Corriere della Sera, 21 ottobre 2014
Tags : 2014 - Il caso Storace • Francesco Storace
Francesco Storace sarà processato per vilipendio al capo dello Stato, un reato che tutti dicono di voler cancellare ma che è ancorà lì. Nel 2007 aveva definito «indegno» Napolitano, ora è pronto ad andare in carcere se condannato: «Non farò appello. Occorre riflettere sulla possibilità che si possa andare in galera per una sorta di lesa maestà»
«Vado in aula a testa alta, con la certezza che il diritto prevarrà e i miei legali Naso e Reboa riusciranno a portare a casa il verdetto di assoluzione. Se così non sarà, non ci si illuda con soluzioni ipocrite. Se pensano di cavarsela con la condizionale, sbagliano di grosso. L’ho detto ieri anche al ministro Orlando, al telefono: la mia reazione a una sanzione ingiusta sarebbe la reiterazione di un reato che dovrebbe essere cancellato dal codice penale...». Così Francesco Storace nel suo editoriale di questa mattina sul Giornale d’Italia online, di cui è il direttore, proprio mentre il leader de La Destra sarà in tribunale a piazzale Clodio per rispondere dell’accusa di vilipendio al capo dello Stato.
Rischia il carcere, Storace, anche se l’udienza di oggi potrebbe essere rinviata per l’astensione in corso dei magistrati onorari. In caso di condanna, comunque, lui non farà appello: «Via questa roba che ancora oggi resiste a dispetto del tempo... il Parlamento può legiferare velocemente in materia — scrive Storace nel suo editoriale —. Occorre riflettere sulla possibilità che si possa andare in carcere per una sorta di lesa maestà. Occorre evitare che possa essere punita con la prigione una frase di troppo...». La parola di troppo, «indegno», pronunciata nei confronti di Giorgio Napolitano, risale al 2007, nel bel mezzo di una polemica rovente sui senatori a vita, ritenuti all’epoca dal centrodestra le «stampelle» del governo Prodi: Storace se la prese con Rita Levi Montalcini, il capo dello Stato intervenne a difesa del Premio Nobel e il leader de La Destra reagì definendo «indegno» il suo comportamento. «Sì, ma poi io scrissi al presidente — ha ricordato più volte, lui, negli ultimi giorni — dicendogli chiaramente che mi dispiaceva di avere ecceduto nei toni e chiedendogli un incontro. Napolitano mi ricevette, stemmo molto tempo a conversare. Lo stesso portavoce del Quirinale di allora, Pasquale Cascella, dichiarò chiuso l’incidente. E invece eccoci arrivati al processo. Ma non voglio privilegi e sono pronto ad affrontare la galera...».
Così, ha passato le ultime ore a rispondere a centinaia di telefonate, tweet e messaggi su Facebook: da Gianfranco Fini a Vladimir Luxuria, da Silvio Berlusconi a Roberto D’Agostino, in tantissimi gli hanno manifestato solidarietà. Ieri è stata la volta anche di Donna Assunta Almirante, con cui pure in passato non son mancati i diverbi: «Francesco non è cattivo, anzi è un uomo buono — lo difende a spada tratta Donna Assunta — Lui aiuta tutti, solo che è impulsivo e spesso non sa trattenere la lingua. Davvero sarebbe ingiusto il carcere per una parola, io comunque l’andrei a trovare...». La telefonata più importante, ieri, Storace l’ha avuta però col ministro della Giustizia, Andrea Orlando: «Gli va dato atto — dice l’imputato — di aver compiuto un gesto di apprezzabile umiltà. Colto in fallo sui social network, il Guardasigilli mi ha chiamato alla vigilia del processo per scusarsi. L’ho accolto con un “ben alzato” dei miei...». Lo stesso Orlando ha svelato poi quel che era successo: «Non avevo alcuna intenzione di schernire Storace. Mentre domenica su Twitter seguivo la discussione relativa all’hashtag #iostoconstorace ho cliccato inavvertitamente sul commento di un utente (che diceva in sostanza: “Storace? Problema suo” ndr)». «La cosa più importante, però — conclude l’ex governatore del Lazio — è che Orlando abbia pubblicamente preso impegno a discutere con Nitto Palma, il presidente della commissione Giustizia del Senato, la proposta di legge per l’abrogazione del reato di vilipendio. Forse anche in casa del Pd si può abbattere un muro».