24 settembre 2014
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Biografia di Brigitte Bardot
Parigi (Francia) 28 settembre 1934. Attrice. Come Marilyn Monroe è stata insieme un simbolo e uno scandalo, ma soprattutto un mito che ha coinvolto più di una generazione.
• «Colei che riuscì a trasformare, nel grigiore chiuso del cinema, della moda, della vita degli anni ’50, la donna sigillata nell’ipocrisia d’epoca, in un personaggio allora nuovo e dirompente: non la donna giovane ma la giovane donna, non la signora ma la ragazza, colei che toglieva alla femminilità tutta la tradizionale pesantezza, l’ineluttabile cammino negli angusti sentieri della virtù e dell’ubbidienza, cambiandole il destino, affidandole il compito di far impazzire gli uomini dominandoli. Oggi le adolescenti che portano magliette attillate sui corpi sottili e hanno lo sguardo sfacciato di chi crede di meritare ogni trionfo, vengono da lì, più che da madri o nonne femministe che provarono a liberare la femminilità da ogni impaccio con le ideologie e i cortei: anche l’ormai scomparsa nelle gioie domestiche Claudia Schiffer, la top model massima degli anni ’90, non è stata che una veteroimitazione di Brigitte Bardot, quindi opaca e sbiadita, tedesca e senza storia. La ragazzina Bardot di buona famiglia, che aveva studiato dalle suore e a 14 anni aveva cominciato a posare per le foto di moda, era alta, aveva la vita molto sottile e un seno imperioso del tutto naturale, un viso da bambina innocente con labbra perverse, non siliconate: gambe lunghe perfette, una massa di capelli biondi spettinati, nessun problema a spogliarsi, il che sui set morigerati d’epoca metteva in imbarazzo anche i registi apparentemente più arditi. La censura la trovava una pubblica disgrazia: in Piace a troppi furono tagliati i quindici minuti in cui, distesa sulla spiaggia con Christian Marquand (nella storia di pescatori, lui era il cognato quindi massimo peccato di adulterio), lui abbracciandola la sveste. Ancora oggi anziani spettatori provano fremiti giovanili ripensando al modo in cui la travolgente Brigitte balla il mambo sotto gli occhi imbambolati di una folla maschile. Veramente dispettosa la censura con La ragazza del peccato, in cui lei, priva di mutande, alza la gonna sopra la vita, davanti al vecchio e probo avvocato Jean Gabin; il Satana della sua morbida nudità vista da dietro fu piamente soppressa. Brigitte si giudicava ignorante ma era intelligente e sapeva capire le ragioni del suo immenso successo: "Io corrispondo al tipo di ragazza che personifica la nostra epoca. Oggi un personaggio come Mae West non emozionerebbe nessuno. Io sono come tutte le altre che qualunque uomo potrebbe incontrare. Posso essere solo me stessa, non sono abbastanza brava per interpretare un’altra persona. per questo che amo i ruoli semplici, sexy e violenti"». Ma B. B., con la sua impudente grazia e la sua indipendenza provocante, arrivò sugli schermi molto in anticipo rispetto alla rivoluzione sessuale, alla minigonna, ai Beatles, ai movimenti di rivolta: nel maggio del ’68, quando i giovani immaginarono di prendere il sopravvento e mandare la fantasia al potere, lei, a 34 anni, stava già declinando, inghiottita da film scadenti e impopolari. Ma intanto nel 1962, mentre i registi innovatori della Nouvelle Vague giravano i loro capolavori, Cleo dalle 5 alle 7 (Agnes Varda), Jules e Jim (François Truffaut), L’anno scorso a Marienbad (Alain Resnais) il più intellettuale tra loro, Jean-Luc Godard, ne fece la protagonista di Il disprezzo, girato a Roma: Brigitte diventava così anche una icona della cultura. "Adesso anch’io faccio parte della nouvelle vague. Godard aveva paura di me e io di lui. Mi veniva a trovare e ci chiamavamo signor Godard e signorina Bardot. Mi guardava servire il tè e diceva che doveva imparare a conoscermi per quella che ero veramente. Poi non parlava più”.
