La Stampa, domenica 6 giugno 1982, 28 agosto 2014
Tags : La Loren e il fisco
Finite le «mie prigioni» di Sophia (articolo del 6/6/1982)
La Stampa, domenica 6 giugno 1982
Soltanto in casa della madre s’è lasciata andare. A Caserta, quando è uscita che era l’alba, Sophia Loren era rimasta muta. A Roma, dinanzi al microfono della radio, ha ammesso: «Sono state delle giornate lunghissime e interminabili. Ho fatto questo gesto proprio perché volevo tornare in Italia, ritrovare le mie radici, abbracciare mia madre, vedere tutti i miei amici».
«Quella del carcere – ha proseguito – è un’esperienza che arricchisce moltissimo, perché quando ci si guarda intorno in queste quattro mura, circondata da sbarre, da porte che si chiudono e dove tu non hai la chiave, si fanno delle esperienze che non si possono più dimenticare, ma ti arricchiscono anche».
Programmi per il futuro? «Faccio l’attrice quindi prossimamente girerò un film e poi ho anche degli altri progetti molto importanti». Cosi dopo diciassette giorni di prigione, l’attrice può riprendere a vivere in Italia ancora per tredici giorni avrà degli obblighi: la licenza straordinaria concessa dai giudice di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere le impone di non uscire di casa prima delle cinque del mattino e di rientrare entro le dieci di sera. Non può lasciare Roma mentre le è stato accordato di non andare in questura. Provvederà la polizia, con controlli telefonici, ad accertare se la detenuta in licenza Scicolone Sofia, ottempera alle disposizioni per i cronisti e per i fotografi l’attesa dinanzi al vecchio carcere di Caserta è cominciata alle tre del mattino. Nel silenzio di via Tanucci s’è presentato, per primo, lo spazzino Antonio Marchese. «La voglio vedere – diceva –, questa volta lo spettacolo non 10 perdo». Subito dopo è arrivata in strada con un enorme bricco di caffè, la signora Carmela Santagata ha servito, per primi, i tre reporter che avevano trascorso la notte in bianco dinanzi al cancello, poi, a mano a mano, gli altri. Era pronta con una tazza fumante, anche per la Loren, ma la polizia l’ha respinta []. La D’Enrico è tornata indietro e nel bagagliaio della Mercedes, che attendeva la Loren, ha caricato un grosso sacco di plastica Che c’è nel sacco? «È la posta della signora», ha detto la D’Enrico riponendo nell’auto anche una piantina grassa. «Le abbiamo regalato questa cornicchiola – ha spiegato – per ricordo. Gesù che donna brava, Gesù, che gran signora, la Loren». Quando è apparsa in completo bianco e una bella sciarpa di seta rossa e arancio. Sophia Loren era molto tesa. Il trucco pesante, gli occhiali, non s’è fermata con i cronisti. Ha salutato con il braccio alzato, scoprendo sotto la sciarpa una catena con un enorme cuore di brillanti. Le auto della polizia hanno innestato la sirena mentre il drappello dei fotografi lampeggiava a ripetizione. Così, oltre allo spazzino, alla donna col caffè, nella, strada s’è raccolta qualche altra persona mentre si spalancavano le finestre delle palazzine che attorniano il carcere. Al volante della Mercedes, l’autista Raffaele. Accanto, l’avvocato Sepe. Avanti e dietro le tre auto della polizia. Al casella l’automobile della Loren è stata tamponata dal poliziotto che la seguiva Con il tagliando, l’impiegato della società ha consegnato alla di va una rosa rossa. Sophia l’ha presa ringraziando con un sorriso. La Loren ha trascorso la sua ultima giornata In carcere senza troppe varianti. S’è alzata alle cinque del mattino, ha preso latte e caffè, nient’altro. «Ci tiene alla linea – ha raccontato la vigilatrice Ester Sacco –, in questi giorni mangiava pochissimo, soltanto minestrine, frutta e verdura». I due agenti di custodia che le avevano aperto il portone, Fevriero e Gagliardi, commentavano: «Stanotte non abbiamo chiuso occhio: un po’ l’emozione, un po’ l’arrivo, di notte, di una nuova detenuta, ma finalmente è finita».
