Corriere della Sera, sabato 28 gennaio 2012, 28 agosto 2014
Tags : Interviste a Sophia Loren
La Loren 50 anni dopo l’Oscar (articolo del 28/01/2012)
Corriere della Sera, sabato 28 gennaio 2012
«Sì, è qui davanti a me, nella libreria del mio salotto. Ci ho messo un faretto sopra per illuminarlo bene e tutte le mattine gli tolgo la polvere. Perché l’Oscar deve brillare!». Squilla entusiasta da Ginevra la voce di Sophia Loren. Il 2012 promette per lei stelle favorevoli. Dorate come quella leggendaria statuetta che 50 anni fa, il 10 aprile 1962, l’incoronò miglior attrice per La Ciociara di Vittorio De Sica. E poi, nel 1991, ne arrivò un’altra, stavolta per la carriera. Due cimeli preziosi di cui lei va giustamente fiera. Niente snobberie in stile Susan Sarandon, Jodie Foster o Kate Winslet, che hanno confinato le loro statuette nelle stanze da bagno. Sophia all’Oscar ci crede. Lo espone come un oggetto sacro.
In questi giorni di delusione, nessun italiano nella rosa dei candidati, un ricordo che scalda il cuore. Ma anche un rimpianto per quel nostro grande cinema…
«Certo, era molto diverso da quello di oggi. Ma è la vita che non è più quella di prima. Il cinema è solo il suo specchio».
Allora è la vita che è peggiorata…
«A me piace comunque. Come dice il film di Benigni, che non a caso vinse l’Oscar, è bella persino nei momenti peggiori. Se stai al suo gioco, ti fa sempre giocare. Io sono positiva, non ho mai perso la mia forza d’animo. Penso che tutto possa sempre accadere».
Persino che una ragazza di Pozzuoli vinca l’Oscar.
«Persino. Un sogno tanto desiderato a cui però non riuscivo a credere. E a volte nemmeno "dopo". Forse è per questo che ho messo il mio trofeo in bella mostra. Lo guardo e mi dico, è qui, è vero…».
Cosa ricorda di quella notte di mezzo secolo fa?
«Ogni minuto. È stata la notte più lunga della mia vita, la più incredibile. Ero contentissima della nomination, ma così lontana dall’idea di vincere che ero rimasta a Roma. Se per un caso folle fosse successo, sarei svenuta dall’emozione. Nel caso, meglio essere a casa mia che su una tale ribalta».
Non svenne però…
«No. Carlo Ponti e io avevamo invitato a casa un po’ di amici in attesa del verdetto da Hollywood. Ai tempi le notizie arrivavano con telegrammi o al telefono. Ma la notte passava e nulla accadeva. A un certo punto, pensando che la cerimonia fosse finita, congedammo tutti e andammo a letto. Naturalmente nessuno dormì. Poco prima dell’alba squillò il telefono. Carlo rispose e cominciò a gridare il mio nome. Gli strappai la cornetta. Dall’altra parte mi arrivò la voce di Cary Grant che urlava come un pazzo: “Hai vinto! Sophia, hai vinto!”».
E che fece allora?
«Così com’ero, in camicia da notte, iniziai a ballare per tutta la stanza. Un attimo dopo i giornalisti erano già sotto casa. Foto, domande, telefono rovente… Poi arrivò De Sica. Altre foto, altri abbracci… Poi mia madre Romilda, che mi mormorava: Sophia, sto sognando? Una gran festa, un terremoto. Tutti a brindare con lo champagne che Carlo, prudente, aveva messo in fresco. Si rideva e si piangeva. Forse l’unica volta che Carlo non ha saputo trattenere le lacrime».
È vero che l’intervista che le fece Lello Bersani non fu trasmessa in tv perché lei e Ponti non eravate sposati?
«Possibile. La questione della bigamia veniva sempre tirata in ballo. Ai tempi un vero scandalo».
La Ciociara fu accolto con entusiasmo. Prima dell’Oscar aveva già vinto 11 premi. E lei la Palma di miglior attrice a Cannes. Perché quindi non credeva all’Oscar?
