26 agosto 2014
Tags : Giorgio Lunghini
Biografia di Giorgio Lunghini
• Ferrara 21 agosto 1938. Economista. Ordinario di Economia politica allo Iuss di Pavia, accademico dei Lincei, già consulente economico di Palazzo Chigi ai tempi del governo D’Alema (1998-1999). In collaborazione con Mariano D’Antonio ha curato per la casa editrice Bollati Boringhieri l’edizione del Dizionario di Economia Politica.
• Considera l’economia politica un corpo smisurato formato da interessi e scopi piuttosto che da risultati e teoremi. Pertanto pensa che l’idea di uno sviluppo lineare e progressivo della conoscenza economica sia una credenza ingenua. «In economia è possibile (e doveroso) riprendere i punti di vista antichi». Da qui la sua grande attenzione alle opere degli economisti classici e le sue innovative letture di Marx e Keynes, da lui considerati i principali autori ad aver spiegato i limiti dell’economia di mercato, in contrapposizione alle teorie dominanti del tempo (e di oggi). «Keynes aveva ragione quando sosteneva che il mercato non è capace di autoregolarsi. Quando il privato non è in grado di andare incontro alla collettività, è necessario che lo Stato intervenga. Nella sanità e nell’istruzione, certo. Ma anche sulle banche. E guardi che Keynes non era mica un sovversivo» (da un’intervista a Tommaso Labate) [Cds 26/7/2012].
• Nel 2012 ha firmato, insieme, tra gli altri, a Guido Rossi, Luciano Gallino e Valentino Parlato, un appello sul Manifesto contro il “furto dell’informazione” compiuto da chi divulga il neoliberismo come unica tesi sulla crisi e i suoi rimedi. Dello stesso anno è la pubblicazione di Conflitto crisi incertezza. La teoria economica dominante e le teorie alternative (Bollati Boringhieri). «È un fatto intellettualmente curioso che la teoria economica dominante non abbia nessuna spiegazione convincente del fenomeno delle crisi, il che dovrebbe bastare per farla abbandonare; ma è politicamente preoccupante che delle crisi si tenti di medicare le conseguenze ispirandosi alla sua filosofia, che è quella del laissez faire».
• «C’è un uomo che può salvare l’Europa. E quell’uomo, allievo di Federico Caffè, ha una formazione keynesiana. Il keynesismo di Mario Draghi può evitare il baratro. Rimane l’incognita Merkel. Merkel si muove come un’imperatrice che vorrebbe dominare su un’Europa forte lasciando che i paesi deboli escano. La Germania ha rovinato il Novecento con due guerre mondiali. Non vorrei che rovinasse anche questo secolo» (a Labate cit.).
(a cura di Massimo Zanaria)