Corriere della Sera, 22 ottobre 2014
Berlusconi rischia grosso con l’ipotesi di un Italicum modificato che premi la lista e non la coalizione. Così Forza Italia potrebbe finire nell’angolo
L’ipotesi di modificare l’Italicum e di assegnare il premio di maggioranza non più alla coalizione ma alla lista vincente, Renzi l’aveva già anticipata a Berlusconi durante il loro ultimo colloquio. Quindi formalmente la sortita del premier alla direzione del Pd non può aver colto di sorpresa il Cavaliere, che conosceva i contenuti di una proposta sulla quale aveva però preso tempo: «In linea di massima non sono contrario ma bisognerà approfondire», aveva detto all’interlocutore. È proprio questo il punto. Renzi è stanco della tattica dilatoria di Berlusconi, a cui l’Italicum in verità ora non piace, e cerca di assecondare il premier solo per frenarlo. E il premier l’ha capito, specie dopo che il Cavaliere — per tutta risposta — gli ha offerto di andare al voto con il Consultellum: «Non se ne parla».
Così le parole pronunciate dal segretario del Pd l’altro ieri assumono un altro significato: sono un ultimatum al capo di Forza Italia. E poco importa sapere se davvero ieri mattina Renzi ha incontrato riservatamente Verdini, il fatto è che non è disposto ad aspettare oltre. Lo dirà fra qualche giorno direttamente a Berlusconi, annunciandogli che la prossima settimana la commissione Affari costituzionali del Senato «dovrà iniziare a lavorare sulla legge elettorale». Sia chiaro, l’accelerazione non prelude al voto in primavera. Intanto, calendario alla mano, non ci sono i tempi per il varo definitivo della riforma da parte delle Camere. In più il nuovo sistema elettorale resta legato alla modifica costituzionale del bicameralismo. E come se non bastasse c’è l’ostacolo Quirinale: piuttosto che firmare il decreto di fine legislatura, Napolitano firmerebbe le sue dimissioni.
L’obiettivo di Renzi è un altro: forzando la mano sulla riforma, vuole rafforzare il progetto del «partito della nazione». In questo senso Alfano è pronto a dargli una mano. E non da ieri. Se il premier ha proposto a Berlusconi un cambio in corsa dell’Italicum, infatti, è perché proprio il leader di Ncd gli offrì l’assist prima dell’incontro con il Cavaliere: «Noi siamo disponibili ad assegnare il premio di maggioranza al partito piuttosto che alla coalizione. Se sei d’accordo...». A prima vista quella di Alfano sembra una tattica suicida, in realtà non è così. E la questione è stata affrontata da Berlusconi con i vertici di Forza Italia.
Tecnicamente, garantendo il 55% dei seggi alla lista vincente, si supera il problema della governabilità. Quanto al nodo della rappresentanza, verrebbe sciolto distribuendo il restante 45% dei seggi alle forze perdenti con metodo proporzionale. Così per i partiti più piccoli salterebbero di fatto le soglie di sbarramento per l’ingresso in Parlamento. Politicamente, la mossa ha un effetto dirompente nel centrodestra, perché porrebbe Berlusconi dinnanzi a un bivio. Una strada porterebbe a un processo di accelerazione verso un partito unico. Ma servirebbe una sorta di «predellino due», con il Cavaliere che stavolta dovrebbe annunciare un suo passo indietro in nome dell’unità dei moderati. È difficile che accada, e soprattutto è difficile che la Lega accetti. Sulle macerie del ground zero berlusconiano, Salvini mira a fare quel che Maroni ieri ha detto: «Ci candidiamo a essere il partito leader di un centrodestra rinnovato». L’ex premier può accettare l’umiliante opa del Carroccio?
Se questa strada resta ostruita, l’altra è ancora più pericolosa, perché pone Forza Italia dinanzi al rischio scissione: senza più soglie di sbarramento per accedere in Parlamento, chi oggi si sente minacciato dal «rinnovamento» berlusconiano potrebbe decidere domani di andar da solo. Nascerebbero così tante formazioni piccole che — scontando la vittoria di Renzi — userebbero i prossimi cinque anni per ricostruire l’area moderata. Sarebbe una sorta di «legislatura costituente» per un nuovo rassemblement di centrodestra.
Insomma, ciò che resta dell’impero berlusconiano finirebbe disgregato con questo sistema, quasi più insidioso del Mattarellum. Il Cavaliere deve decidere cosa fare, consapevole che l’accordo del Nazareno non è un’assicurazione a vita: «Renzi con questo schema ha i numeri per farsi la legge elettorale a maggioranza»...