«Perché la sola altra vincitrice italiana, Anna Magnani, l’aveva conquistato con un film in inglese, La rosa tatuata. Mai era successo con un film in italiano. E in gara c’erano attrici come Nathalie Wood, Geraldine Page, Piper Laurie, Audrey Hepburn…».
Con lei vinse, miglior attore, Maximillian Schell.
«E l’anno dopo girammo insieme I sequestrati d’Altona».
Che altro successe «dopo» nella sua carriera?
«Quell’Oscar ha cambiato tutto: mi ha aperto ogni porta internazionale, ho lavorato con i più grandi di Hollywood, da Brando a Cary Grant a Charlie Chaplin... Anche perché non avevo vinto per la bellezza ma per un ruolo difficile, dove comparivo con abitucci dimessi, senza trucco. Un ruolo scabroso, lo stupro di guerra di una madre e di sua figlia, interpretata da Eleonora Brown. A lei, che aveva solo 13 anni, De Sica non volle spiegarle di che si trattava, le disse solo che quei soldati cattivi l’avrebbero picchiata. Una ragazzina deliziosa, siamo sempre rimaste in contatto».
Quando girò il film aveva 26 anni. Non era madre. A chi si ispirò?
«A mia madre. Pensavo a cosa avrebbe fatto lei in quelle situazioni. Quanto all’atmosfera della guerra, la conoscevo bene. A Pozzuoli c’erano soldati di tutte le nazionalità, le bombe cadevano ovunque. Ogni notte si dormiva nel tunnel sotto la ferrovia e alla mattina alle 4, al fischio del primo treno, ci svegliavamo e tornavamo a casa. Certe cose non si dimenticano più».
Da pochi giorni sono state annunciate le nomination 2012. Come giurata dell’Academy, a quale attrice darà il suo voto?
«Non ho dubbi, a Merryl Streep, fantastica signora Thatcher».
E lei, che programmi ha per il nuovo anno?
«Girerò un film, proprio in Italia. Non posso al momento dire di più. Ma la vera notizia è che sto per diventare ancora nonna. Mio figlio Carlo aspetta un altro bambino».
«Sì, è qui davanti a me, nella libreria del mio salotto. Ci ho messo un faretto sopra per illuminarlo bene e tutte le mattine gli tolgo la polvere. Perché l’Oscar deve brillare!». Squilla entusiasta da Ginevra la voce di Sophia Loren. Il 2012 promette per lei stelle favorevoli. Dorate come quella leggendaria statuetta che 50 anni fa, il 10 aprile 1962, l’incoronò miglior attrice per La Ciociara di Vittorio De Sica. E poi, nel 1991, ne arrivò un’altra, stavolta per la carriera. Due cimeli preziosi di cui lei va giustamente fiera. Niente snobberie in stile Susan Sarandon, Jodie Foster o Kate Winslet, che hanno confinato le loro statuette nelle stanze da bagno. Sophia all’Oscar ci crede. Lo espone come un oggetto sacro.
In questi giorni di delusione, nessun italiano nella rosa dei candidati, un ricordo che scalda il cuore. Ma anche un rimpianto per quel nostro grande cinema…
«Certo, era molto diverso da quello di oggi. Ma è la vita che non è più quella di prima. Il cinema è solo il suo specchio».
Allora è la vita che è peggiorata…
«A me piace comunque. Come dice il film di Benigni, che non a caso vinse l’Oscar, è bella persino nei momenti peggiori. Se stai al suo gioco, ti fa sempre giocare. Io sono positiva, non ho mai perso la mia forza d’animo. Penso che tutto possa sempre accadere».
Persino che una ragazza di Pozzuoli vinca l’Oscar.
«Persino. Un sogno tanto desiderato a cui però non riuscivo a credere. E a volte nemmeno "dopo". Forse è per questo che ho messo il mio trofeo in bella mostra. Lo guardo e mi dico, è qui, è vero…».
Cosa ricorda di quella notte di mezzo secolo fa?
