L’Espresso, 14 agosto 2014, 17 agosto 2014
Tags : 2014 Articoli sulla Metro C
2014/08/14 - Punto sulla metropolitana di Roma
L’Espresso, 14 agosto 2014
Roma è ferma, sopra e sotto terra. Ferma negli ingorghi, nei cantieri infiniti, nei finanziamenti a singhiozzo. Nove anni dopo la gara di affidamento della Metro C, la nuova linea contrassegnata dal colore verde speranza, si spera che a ottobre apra almeno il primo tratto che parte dall’estrema periferia est (Pantano) e arriverà a Centocelle. La Pantano-Centocelle, costruita parte in superficie e parte in galleria, resterà senza uno scambio con le altre due linee metropolitane almeno fino alla fine del 2015 quando, si spera, la C sarà allungata fino a incrociare la linea A a San Giovanni. Per vedere tutto il percorso fino a Prati bisognerà aspettare - e sperare - fino al 2025 salvo ritardi. Ma non è detto che il papa, chiunque sia fra dieci anni, potrà avere la sua fermata San Pietro per il Giubileo prossimo venturo. Quando si è incominciato a parlare di Metro C era il 1990, Giovanni Paolo II aveva 70 anni, e i politici avevano annunciato l’apertura della verde per l’anno giubilare del 2000.
Alla fine, ci saranno voluti almeno 35 anni per completare un tracciato che per il 40 per cento viaggia alla luce del sole e sfrutta la direttrice delle Ferrovie regionali Roma-Pantano. È il solito miracolo alla rovescia delle infrastrutture italiane con costi impazziti, consulenze faraoniche, arbitrati, collaudi d’oro per pochi ben introdotti, contenziosi utilizzati dalle imprese (Vianini, Astaldi, Ansaldo Sts e Lega coop) per rientrare dal ribasso sull’offerta di gara e aumentare i margini con l’aiuto dell’imprevisto archeologico.
Rispetto all’alta velocità ferroviaria, alla Salerno-Reggio Calabria, al Mose, i cantieri della Metro C hanno un impatto e una visibilità molto più forti perché si svolgono per oltre 21 chilometri nel territorio della capitale. Potrebbero aiutare Roma a cambiare in meglio, ad alleggerire l’assedio delle macchine. La nuova linea potrà magari sostenere il tentativo del sindaco Ignazio Marino di riportare un minimo di legalità nel caos di commercianti abusivi, camion-bar, schiavi ambulanti e tavolini selvaggi. La scommessa è avvicinare un po’ più la Città Eterna al livello di servizi delle altre capitali europee, magari meno grandi in bellezza ma più facili per chi le visita e, soprattutto, per chi ci lavora. “L’Espresso” è andato a vedere come si vive intorno ai cantieri della C e quanto è lontano l’obiettivo di una Roma più civile.
COLOSSEO-FORI IMPERIALI
mercoledì 30 luglio
Le ruspe hanno occupato il cuore del turismo romano. Colosseo-Fori Imperiali è una delle fermate di interscambio della linea C, insieme a San Giovanni. Cento metri prima dell’Anfiteatro Flavio, il segmento T3 del nuovo tracciato incrocia la linea B, il percorso che attraversa Roma da Nord a Sud e che è la summa dei ritardi, dell’inadeguatezza, dell’inefficienza del trasporto urbano nella capitale, con continui guasti, allagamenti, interruzioni di servizio per furti di rame e un parco treni in larga parte antidiluviano e privo di aria condizionata.
La stazione della B al Colosseo, inaugurata nel 1955, è sostanzialmente identica a 60 anni fa. Ma oggi i turisti hanno scoperto che si risparmia a viaggiare sui mezzi pubblici e prendono d’assalto i vagoni in comitive inseparabili di 60-80 persone alla volta. È una manna per i borseggiatori che montano la guardia ai treni a orario continuato. Sembra non si possa fare nulla contro di loro come, in superficie, non si fa molto di più per eliminare il bancarellificio permanente dove sono in vendita cappellini della Roma, baùtte veneziane, quadri dipinti sul momento con bombole spray psichedeliche, magliette a 5 euro trattabili, mezze minerali a un euro non trattabili, in un contesto popolato da finti fachiri, sfingi, statue viventi laccate in argento, menestrelli andini con basi registrate e una mendicante prostrata ma eccezionalmente non prostrata perché è in pausa e chiacchiera con due amiche.