Soltanto in casa della madre s’è lasciata andare. A Caserta, quando è uscita che era l’alba, Sophia Loren era rimasta muta. A Roma, dinanzi al microfono della radio, ha ammesso: «Sono state delle giornate lunghissime e interminabili. Ho fatto questo gesto proprio perché volevo tornare in Italia, ritrovare le mie radici, abbracciare mia madre, vedere tutti i miei amici».
«Quella del carcere – ha proseguito – è un’esperienza che arricchisce moltissimo, perché quando ci si guarda intorno in queste quattro mura, circondata da sbarre, da porte che si chiudono e dove tu non hai la chiave, si fanno delle esperienze che non si possono più dimenticare, ma ti arricchiscono anche».
Programmi per il futuro? «Faccio l’attrice quindi prossimamente girerò un film e poi ho anche degli altri progetti molto importanti». Cosi dopo diciassette giorni di prigione, l’attrice può riprendere a vivere in Italia ancora per tredici giorni avrà degli obblighi: la licenza straordinaria concessa dai giudice di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere le impone di non uscire di casa prima delle cinque del mattino e di rientrare entro le dieci di sera. Non può lasciare Roma mentre le è stato accordato di non andare in questura. Provvederà la polizia, con controlli telefonici, ad accertare se la detenuta in licenza Scicolone Sofia, ottempera alle disposizioni per i cronisti e per i fotografi l’attesa dinanzi al vecchio carcere di Caserta è cominciata alle tre del mattino. Nel silenzio di via Tanucci s’è presentato, per primo, lo spazzino Antonio Marchese. «La voglio vedere – diceva –, questa volta lo spettacolo non 10 perdo». Subito dopo è arrivata in strada con un enorme bricco di caffè, la signora Carmela Santagata ha servito, per primi, i tre reporter che avevano trascorso la notte in bianco dinanzi al cancello, poi, a mano a mano, gli altri. Era pronta con una tazza fumante, anche per la Loren, ma la polizia l’ha respinta []. La D’Enrico è tornata indietro e nel bagagliaio della Mercedes, che attendeva la Loren, ha caricato un grosso sacco di plastica Che c’è nel sacco? «È la posta della signora», ha detto la D’Enrico riponendo nell’auto anche una piantina grassa. «Le abbiamo regalato questa cornicchiola – ha spiegato – per ricordo. Gesù che donna brava, Gesù, che gran signora, la Loren». Quando è apparsa in completo bianco e una bella sciarpa di seta rossa e arancio. Sophia Loren era molto tesa. Il trucco pesante, gli occhiali, non s’è fermata con i cronisti. Ha salutato con il braccio alzato, scoprendo sotto la sciarpa una catena con un enorme cuore di brillanti. Le auto della polizia hanno innestato la sirena mentre il drappello dei fotografi lampeggiava a ripetizione. Così, oltre allo spazzino, alla donna col caffè, nella, strada s’è raccolta qualche altra persona mentre si spalancavano le finestre delle palazzine che attorniano il carcere. Al volante della Mercedes, l’autista Raffaele. Accanto, l’avvocato Sepe. Avanti e dietro le tre auto della polizia. Al casella l’automobile della Loren è stata tamponata dal poliziotto che la seguiva Con il tagliando, l’impiegato della società ha consegnato alla di va una rosa rossa. Sophia l’ha presa ringraziando con un sorriso. La Loren ha trascorso la sua ultima giornata In carcere senza troppe varianti. S’è alzata alle cinque del mattino, ha preso latte e caffè, nient’altro. «Ci tiene alla linea – ha raccontato la vigilatrice Ester Sacco –, in questi giorni mangiava pochissimo, soltanto minestrine, frutta e verdura». I due agenti di custodia che le avevano aperto il portone, Fevriero e Gagliardi, commentavano: «Stanotte non abbiamo chiuso occhio: un po’ l’emozione, un po’ l’arrivo, di notte, di una nuova detenuta, ma finalmente è finita».
Francesco Santini