Cosa resta da fare?
I governi sono impegnati affinché il virus non si propaghi in Occidente...
Perché Ebola fa così paura?
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Uno “zar” anti Ebola targato Ue per evitare passi falsi e scoordinati inciampi: il Consiglio dei ministri degli Esteri riunito ieri in Lussemburgo ha deciso di nominare l’alter ego europeo dell’avvocato Ron Klain, scelto da Obama per dirigere la battaglia al virus oltreoceano. Il nome sarà scelto nei prossimi giorni, e l’incarico verrà probabilmente affidato giovedì o venerdì durante il prossimo Consiglio europeo: «Abbiamo deciso di istituire la figura del coordinatore o coordinatrice Ue per Ebola – dice il ministro degli Esteri, Federica Mogherini – in modo da individuare qualcuno in grado di raccordare gli sforzi europei al lavoro dell’Onu e del G7. Si tratta di intervenire non solo sul fronte medico e sociale ma anche economico, con un lavoro di lungo periodo nelle zone colpite».
Intanto sul tavolo piove mezzo miliardo di euro, un passo lungo la strada del «maggiore impegno» chiesto dal presidente Usa e dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il premier britannico David Cameron chiede che si arrivi a un miliardo di euro, se ne discuterà al Consiglio europeo. Per ora, la cifra messa a disposizione è di 330 milioni dagli Stati membri (compresi i 5 già stanziati, e i 50 annunciati, dall’Italia); più altri 180 impegnati direttamente dalla Commissione europea. Serviranno a rafforzare i centri specialistici di cura, a formare il personale sanitario e a definire uno standard comune per il rimpatrio dei contagiati, in prima misura i medici e gli operatori che rischiano la vita in Africa occidentale.
Nel frattempo, il mondo prende lezioni dalla Nigeria. Il virus che aveva fatto capolino nel Paese contagiando 20 persone, nove delle quali uccise dalla malattia, è stato arginato e sconfitto: da ieri, la Nigeria è ufficialmente dichiarata libera da Ebola. Un risultato persino incredibile in un Paese con 160 milioni di abitanti, devastato dal terrorismo e dalla corruzione: il 20 luglio, quando il “paziente zero” Patrick Sawyer, un diplomatico liberiano, svenne nell’aeroporto internazionale di Lagos, una metropoli da 21 milioni di abitanti, il mondo cominciò a temere l’ecatombe inarrestabile. E invece dopo 42 giorni trascorsi senza nuovi contagi il periodo finestra ha richiuso i battenti, e Rui Gama Vaz dell’Oms può brindare ad Abuja alla «spettacolare storia di successo», una «dimostrazione che Ebola può essere contenuta» anche se «la guerra non sarà finita finché l’intera Africa occidentale non sarà libera dalla malattia».
È una storia di eroismo, decisione e prontezza che merita un film: dalla forza con cui la dottoressa Ameyo Adadevoh, contagiata e uccisa, lo fece ricoverare impedendogli di lasciare l’ospedale nonostante le proteste sue e della Liberia; all’infermiera che lo placcò mentre fuggiva dopo essersi strappato le flebo, quando già era estremamente contagioso: anche lei è tra le vittime, il suo sacrificio ha evitato un massacro. Trecento persone entrate in contatto con Sawyer sono state isolate, e 26 mila abitazioni sono state contattate e visitate da ufficiali e volontari.
In Europa, ieri è stata dichiarata guarita la dottoressa norvegese di Msf che aveva contratto il virus in Sierra Leone, e oggi saranno ripetuti i test definitivi per confermare la guarigione dell’infermiera spagnola Teresa Romero. Dalla Sierra Leone arriva invece la notizia della morte un’operatrice di Un Women , terzo membro dell’Onu ucciso da Ebola. Negli Usa, intanto, altre 43 persone che avevano avuto contatti con Thomas Eric Duncan sono uscite dalla quarantena, e ne restano 120 sotto controllo: se tutti saranno negativi, il 7 novembre gli Usa potranno tirare un gran sospiro di sollievo.