• Massima star del cinema francese, aveva conquistato il mondo ma non con i suoi film, spesso di scarso successo commerciale. Era la sua vita turbolenta e passionale a suscitare riprovazione e ammirazione, a rendere infuocata la sua celebrità. Sposata a 18 anni con il regista Roger Vadim, proprio girando Piace a troppi si innamorò riamatissima del marito cinematografico, Jean Louis Trintignant, per poi sposare il più grande amore della sua vita, l’attore Jacques Charrier, da cui ebbe il suo solo figlio, Nicolas (...). Vita infernale, gelosia e botte, tentativi di suicidio di tutti e due, per lei nessun desiderio di allevare quel bambino poi affidato al padre: "Penso di non essere fatta per essere madre. Non so perchè, io amo gli animali e i bambini, ma non sono abbastanza adulta per allevare un figlio. Sono io ad aver bisogno che qualcuno si prenda cura di me”. Anche con un altro attore, Sami Frey, passione e desiderio di morte, e tra lui e il terzo matrimonio con il miliardario tedesco Günther Sachs a Las Vegas nel 1966, una serie di amanti di qualche giorno o mese, playboy, arrampicatori, bei ragazzi senza futuro, nelle notti di Saint Tropez che celebrarono gli ultimi fuochi degli anni ´60. Prima di compiere 40 anni, Brigitte era di nuovo divorziata e dopo 41 film in 21 anni, si ritirò dal cinema: perchè la sua meravigliosa immagine infantile invecchiava senza trasformarla in donna, perché la ferocia dei fotografi, dei giornalisti, le aveva rovinato ogni momento della vita, togliendo intimità, senso, rispetto, al dolore e alla felicità. Nella sua bella, sincera autobiografia, scritta senza l’aiuto di nessuno e uscita nel 1996, ricorda tutto, senza ipocrisia, gli uomini troppo deboli, il piacere, le fughe sue e degli amanti, gli aborti, i tentativi di suicidio, l’atroce persecuzione della stampa che la obbligò a partorire in casa per non affrontare "le belve” che l’attendevano all’ospedale. In una vecchia intervista la ragazza che rappresentava la libertà femminile aveva detto: "La mia vita è diventata impossibile, la mia anima non mi appartiene più. Lo star system è un universo mostruoso, che mi impedisce di vivere come vorrei. Io esisto solo nell’ombra. Se in casa mia desidero un po’ d´aria, non posso aprire la finestra: c’è sempre un fotografo sul tetto o in faccia. Io non posso andare a comprarmi un vestito o a mangiare un gelato. Ogni uomo che saluto il giorno dopo sui giornali viene indicato come il mio nuovo amante. I miei amori sono stati bruciati da una inumana bardolatria» (Natalia Aspesi) [Rep 15/9/2004].
• «(...) prima di abbandonarsi ai tormenti del risentimento, è stata la regina erotica dei ”fuori rango”, il simbolo della femminilità surreale, e forse perché "l’onanismo – diceva Kraus – surroga la realtà ma viene meglio”. E difatti a soli sedici anni finì sulla copertina di Elle e il regista Vadim si invaghì della sua foto prima ancora che di lei, proprio come, un po’ più tardi, mezzo mondo si sarebbe invaghito delle sue foto e dei fotogrammi di Et Dieu crea la femme (titolo italiano Piace a troppi, 1956), dell’innocente selvaggia che segue i ritmi afrocubani mentre il giovane Trintignant, insaccato in una giacchetta troppo corta, umiliato e inebetito, si abbandona a quella infelicità interiore che è già in lui e che grazie a una possente trasposizione epocale dà vita al personaggio di Brigitte: "Io non recitavo, io ero” ha confessato la Bardot. E dunque nelle sale cinematografiche piene di maschi, quel mezzo mondo si invaghì con Trintignant, liberandosi con una mano sola, come ha mostrato Giuseppe Tornatore in una bellisssima e indimenticabile scena di Nuovo Cinema Paradiso. Insomma Brigitte Bardot, attrice senza talento d’attrice, è stata un’invenzione dei maschi onanisti, un mito da Azione cattolica, da fratelli lassalliani, da allievi salesiani che innalzarono l’icona del piacere contro le frustrazioni sessuofobiche della loro epoca. Brigitte Bardot fu l’immaturità di una generazione che violentemente usciva da un’educazione repressa, in un’Europa popolata da preti, monache, suore e miracoli, Fatima e Lourdes, i manifesti dei film strappati dai muri perché giudicati osceni, i monumenti con la foglia di fico applicata ai genitali, le televisioni censurate: "a bardolatria mi fa ridere – ha detto felicemente la Bardot – perché quando facevo il cinema, era tutto un criticare e condannare la mia maniera di recitare, la mia maniera di pettinarmi, la mia maniera di vestirmi e la mia maniera di vivere! Non sapevo che avrei influenzato la moda indossando pantaloncini cortissimi e abiti freschi da collegiale realizzati con il cotone Vichy a quadretti bianchi e rosa o bianchi e blu, oppure raccogliendo i miei lunghi capelli in uno chignon