2 settembre 2014
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Biografia di Simone Zaza
• Policoro (Matera) 25 giugno 1991. Calciatore. Attaccante. Della Juventus (dal 2015). Cresciuto nelle giovanili dell’Atalanta, ha giocato anche con Sampdoria, Juve Stabia, Viareggio e Ascoli e Sassuolo.
• Esordio in Serie A il 1 maggio 2009 in Atalanta-Chievo (0-2). Esordio con la maglia della Nazionale maggiore il 4 settembre 2014 nell’amichevole Italia-Olanda (2-0, si procurò il rigore trasformato da De Rossi). Primo gol in azzurro nella partita di qualificazione agli Europei contro la Norvegia, il 9 settmbre 2014 (2-0 il risultato finale).
• Nell’estate 2013 la Juventus l’aveva acquistato dalla Sampdoria per 3,5 milioni, girandolo subito in comproprietà al Sassuolo per 2,5 milioni. La società di Squinzi ha poi acquistato l’intero cartellino dell’attaccante nel giugno 2014 pagandolo 7,5 milioni. Infine nel luglio 2015 i bianconeri hanno riscattato per 18 milioni di euro l’intero cartellino.
• «Ha fisico e buona tecnica: Ibrahimovic, Cavani e Balotelli sono i suoi modelli. È sempre stato un baby prodigio, scovato dall’Atalanta a Metaponto, dove quando può Simone torna in vacanza, in uno dei villaggi turistici gestiti dal padre. A Bergamo a un certo punto Zaza è diventato una “testa calda”, da tenere sei mesi fuori rosa in Primavera per una rispostaccia in allenamento e soprattutto per un rinnovo di contratto snobbato. Ma l’attaccante mancino è stato bravo a togliersi la scomoda etichetta. E soprattutto a riemergere dopo il consueto pellegrinaggio nella provincia profonda: Juve Stabia, Viareggio, Ascoli. Il carattere, tosto, a volte indecifrabile, sicuramente orgoglioso e non banale, gli è servito, anche se resta sicuramente qualche angolo da smussare: 9 gol e 10 cartellini gialli (e un rosso) al primo anno da titolare in serie A rendono l’idea. Anche se Simone “il mammone”, che tra la dozzina di tatuaggi in dotazione va orgoglioso soprattutto di quello che ritrae mamma Caterina, è un duro sì, ma dal cuore tenero. Come Ibra, si è formato con le arti marziali (taekwondo) per cui se la cava bene in acrobazia e nel gioco aereo, con una tecnica affinata anche nelle piazzette e nelle spiagge dove è cresciuto. Milanista al punto da chiamare Pato un bulldog, Zaza ha solo qualche analogia con Balotelli: ama il rap, sia italiano che straniero, ha avuto prima i capelli lunghi e poi una leggera cresta, che ora ha rasato per lasciare spazio alla barba lunga» (Paolo Tomaselli) [Cds 2/9/2014].
• «Finora il periodo più duro della mia carriera è stato quando a diciotto anni l’Atalanta mi mise fuori squadra per sei mesi perché non volevo rinnovare il contratto. Il momento più triste, invece, è coinciso con la retrocessione dell’Ascoli. I miei diciotto gol non sono bastati. Ho vissuto questo risultato negativo come un piccolo tradimento nei confronti della gente che mi ha voluto bene».
• «Simone Zaza è quel tipo che sul braccio ha tatuata la faccia di sua mamma (e Topolino) e nell’anima una serie di tumulti che a volte sono scintille, altre tempeste, altre ancora quiete oppure arcobaleni. Dipende. “Sono fatto così. Giovane, e con ampi margini di miglioramento”, racconta lui nella versione migliore di se stesso, quella nella quale l’incoscienza si sposa con il talento e diventa decisiva imprevedibilità (…) Fa ben sperare anche per le sorti della Nazionale, perché non bisogna scordare che Zaza è stato il primo centravanti azzurro di Conte e il primo a segnare un gol ufficiale (alla Norvegia) per l’Italia di Conte, che all’inizio mise lui assieme a Immobile, il quale definì se stesso e il suo collega “l’attacco ignorante”» (Emanuele Gamba) [Rep 15/2/2016].
• «Ci sono regole del mio mondo che ho imparato a rispettare ma che non condivido. Esempio: tu mi fai una domanda stupida o banale, io sarei tentato di dirtelo e non rispondere, però ormai sono integrato nel sistema e allora dico le solite cose: l’avversario è sempre “pericoloso” e io “sono sempre a disposizione del mister”».
• «Ovviamente mi piace un frego, e capite subito il perché. Invece che al timone di una Cayenne gira in monopattino con un compagno di gioco, che si chiama come certi eroi cavallereschi “il Terranova”. Non guida l’automobile. A cena preferisce andare con la mamma, invece che con un’attrice glamour. È addirittura single, e odia i pettegolezzi, così pare. Èdi Policoro (Matera), ha la erre arrotata di un contino. Sembra, pelato e con quella barba, un boia islamista in atto di eseguire la condanna. Look letteralmente da brivido. Poi lo vedi parlare un suo buon italiano, con gli occhioni imbarazzati del bravo ragazzo chiamato a compiti più grandi della sua circostanza professionale e di vita, a faticare e molto, a dimostrare che ha fame, come dice il Mister (ma perché da noi si dice il Mister, questa volgarità delle volgarità, e non “il capo”, che è di tanto più bello?). Gioca benino, dimenticavo» (Giuliano Ferrara) [Fog 15/9/2014].