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 2000  febbraio 03 Giovedì calendario

Aspettando Sanremo 2000 e Fabio Fazio

Fabio Fazio doveva diventare avvocato («ma volevo fare lettere»). A scuola era bravo («studiavo») e passava i compiti in classe («a Savona c’era un solo liceo classico. Se uno non passava il compito diventava un caso cittadino»). Non pensava di diventare presentatore («sapevo solo questo: che a Savona non ci sarei rimasto»). Prese la laurea in lettere (tesi:’elementi letterari nei testi dei cantautori italiani”). A sedici anni, quando cominciò a lavorare nelle radio di Savona, credeva che il suo futuro fosse nel giornalismo: con quest’idea, nell’82 piatì (e ottenne) un accredito, valido solo la mattina, per accedere agli allenamenti della Nazionale; per non perdere la conferenza stampa fissata per il pomeriggio, si nascose in una siepe («per tre o quattro ore»). In televisione ci finì perchè nell’82 la Rai fece un concorso per trovare nuovi talenti e Fazio era curioso («non avevo nessuna speranza ma volevo vedere gli studi»). Il giorno delle selezioni «mamma mi mise un maglione a rombi girocollo e mi stirò i calzoni alla perfezione. Papà mi accompagnò con la 124 azzurra». «In anticamera c’era un sacco di gente disinvolta, abbronzata, ragazzi sicuri di sé, insomma antipatici, mi facevano sentire un bambino di 12 anni». Nel provino, di fronte a Bruno Voglino e Guido Sacerdote, fece delle imitazioni («gente a cui gli altri non pensavano: Sandro Pertini, Paolo Rossi»). Non ci pensò più («avevo ottenuto quello che volevo»). Arrivò un telegramma: «la Rai si riserva di utilizzarla per le sue prossime produzioni televisive». Il tarlo: «Pensai: perché ”si riserva”? Mi hanno bocciato e me lo dicono in modo cortese». Voglino (chiamato al telefono) lo tranquillizzò: preso (insieme a Chiambretti, Cecchi Paone, Faletti, Iachetti, Tedeschi). Televisione. Ospite in Pronto Raffaella («vestito grigio cangiante, capelli lunghi, cravatta di pelle blu. Il ”Secolo XIX”, nella pagina di Savona, titolò: ”Un savonese in tv!”»), poi il programma della Goggi, la radio con Enrico Vaime. Berlusconi gli offrì 150 milioni per fare Risatissima e Drive in (in Rai Prendeva 80 mila lire a puntata), ma lui rifiutò («poi, dopo Drive in che mi faranno fare?»). Guglielmi, diventato direttore di Rai Tre, lo licenziò («Non rientravo nelle sue strategie. Non riesco a perdonaglierla»). Finì su Odeon Tv a fare un programma di intrattenimento sportivo («un precursore di Quelli che il calcio»). Marino Bartoletti lo vide e Guglielmi lo richiamò in Rai («in questo c’è della grandezza»).
Convinzioni. Da giovane era «un socialista pertiniano, calamandreiano». Ora diessino («come si fa ad essere comunisti oggi?»). Rifiuta il cattivismo di maniera («non ho mai fatto la collezione delle figurine Panini»): «Veltroni rappresenta la sinistra che abbiamo sempre sognato e mentre lo affermo dichiaro anche che D’Alema è uno statista clamoroso, bravissimo». Crede «fermamente» nel servizio pubblico «forte» (perché la televisione «forma l’anima di un paese») e nell’Italia della provincia («è un’idea falsa che l’Italia sia quella delle grandi città»). Carattere: Ansioso, rigoroso, buono fino all’eccesso (smise di scrivere sul ”Messaggero” perché non riusciva a dire male dei programmi che non gli piacevano). Se lo criticano si ammala (l’anno scorso gli venne la piritiasi). Voglia di sparire: gli viene se lo attaccano e quando ha l’impressione di avere successo solo «perché perfettamente integrato al modello» («standardizzato, omogeneizzato, prevedibile e previsto come una scatoletta di carne»).