Nel caos di abusivi dove un camion bar paga 1100 euro di licenza all’anno, quando la paga, e dove lo scontrino è raro come l’ombra a mezzogiorno è difficile spiegare ai centurioni che sono proprio loro il problema, quando invece la loro offerta sembra perfettamente allineata alla domanda di un turismo sempre più low-cost. Forniti di trolley con ricambio abiti, i legionari con il gladio e l’orologio da polso migrano verso piazza Venezia o verso il Circo Massimo secondo la pressione svogliata dei vigili urbani. Ogni tanto con la polizia municipale finisce a botte e, da qualche tempo, anche gli ambulanti bangladeshi, solitamente pacifici, reagiscono male ai tentativi di sgombero. I loro depositi merci sono poco lontano, fra le strade alla moda del quartiere Monti dove caporali con cellulari antiquati spostano in un batter d’occhio centinaia di venditori e li spediscono a cambiare la fornitura secondo le variazioni del meteo (ombrelli-pagliette), dell’orario (acqua-rose) o della stagione (pashmina-pareo).
Ai primi di agosto il sindaco Ignazio Marino ha annunciato che i camion bar saranno allontanati dai monumenti quanto prima. Per adesso, nulla. E i lavori della metro contribuiscono a rendere l’area pedonalizzata poco frequentabile. Sarà così fino alla fine dei lavori prevista a dicembre 2020. Per non bucare anche questa scadenza, da qualche mese il cantiere avanza a grandi passi. Guardando piazza Venezia, sulla destra il Clivio di Acilio è sbancato, con i tondini del nuovo parapetto di cemento ancora fuori. La nuova stazione sorgerà di fronte, sul lato sinistro dei Fori verso il centro. È un lavoro molto criticato per le sue dimensioni, giudicate eccessive da molti, e per l’impatto estetico. Sotto terra i rendering mostrano la presenza di un’ampia area commerciale. È invece saltato il progetto del museo, un’opera compensativa derubricata a semplice centro servizi con il parere favorevole del Ministero dei Beni culturali e un notevole risparmio per le imprese.
Anche il cantiere di piazza Venezia è stato montato e rapidamente smontato in attesa che il Comune e Metro C decidano se la stazione sarà una fermata di transito oppure un capolinea, se non si troveranno i finanziamenti per la tratta fino a piazzale Clodio.
AMBA ARADAM-IPPONIO
Si sale da via Druso, dove ha abitato fino alla morte Alberto Sordi, verso la zona di Porta Metronia, un quartiere che ha regalato al calcio della capitale Francesco Totti e l’ex presidente della Lazio Sergio Cragnotti. Sul marciapiede destro della strada sembrerebbe esserci una pista ciclabile ma la vernice bianca è quasi sparita. In ogni caso, il percorso per le biciclette si interrompe presto, intralciato da una transenna di sicurezza dove il muro dell’ambasciata dell’Angola è lesionato e a rischio di crollo.
Piazzale Metronio, invaso dai blocchi bianchi e rossi delle barriere newjersey, ricorda un percorso di kart. Da lì si entra in via Ipponio lasciando a sinistra la Scuola federale di tennis e a destra la tipica architettura razionalista stile Ventennio, con aggiunta in età recente di sbarre ai balconi e alle finestre.
Dalla parte di via Ipponio, il cantiere della Metro C confina con un giardinetto che ospita una piccola comunità di senza tetto addormentati al riparo del sole battente della “controra”. Oltre la parete gialla con la scritta Metro C i lavori, che qui sono affidati alla Cogedi e a un’associazione temporanea fra Sif, Osg e Parsifal, procedono a ritmo intenso. Rivoli di acqua e cemento filtrano dagli interstizi del cantiere, piazzato fin dentro la bocciofila Romulea e sconfinante sul lato di via della Ferratella. Lì lavorava Angelo Balducci, capo della Cricca e consulente tecnico a 250 mila euro per un arbitrato sui lavori della Metro C, uno di quelli che hanno reso più confortevoli i margini delle imprese.
Il traffico, anche lontano dall’ora di punta, è congestionato. Di fronte all’Arancera comunale di Porta Metronia, dove hanno sede il dipartimento dell’ambiente e la Protezione civile, i vigili prolungano manualmente la durata del semaforo per consentire il deflusso. Quelli che hanno il rosso troppo lungo si attaccano ai claxon senza pietà a cinque metri dagli uomini in divisa.
