Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 08 Mercoledì calendario

Ebola, tutto quello che bisogna sapere. Il virus viene dai pipistrelli, nell’aria non si diffonde

Poche certezze ma solide: finché l’Ebola non si manifesta il malato non è contagioso. E anche se lo fosse, viaggiare sullo stesso aereo a cinque o sei file di distanza o entrare nella stazione dove è passato lui non comporterebbe alcun rischio. La trasmissione del virus avviene solo se c’è un contatto diretto, stretto. Con la malattia che sbarca in Europa le preoccupazioni dei cittadini aumentano. Gli esperti raccontano di un sistema sanitario italiano pronto, di come sia importante controllare chi arriva dai Paesi dove è in corso l’epidemia e di come vadano sfatati alcuni miti, come quello che l’acqua possa essere un vettore o che anche gli animali da compagnia possano essere contagiati.

Rischia chi vola vicino a un malato?

«Se è asintomatico no - dice Giovanni Rezza dell’Istituto superiore di sanità - Se invece il malato ha già dei sintomi la persona che viene a diretto contatto con lui deve essere considerata come esposta e va sottoposta a sorveglianza clinica». Ma cosa vuol dire stretto contatto? «Deve essere ravvicinato, deve cioè toccare il malato o venire a contatto con i suoi fluidi. Chi viaggi cinque file dietro in aereo probabilmente non rischia. Chi si siede sull’autobus nel posto dove è stato il malato non rischia. Figurarsi chi è passato dalla stessa stazione della metropolitana. Del resto non ci sono prove che il virus dell’Ebola si trasmetta per via aerea a distanza».

Cosa intendiamo per contatto diretto?

“Il virus non si trasmette con la facilità di un raffreddore, perché viaggia solo attraverso i liquidi biologici, quelli delle vie gastroenteriche: per intenderci saliva, vomito, sangue, feci”. Per il professor Adriano Lazzarin, primario del reparto Malattie infettive dell’ospedale San Raffaele di Milano, “sebbene una persona malata di Ebola sia interamente infetta, il virus si muove molto poco. Così per ammalarsi bisogna venire appunto in contatto diretto con i suoi fluidi. Bisogna toccarli, portarseli alla bocca, al limite strofinarsi gli occhi. Quando si trasmette anche con sudore e urina si è praticamente davanti a un moribondo”

Perché l’epidemia è così forte in Africa?

«In Africa l’epidemia di Ebola finora non si era ancora diffusa in modo così eclatante per vari motivi» dice Saverio Bellizzi di Msf: «Nei paesi più colpiti in questo periodo, semmai, Ebola non c’era stata proprio. La mancanza di una memoria storica ha fatto in modo che le persone abbiano avuto più difficoltà a credere all’esistenza della malattia stessa. In più le epidemie precedenti sono state in zone isolate, dove il movimento era limitato. Da dove è iniziato il focolaio in Guinea ci sono invece comunità che si muovono molto velocemente, fanno anche 500 chilometri in un giorno. Mentre l’evoluzione catastrofica in Liberia è dovuta alla sottostima della situazione. Un buon esempio è la Nigeria. Tracciati i primi casi, è stato subito limitato tutto.

Funzionano i controlli negli aeroporti?

«Lo screening che viene fatto negli aeroporti è attento, ben fatto». Lo racconta Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici Senza Frontiere, appena tornato dall’Africa. «Si prende la temperatura, si compila una scheda informativa per sapere se ci sono stati contatti con i malati. E se qualcuno ha dei sintomi viene immediatamente fermato. Ma è importante non fermare i viaggi. Smettere di viaggiare, arrestare completamente le linee aeree peggiorerebbe la situazione della malattia in Africa. Sarebbe pericoloso per tutti. Abbiamo il dovere di continuare a lavorare in quei posti. Anche perché lo screening è ben fatto e nei paesi europei, come negli Stati Uniti, abbiamo tutte le risorse per limitare gli effetti dell’epidemia»

Nell’aria si può diffondere il virus?

