Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 14 Martedì calendario

Sono in arrivo altri premi per i dirigenti liguri che avrebbero dovuto mettere in sicurezza il territorio. La faccia tosta dei capi burocrati: «Hanno lavorato bene». Uno di loro è stato rinviato a giudizio per inondazione colposa

Quei premi corrisposti per aver raggiunto gli obiettivi prefissati per mettere in sicurezza la città sono meritati, i dirigenti «non stanno seduti su poltrone d’oro ma lavorano sodo» e «l’irresponsabile caso- mai è il consigliere comunale Enrico Musso che non si è mai interessato ai premi e oggi mentre c’è l’alluvione lancia questa bomba». L’assessore al Personale del Comune di Genova Isabella Lanzone difende i quattro dirigenti finiti nella bufera mediatica perché a giugno hanno riscosso i «premi di risultato», un totale di 40 mila euro. Difficile da digerire mentre Genova è sotto il fango. 
Fra i premiati c’è Stefano Pinasco (9.405 euro), l’ingegnere imputato per inondazione colposa per l’alluvione del 2010, la responsabile della Protezione civile Monica Bocchiardo (7.117 euro), l’ingegnere Enrico Vincenzi (6.131 euro) e il capo dell’area tecnica del Comune, l’architetto Laura Petacchi (17.614 euro). Persone — dice Lanzone — «su cui si regge la macchina comunale». 
Nelle delibere con cui si riconoscono i premi sono indicati gli obiettivi. Vediamoli. Monica Bocchiardo, passata dal corpo dei vigili urbani alla Protezione civile, ha raggiunto al 100 per cento «la mitigazione del rischio per gli edifici ubicati nelle aree di maggiore rischio idrogeologico» e sempre al 100 per cento ha attuato «misure per la previsione, prevenzione, gestione e superamento delle emergenze». A dire il vero nell’attuale alluvione non è stato previsto né prevenuto granché, la Protezione civile ha disattivato il numero verde di allarme alle sette di sera, alle nove e mezza la cittadinanza si era già accorta che il Bisagno era pericoloso e tentava di telefonare a un numero muto. 
Ma questo è successo ora, certo, mentre il premio è riferito a quello che è stato fatto l’anno scorso. Tuttavia quelle «misure» di previsione e prevenzione realizzate al cento per cento avrebbero dovuto funzionare almeno un po’. «Non mi potevano dare un premio per fermare l’acqua con le mani — ha detto Bocchiardo difendendo il proprio operato — io ho migliorato la situazione di sicurezza delle famiglie». Al riguardo la delibera recita: 49 incontri presso le scuole, 12 assemblee presso i municipi, 348 ore di corsi di formazione per la Protezione civile. Infine «la predisposizione delle ordinanze sindacali da adottare in emergenza», anche questo obiettivo raggiunto al cento per cento manca però il piano di emergenza per il Bisagno, il torrente più pericoloso di Genova: «Il piano — dice l’assessore — doveva essere consegnato proprio questo venerdì». 
Lanzone non ci sta al «massacro» dei suoi dirigenti, neanche sotto l’aria plumbea dell’alluvione. Assessore glielo ridà per il 2014 il premio di risultato? Lanzone nicchia: «Vedremo — dice — bisogna valutare il ruolo che ha un dirigente e quello che può fare. Se ha fatto tutto quello che poteva... la Bocchiardo non ha le leve per intervenire in una situazione come quella del Bisagno». Ma allora le leve chi ce l’ha? Bisogna risalire all’Arpal che non ha dato l’allarme meteo e che fa capo a un’altra parrocchia, la Regione? In tal caso, che senso ha dare premi per obiettivi irraggiungibili? Il problema è forse nel meccanismo dei premi di risultato, nulla più che integrazioni dello stipendio. 
Tra i quattro dirigenti «gratificati» c’è un caso che suona ancor più paradossale. Stefano Pinasco ha conseguito sicuramente il risultato di buttare giù il famigerato «palazzo tappo» del Chiaravagna in via Giotto, tuttavia è stato rinviato a giudizio il 29 novembre 2013 ed è sotto processo per inondazione colposa. Il dirigente è accusato di aver preferito per anni pagare multe (indennizzi) alla Provincia piuttosto che fare più costosi lavori di messa in sicurezza che avrebbero evitato o contenuto l’alluvione del 2010.