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 2014  ottobre 16 Giovedì calendario

Ebola, vertice telefonico tra Renzi, Obama, Merkel, Hollande, Cameron e alla fine il governo mette sul tavolo 50 milioni

L’Italia alza le difese contro Ebola: il vertice interministeriale di ieri a palazzo Chigi ha varato l’aumento del personale sanitario e il rafforzamento dei controlli nei porti e negli aeroporti, mentre da oggi saranno distribuiti depliant in italiano e in inglese per informare i viaggiatori in partenza e in arrivo sui comportamenti da tenere prima, durante e dopo il viaggio. Mentre i sindaci del Nordest cavalcano la paura varando ordinanze per «vietare la dimora, anche occasionalmente, alle persone provenienti da Paesi dell’area africana, se non in possesso di certificato attestante lo stato di salute» (Massimo Bitonci, Padova); chiedendo controlli sanitari a tappeto (Andrea Sala, Vigevano) o imponendo 21 giorni di isolamento per i soldati americani in rientro nelle basi italiane dalla Liberia (Achille Variati, Vicenza); oggi a Bruxelles i ministri della Salute europei rincorreranno il miraggio di una politica europea comune e coordinata. Ieri Matteo Renzi ha partecipato a una videoconferenza con Angela Merkel, David Cameron, François Hollande e il presidente Usa Barack Obama, che ha chiesto ai colleghi europei un «maggiore impegno» per combattere il virus. La volontà di trovare una linea di azione comune è sempre più evidente, ma intanto si apre il portafogli: l’Italia, avverte Renzi, ha deciso un «impegno addizionale» di 50 milioni, «accogliendo l’invito dell’Onu». Il Regno Unito e ora anche la Francia, che hanno voli diretti con i tre Paesi in cui il virus è fuori controllo — Liberia, Guinea e Sierra Leone — effettueranno lo screening negli aeroporti. L’Italia non ha voli diretti ma può essere raggiunta con una triangolazione: per questo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin punta sulla «tracciabilità dei viaggiatori», un sistema cioè in grado di risalire immediatamente alla regione di provenienza al di là dei transiti. Una via complicata, però, che richiede l’avallo delle autorità aeroportuali come l’Enac e delle compagnie aeree, e l’adeguamento delle procedure. Per certo, invece, la linea prevalente nella Ue — appoggiata anche dal nostro governo — è agire direttamente nei Paesi africani colpiti, rafforzando i controlli in uscita. L’idea è inviare una task-force consistente per consegnare aiuti umanitari, assistendo e sfamando tribù isolate dal virus e dalla paura; realizzare strutture sanitarie e potenziare la presenza di medici e personale per lo screening nei porti e negli aeroporti. Si pensa, per esempio, di incentivare gli specialisti disponibili a partire, e di rendere più semplici le procedure per i volontari. Intanto, per valutare immediatamente i casi sospetti e minimizzare il rischio di un successivo contagio l’Italia aumenta gli specialisti, attualmente 80, dislocati negli uffici portuali e aeroportuali: e mette a disposizione due aerei C-130 per il rientro in sicurezza di eventuali connazionali ammalati, come gli eroi in camice bianco che stanno rischiando la vita per contenere l’epidemia nell’Africa occidentale.