli Carati e Gloria Guida che ballano sulla scalinata di Trinità dei Monti segna l’immaginario collettivo di una generazione, anche per la cronaca di una libertà sessuale tra costume e tragedia (finale con stupro di gruppo e duplice omicidio). Ci vuole il Festival di Venezia del 2004 per rivalutare la pellicola come film-culto (Quentin Tarantino è tra i fan). Il corpo della ragassa di Pasquale Festa Campanile tratto dal libro di Gianni Brera è del 1979. Rammenta il giornalista e autore televisivo Cesare Lanza: «Una bambolona di sensualità aggressiva, selvaggia. La sua storia assomiglia ad altre, drammatiche. Successo, film facili, un incontro fortunato con un produttore come Cristaldi, decadenza, droga, depressione, obesità. Ricordo una folgorante battuta proprio di Gianni Brera: “Una dea della bellezza dovrebbe morire giovane per non sfiorire, per restare inviolata nel mito, come certi poeti, pittori, musicisti prima del tramonto”».
Lanza ha già detto tutto. L’ingresso nel soft porno e poi nell’hard, alla fine degli anni Ottanta, con le regie di Giorgio Grand (incontra Rocco Siffredi). L’abuso di eroina e cocaina. L’arresto nel maggio 1988. Subito dopo un primo tentativo di suicidio, un altro nel maggio 1989 per depressione, gettandosi dalla finestra: tre mesi di immobilità che le fanno prendere 40 chili. Poi la lunga strada del recupero alla comunità «Saman». Nel 1994 accetta di girare il film-verità Lilli, una vita da eroina sulla sua tossicodipendenza girato dalla regista Rony Daopoulos e andata in onda su Rai3.
Lunghi anni di silenzio fino al ritorno in tv da Giusti e da Alda D’Eusanio a «Ricominciare», sempre del 2008 su Rai2. Le registrazioni mostrano una donna matura, provata, ancora bella, decisa a riprendere un ruolo dopo anni di marginalità. L’ultima battaglia perduta è con una dura malattia. Resta, quella sì, l’immagine di una bellezza anomala, perché sempre problematica, agra, mai spensierata. Come la sua vita.