«Ogni minuto. È stata la notte più lunga della mia vita, la più incredibile. Ero contentissima della nomination, ma così lontana dall’idea di vincere che ero rimasta a Roma. Se per un caso folle fosse successo, sarei svenuta dall’emozione. Nel caso, meglio essere a casa mia che su una tale ribalta».
Non svenne però…
«No. Carlo Ponti e io avevamo invitato a casa un po’ di amici in attesa del verdetto da Hollywood. Ai tempi le notizie arrivavano con telegrammi o al telefono. Ma la notte passava e nulla accadeva. A un certo punto, pensando che la cerimonia fosse finita, congedammo tutti e andammo a letto. Naturalmente nessuno dormì. Poco prima dell’alba squillò il telefono. Carlo rispose e cominciò a gridare il mio nome. Gli strappai la cornetta. Dall’altra parte mi arrivò la voce di Cary Grant che urlava come un pazzo: “Hai vinto! Sophia, hai vinto!”».
E che fece allora?
«Così com’ero, in camicia da notte, iniziai a ballare per tutta la stanza. Un attimo dopo i giornalisti erano già sotto casa. Foto, domande, telefono rovente… Poi arrivò De Sica. Altre foto, altri abbracci… Poi mia madre Romilda, che mi mormorava: Sophia, sto sognando? Una gran festa, un terremoto. Tutti a brindare con lo champagne che Carlo, prudente, aveva messo in fresco. Si rideva e si piangeva. Forse l’unica volta che Carlo non ha saputo trattenere le lacrime».
È vero che l’intervista che le fece Lello Bersani non fu trasmessa in tv perché lei e Ponti non eravate sposati?
«Possibile. La questione della bigamia veniva sempre tirata in ballo. Ai tempi un vero scandalo».
La Ciociara fu accolto con entusiasmo. Prima dell’Oscar aveva già vinto 11 premi. E lei la Palma di miglior attrice a Cannes. Perché quindi non credeva all’Oscar?
«Perché la sola altra vincitrice italiana, Anna Magnani, l’aveva conquistato con un film in inglese, La rosa tatuata. Mai era successo con un film in italiano. E in gara c’erano attrici come Nathalie Wood, Geraldine Page, Piper Laurie, Audrey Hepburn…».
Con lei vinse, miglior attore, Maximillian Schell.
«E l’anno dopo girammo insieme I sequestrati d’Altona».
Che altro successe «dopo» nella sua carriera?
«Quell’Oscar ha cambiato tutto: mi ha aperto ogni porta internazionale, ho lavorato con i più grandi di Hollywood, da Brando a Cary Grant a Charlie Chaplin... Anche perché non avevo vinto per la bellezza ma per un ruolo difficile, dove comparivo con abitucci dimessi, senza trucco. Un ruolo scabroso, lo stupro di guerra di una madre e di sua figlia, interpretata da Eleonora Brown. A lei, che aveva solo 13 anni, De Sica non volle spiegarle di che si trattava, le disse solo che quei soldati cattivi l’avrebbero picchiata. Una ragazzina deliziosa, siamo sempre rimaste in contatto».
Quando girò il film aveva 26 anni. Non era madre. A chi si ispirò?
«A mia madre. Pensavo a cosa avrebbe fatto lei in quelle situazioni. Quanto all’atmosfera della guerra, la conoscevo bene. A Pozzuoli c’erano soldati di tutte le nazionalità, le bombe cadevano ovunque. Ogni notte si dormiva nel tunnel sotto la ferrovia e alla mattina alle 4, al fischio del primo treno, ci svegliavamo e tornavamo a casa. Certe cose non si dimenticano più».
Da pochi giorni sono state annunciate le nomination 2012. Come giurata dell’Academy, a quale attrice darà il suo voto?
«Non ho dubbi, a Merryl Streep, fantastica signora Thatcher».
E lei, che programmi ha per il nuovo anno?
«Girerò un film, proprio in Italia. Non posso al momento dire di più. Ma la vera notizia è che sto per diventare ancora nonna. Mio figlio Carlo aspetta un altro bambino».
Giuseppina Manin