detto a cipolla. L´ho fatto senza immaginare il rumore che avrei provocato”. Insomma, alla fine degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta Brigitte Bardot fu la risposta, anch’essa tutta maschile, alle Madonne che piangevano nell’Italia di Scelba, nella Spagna di Franco, nel Portogallo di Salazar, nella Francia di De Gaulle... L’Europa dei giovani, della nouvelle vague che rubava baci, lanciò Brigitte Bardot contro le Madonne delle lacrime, e fu un eros astratto e intellettuale, come ben capirono Jean Cocteau, Simone de Beauvoir e Marguerite Duras che, senza neppure parlarle, senza mai ascoltarla, la elevarono a simbolo della donna liberata. E tuttavia Brigitte non era Juliettte Greco, era solo un "come se”. Senza la pulsione fisica che circondava la Mangano, la Schiaffino, la Loren o la Cardinale, Brigitte Bardot fu una donna inventata dall’immaginazione, un modello castrato, una voglia matta di liberazione, la donna degli intellettuali e della intellettualizzazione, un segno e un marchio che rimandava ad altro da sé e dalla sua femminilità: la sintesi perfetta della protagonista di Moravia, che infatti Jean-Luc Godard le fece intepretare nel Disprezzo (1963), e della Madonna d’epoca, l’innocenza e il turpiloquio che affascinava e scandalizzava Michel Piccoli. Cosa resta di quel mito? Una condanna del tribunale francesce per incitamento all’odio razziale, la Fondazione animalista, qualche libro di memorie irose e insultanti, una centinaio di film che nessuno ha voglia di rivedere, e una donna che ha subito l’oltraggio della proiezione maschile ma che a settanta anni, con un figlio naturale, Nicolas, che da tanto tempo vive in Norvegia, quattro figli adottivi ormai grandi, tra cani e gatti, peli e piume, restituisce al mondo quell’oltraggio. Ma a nessuna ragazza moderna viene in mente di ”bardotizzarsi”, ci sono ancora quelle che si "marilynizzano”, quelle che ricordano l’eleganza della Hepburn o la sensualità di Rita Hayworth. Nella società dei miti la Bardot è come naufragata, e la Francia, che aveva il suo volto, adesso con distrazione ne ricorda il compleanno e quasi si vergogna di lei che non è stata al gioco, che ha svelato il trucco della bardolatria. Nei pienissmi scaffali dedicati al cinema delle librerie di Parigi c’è davvero di tutto, ci sono per esempio tantissime monografie su Jeanne Moreau e sulla Denevue ma c’è poco sulla Bardot, che sicuramente in questo ha vinto, ha voluto autodistruggere un mito che era stato costruito contro di lei, il surrogato maschile di una donna reale» (Francesco Merlo) [Rep 15/9/2004].
• Scrisse di lei Simone de Beauvoir: «Visto di spalle, il suo corpo di ballerina, minuto, muscoloso, è pressoché androgino: la femminilità balza esuberante dal suo busto incantevole; sulle sue spalle scende la lunga e voluttuosa chioma di Melisenda, acconciata però con una negligenza da selvaggia; le sue labbra accennano un broncio puerile e nello stesso tempo invitano a baciare: cammina a piedi nudi, se ne infischia di come è vestita, non porta gioielli, non ricorre a busti, non si profuma, non fa uso di nessun artificio, purtuttavia le sue movenze sono lascive, e un santo si dannerebbe soltanto a vederla danzare. Dell’opinione altrui non s’interessa. Non cerca lo scandalo, non rivendica nulla; non sa di doveri e di diritti: segue il suo istinto. Mangia quando ha fame, in fatto d’amore si comporta con la stessa semplicità; il desiderio, il piacere la convincono più delle consuetudini e delle norme (...) Il suo erotismo non è magico, ma aggressivo; nel gioco dell’amore, ella è egualmente cacciatrice e preda; il maschio è oggetto come a sua volta lei per lui» (da Brigitte Bardot, Lerici Editori, Milano, 1962).
• «La mia carriera di attrice fa ormai parte di un altro mondo. Ho debuttato come tutte le attrici alle prime armi... Ricordo che, appunto, ero solo una debuttante e Roger Vadim un regista già famoso. A metà dei Cinquanta cambiò tutto: l’esordio nel cinema diede una svolta alla mia esistenza. (...) Non ho rimorsi né rimpianti. Se avessi avuto voglia di continuare a far l’attrice, non avrei abbandonato il cinema (...) Ricordo Godard. E lo ricordo come è sempre stato: una persona fuori dal comune. I registi più importanti per me sono stati Clouzot, Vadim, Autant-Lara, Michel Deville. Gli attori? Me ne frego degli attori». Da anni convinta animalista: «È una battaglia, una lotta contro la crudeltà, la stupidità, l’indifferenza umana. È la scelta dell’animale contro l’uomo, un accanimento per far migliorare la condizione degli animali nel mondo, aprire gli occhi alla gente, combattere il loro egoismo, proteggere la più grande delle debolezze contro la forza più distruttrice» (Alain Elkann) [Sta 21/9/1994].