Raccontava Sordi che, quando faceva la pennichella il pomeriggio, prima di addormentarsi rivolgeva un pensiero agli automobilisti imbottigliati. «Ma ‘ndo vanno». Infatti sono sempre là.
SAN GIOVANNI
giovedì 31 luglio
In piazza Giovanni Paolo II, alle spalle della basilica, il traffico è ancora intasato alle 10.30 di mattina. È così da quando il sindaco Ignazio Marino ha gradualmente pedonalizzato la zona dei Fori Imperiali gettando nella disperazione mezzo quartiere Esquilino. Una valanga di macchine sbocca dall’incrocio di via Merulana dove un vigile esasperato urla dentro un walkie talkie chiedendo ai colleghi di modificare i tempi dei semafori.
Il flusso diminuisce verso l’ingresso principale della basilica in direzione dell’Appia Nuova. Il corridoio della chiesa è in parte occupato dalle bancarelle di Selfie, la festa di Sinistra ecologia e libertà. Il Santo tollera la presenza provvisoria delle bandiere rosse e il prato coperto stabilmente di cocci, verdi o marroni secondo la marca della birra.
Sul marciapiede prima della mura Aureliane un uomo con il cappellino blu e la maglietta dell’Hajduk di Spalato sta aprendo la sua bottega a cielo aperto. Vende libri usati (“Perché fu ucciso Matteotti?”, “Biografia di Dante Alighieri”) e li espone lungo una decina di metri, fin dove è inginocchiato un mendicante monco.
San Giovanni è uno degli snodi principali della Metro C, con due cantieri aperti. Uno è il pozzo di via Sannio che fa parte del tratto T3 fino a Colosseo. L’altro è la stazione di interscambio con la linea A che è piazzata sul lato opposto dell’Appia in largo Brindisi e che fa parte del tratto T4.
Il pozzo di via Sannio ha aperto nell’aprile del 2013. A ridosso delle betoniere c’è uno dei mercati rionali più noti di Roma. Si può considerarlo un luogo pittoresco o un suk degradato. Punti di vista.
Lungo le pareti della Metro C lavorano gli ambulanti asiatici o africani che vendono per conto dei cinesi dell’Esquilino. Ogni mattina montano le bancarelle e da una fila di vecchi furgoni Fiat Ducato scaricano borse, vestiti, collanine e qualunque altra merce. Dopo l’incrocio con via Corfinio c’è il capannone fisso del mercato che in gran parte è ancora in mano a commercianti italiani.
Secondo il cartello esposto all’ingresso del cantiere, questo tratto di Metro C costerà 628,5 milioni di euro salvo revisioni. Per i lavori ci vorranno 90 mesi, non gli 84 annunciati dal precedente sindaco Gianni Alemanno e dai cartelloni piazzati al Colosseo. Dunque l’apertura è prevista per l’ottobre 2020, se il cronoprogramma sarà rispettato. Sarebbe la prima volta.
Il tratto da San Giovanni in direzione Casilino (T4) doveva aprire entro il 2013, sempre a detta di Alemanno. Oggi il secondo cantiere di San Giovanni, la stazione da 42 milioni di euro affidata al consorzio Sgi all’inizio del 2007, dichiara la fine lavori per il 30 giugno 2015 dopo che la talpa è rimasta ferma per due anni fra il 2011 e il 2013 per il contenzioso fra il contraente generale Metro C e il Comune. L’assessore alla Mobilità Guido Improta parla di dicembre 2015 per l’apertura (vedi l’articolo a pagina 27). Nove anni in tutto con conseguenze micidiali per le botteghe della zona. E sette minuti in media per ogni passaggio di treno finché non sarà completato il cosiddetto tronchino per l’inversione di marcia dei convogli.
Tornando verso la piazza, il mendicante se n’è andato - troppo caldo. Il venditore di libri ha spostato la sedia dentro la cabina telefonica. Alla fermata dell’autobus, il pannello di informazioni dell’Atac dà annunci contraddittori. Una signora sui settanta dice: «È un’ora che stamo ad aspetta’ l’87». Poi se la prende col marito. «Dovevamo pigliare il 673. A quest’ora avevamo fatto».