«Allo stato attuale certamente no.Qualcuno dice che potrebbe mutare e diventare trasmissibile per via aerea ma fino a ieri l’Organizzazione Mondiale per laSanità ha dato rassicurazioni in tal senso». Rassicurano le parole del professor Adriano Lazzarin: per quanto riguarda l’acqua, non è un vettore per questo virus. Se pure ci fosse un passaggio, l’acqua non consentirebbe al virus di crescere. Fuori dal corpo non sopravvive a lungo e in acqua morirebbe in pochi minuti. In una piscina, insomma, ma anche toccando l’acqua sporca di una fogna non si dovrebbero correre rischi: a patto che le condizioni igienico ambientali siano decenti. Non quelle africane, dove c’è poca acqua, poche fognature, pochi servizi igienici»

Quali sono i sintomi della malattia?

Dopo compaiono sintomi gastrointestinali, anche gravi, come vomito e diarrea e il malato tende a perdere liquidi. In una parte dei casi possono comparire quelli più gravi, cioè le emorragie”. Questa è la fase più grave, alla quale difficilmente il malato sopravvive. «Valutare i sintomi diventa importante quando si tratta di persone che vengono dai paesi colpiti, in particolare se sono stati a contatto con malati”. Per ora in Occidente c’è solo un caso, quello spagnolo, di persona che non è tornata con la malattia dall’Africa ma l’ha presa da un paziente in cura. “All’inizio non sono specifici spiega Giovanni Rezza dell’Istituto superiore di sanità - I malati accusano febbre, mal di testa e dolori. Come se fosse un’influenza.

Quali le probabilità di guarigione?

«La cosa più importante è quando si inizia, a che stato viene presa la malattia». Spiega ancora Bellizzi di Medici senza frontiere. «Un trattamento specifico com’è noto ancora non c’è, ma ci sono dei trattamenti di supporto. Se iniziato immediatamente, cioè quando i primi sintomi si sviluppano la terapia offre accettabili percentuali di guarigione. Il 50, 60% di mortalità, che sembra alta ma è minore di molte altre. Se però i pazienti vengono trattati immediatamente. Si tratta di una terapia idratante, l’idratazione endovena è fondamentale. E poi una terapia antibiotica per le patologie associate, e, spesso, anche una terapia antimalarica. Insomma, tutte le terapie di supporto in grado di far reagire il corpo contro il virus».

Gli animali possono essere pericolosi?

«Ad oggi è dimostrato che l’infezione in Africa è trasmessa a gorilla, scimpanzé, forse bonobo e piccole antilopi, i dik dik dice Massimo Galli del Sacco di Milano - I pipistrelli sono probabilmente il serbatoio originario». In Spagna stanno pensando di abbattere il cane dell’infermiera contagiata. «Non mi risulta che siano mai stati infettati né in natura né sperimentalmente i cani. Non ci sono rapporti di morìe di cani durante epidemie di Ebola. Mi sembra un’idiozia ammazzare la povera bestia. Ovviamente lo stesso discorso vale per gli altri animali di compagnia. Infine non risulta che le zanzare, vettori per altre importanti malattie, possano essere fonte di trasmissione di questo virus».

Quali misure vanno prese in ospedale?

«Seguiamo protocolli - dice Massimo Galli del Sacco di Milano - che indicano quali indumenti devono indossare gli operatori e come si devono vestire e svestire quando seguono un malato con l’Ebola. Questo vale sia per chi ha l’infezione confermata, sia per il caso sospetto. Queste procedure sono standard, e da noi sono oggetto di addestramento del personale medico e infermieristico ». In Spagna che è successo? «È possibile che a Madrid ci sia stata una falla nell’applicazione delle procedure, si è trattato di un errore umano». Il Sacco e lo Spallanzani di Roma sono i centri di riferimento nazionale. «Abbiamo reparti ad alto isolamento, che implica una serie di chiusure di sicurezza e percorsi per il personale».