Corriere della Sera, 14 ottobre 2014
Tags : Marco Pantani
La polizia girò un video del corpo martoriato di Pantani. Lo vediamo solo adesso, ci ragioniamo sopra solo adesso
Sarà che siamo abituati alla gelida efficienza delle serie tv forensi americane, mentre queste immagini sono tremolanti e disordinate. Sarà che quel corpo martoriato riverso sul pavimento non è un attore o un manichino. Ma Marco Pantani. Sarà per questo che si esce sconvolti dalla visione del video girato dalla polizia scientifica nella stanza D5 del Residence Le Rose a Rimini, la sera del 14 febbraio 2004. 51 minuti registrati nell’arco di tre ore, con salti temporali e d’inquadratura che sorprendono il professor Francesco Donato, docente di Tecniche investigative applicate all’Università di Bologna: «Per avere valore — spiega Donato — un video girato sulla scena di un crimine deve essere un continuo d’inquadratura. Il video è stato tagliato? E perché?». Se lo chiede anche la parte civile che ha chiesto una perizia.
Il filmato mostra, oltre al sangue e alle ferite sul corpo di Pantani, inspiegabilmente minimizzate dal perito del tribunale, anche le debolezze della tesi che ha orientato l’inchiesta fin da subito: morte da overdose. Il corpo di Pantani è costretto in uno spazio microscopio tra letto e parete, dove è quasi impossibile sia precipitato in seguito a un malore. Le striature allungate di sangue attorno al volto mostrano segni di trascinamento. La cintura dei jeans disegna un’ampia, innaturale asola sul lato destro del corpo, suggerendo in maniera immediata che questa sia servita per trascinarlo.
Poi l’obbiettivo si sofferma sul Rolex bloccato sulle 5 meno 5, sul medico legale che indica della polvere bianca sul collo di una bottiglia, mai periziata. Nella stanza, al contrario di medico e operatore, girano senza indumenti di protezione cinque investigatori. E si sentono almeno due volte in sottofondo rumori di posate che cadono sul pavimento.
E ci sono, ripresi in maniera incoerente, i dettagli di quel «caos ordinato» su cui punta forte Antonio De Rensis, l’avvocato della famiglia Pantani: si possono divellere uno specchio da un muro o un lavandino da terra, rovesciandoli sul pavimento, senza minimamente danneggiarli e, stando ai vicini di stanza, senza il minimo rumore? «Quando un investigatore entra in una scena del crimine — spiega il professor Donato — dovrebbe osservare e filmare con curiosità ed obiettività, sgombrando la mente da idee preconcette per individuare il maggior numero di elementi utili sia alla ricostruzione dell’evento, sia all’identificazione del suo autore. Altrimenti si rischiano errori enormi». Frammentario e incoerente, il filmato oggi resta prezioso: tra i testimoni che stanno sfilando questi giorni in Procura a Rimini c’è chi — mai ascoltato prima — forse è in grado di dare una motivazione a quel caos fornendo una chiave decisiva alla nuova inchiesta.