PARCO DI CENTOCELLE
lunedì 4 agosto
Per andare verso i quartieri della periferia est, c’è la linea di autobus 105, con mezzi nuovi e aria condizionata. Oppure ci sono le Ferrovie regionali del Lazio, un trenino urbano di superficie che percorre la via Casilina fino al capolinea di Giardinetti e che fa meno fermate rispetto all’autobus. Fino a poco tempo fa, l’altro capolinea era la stazione Termini. Oggi si parte un chilometro più in là, da Porta Maggiore. Secondo il caso, si può prendere un trenino giallo revampizzato, a tre vagoni e con sedili singoli oppure un trenino giallo a due vagoni non revampizzato. In entrambe le circostanze, il caldo è feroce per i passeggeri e ancora di più per i conducenti dell’Atac che guidano con il sole in faccia dentro uno spazio risicato anche per l’allevamento dei polli.
Il trenino è strapieno. La metà sono stranieri. Molti sono di emigrazione recente come il gruppo di ragazzini cinesi di 10-12 anni che torna da una scuola di italiano all’Esquilino ma che abita molto più in periferia, fra Torre Spaccata e Giardinetti.
La particolarità della Metro C da questo tratto fino alla stazione di Giardinetti è di scorrere in parallelo con il trenino delle Ferrovie Laziali. La sovrapposizione è il risultato di un duro lavoro di lobbying e di modifiche al tracciato originale da parte dei palazzinari più influenti.
Così, in una città che è agli ultimi posti fra le metropoli europee per infrastrutture dei trasporti, uno stesso quadrante urbano avrà due linee metropolitane quasi identiche, una di superficie e una sotterranea. Nel tratto più periferico di questa direttrice (Giardinetti-Pantano) ci sarà solo la metro C che sfrutta il vecchio tracciato delle Laziali. I binari della Roma-Pantano sono stati revampizzati pure loro, a prezzi folli.
Per risolvere la sovrapposizione fra metro e ferrovia qualche anno fa si è parlato di dismettere la linea di superficie, di proprietà della Regione e gestite dall’Atac, ma l’ipotesi è stata accantonata. Resta la concreta possibilità che, con una linea sotterranea nuova di zecca, nel tratto urbano della Casilina le Laziali si trasformino in convogli fantasma. Ma forse le revampizzano.
Scendendo dal trenino alla fermata di Centocelle, sul lato opposto al parco, si incontra subito il deposito delle Ferrovie regionali, un’area molto vasta che ospita alcuni ruderi ferroviari da museo. La stazione della Metro C è appena più in là, costruita in pietra gialla che ricorda l’arenaria e sorretta da pilastri neri circolari. Qua tutto è pronto per l’inaugurazione. Manca solo il taglio del nastro, previsto sabato 11 ottobre di quest’anno. Per chi vive da queste parti sarà un sollievo. Le file di macchine sulla Casilina sono un’abitudine.
TORRE MAURA-TOBAGI
e GIARDINETTI
lunedì 4 agosto
Da Centocelle verso Giardinetti inizia il territorio del Municipio VI, detto “delle Torri”. Ci vivono 244 mila persone di cui metà nei soli quartieri di Torre Angela e della Borghesiana, fin oltre il limite del Raccordo anulare. Il Municipio VI è una delle zone storiche della speculazione palazzinara più cieca con uno sviluppo che ha dato al territorio un’impronta caotica, fra villette suburbane a due piani, quartieri residenziali con pretese e torrioni di edilizia popolare che hanno il loro simbolo nella parte nuova di Tor Bella Monaca, definita sulle cronache locali la Scampia romana, e non solo per questioni di affinità architettoniche.
La periferia est, lontana da tutto, è lentamente sfuggita al controllo della legge e oggi è in ostaggio ai gruppi di narcotrafficanti che vogliono rivivere i fasti della banda della Magliana, inclusi i soprannomi e il gergo da Romanzo criminale.
Il loro slogan, immortalato in un’intercettazione telefonica, è “Pijamose Roma”. Polizia e carabinieri hanno parecchio da fare contro queste bande di delinquenti rifornite dalle mafie e pronte a sparare al primo sgarro. Quest’anno le gang di Roma est hanno fatto un morto il giorno dell’Epifania, Federico Caranzetti, 17 anni, a Tor Bella Monaca. Uno a febbraio, Edoardo Di Ruzza, 22 anni, in via Torresini a Giardinetti. Sempre a febbraio è stato gambizzato un pusher somalo nella parte vecchia di Tor Bella Monaca e a marzo ha iniziato a collaborare con la giustizia Giuseppe Pandolfo, killer al servizio del gruppo del boss locale Stefano Crescenzi e del camorrista Michele Senese. Gli investigatori calcolano che in questa zona di Roma si lavori cocaina per centinaia di migliaia di euro al giorno. La droga poi viene distribuita per tutta Roma a partire dai quartieri più centrali della zona est, al Pigneto travolto dalla movida e nella zona universitaria di San Lorenzo.
Se in una notte di primo agosto due bande si affrontano a colpi di pistola e di catene in via del Fosso di Santa Maura, nessuno si meraviglia. E nessuno ha visto o sentito nulla.
La penultima stazione della metro C, Torre Maura, è all’incrocio fra la Casilina e via Walter Tobagi. Anche qui come a Centocelle e a Torre Spaccata, tutto è pronto per l’apertura con le aiuole di erba che sembra sintetica da quanto è nuova, le cabine degli ascensori in plexiglas che affiorano in superficie e il leggio con la mappa del percorso tattile per i non vedenti.
Qualche centinaio di metri più avanti, appena superato il cavalcavia del Grande raccordo anulare e il cartello “Roma”, c’è la stazione di Giardinetti circondata da centri commerciali. Ma non è la fermata della Metro C. È il capolinea delle Ferrovie Laziali. Le due linee, che hanno fermate all’identica altezza per gran parte della Casilina, si separano dove sarebbe più utile che coincidessero per consentire il cambio ai passeggeri.
Invece fra il trenino di superficie e la stazione della metro C c’è all’incirca un chilometro che dovrà essere coperto da autobus. Certo, si può anche andare a piedi ma si consiglia una buona preparazione atletica. In direzione periferia c’è solo un marciapiede stretto e le macchine corrono alla velocità di una strada statale. Camminando, in una decina di minuti si arriva a una rotonda con le staffe di protezione sfondate o piegate in più punti dagli urti delle automobili. Da lì, sulla sinistra, si vedono i parcheggi della metropolitana e la nuova stazione in stile astronave, con le pareti trasparenti, il soffitto concavo in stile vecchio Giappone e, all’interno, una batteria di lampadoni a campana appesi al soffitto. Da qui al capolinea di Pantano, ci sono altre dieci stazioni. La linea è tutta in superficie e il nuovo treno fa le prove avanti e indietro, bianchissimo e spettrale, senza passeggeri né conducente. Basta un colpo d’occhio per rendersi conto che c’è ancora molto da costruire in questa zona dove la campagna non è del tutto divorata dal cemento. E a sudest, un chilometro scarso in linea d’aria, c’è Tor Vergata con l’università, con la Città dello sport firmata dall’archistar Santiago Calatrava e tuttora incompiuta. Un mare di spazio ancora da occupare. Milioni di cubature da costruire. È lo schema seguito a Milano con la parte periferica della metro rossa, realizzata negli anni Settanta in un deserto che oggi è urbanizzato.
Anche i proprietari dei terreni a est di Roma possono dormire sonni tranquilli in attesa dell’immancabile valorizzazione immobiliare.
Roma è ferma, sopra e sotto terra. Ferma negli ingorghi, nei cantieri infiniti, nei finanziamenti a singhiozzo. Nove anni dopo la gara di affidamento della Metro C, la nuova linea contrassegnata dal colore verde speranza, si spera che a ottobre apra almeno il primo tratto che parte dall’estrema periferia est (Pantano) e arriverà a Centocelle. La Pantano-Centocelle, costruita parte in superficie e parte in galleria, resterà senza uno scambio con le altre due linee metropolitane almeno fino alla fine del 2015 quando, si spera, la C sarà allungata fino a incrociare la linea A a San Giovanni. Per vedere tutto il percorso fino a Prati bisognerà aspettare - e sperare - fino al 2025 salvo ritardi. Ma non è detto che il papa, chiunque sia fra dieci anni, potrà avere la sua fermata San Pietro per il Giubileo prossimo venturo. Quando si è incominciato a parlare di Metro C era il 1990, Giovanni Paolo II aveva 70 anni, e i politici avevano annunciato l’apertura della verde per l’anno giubilare del 2000.
Alla fine, ci saranno voluti almeno 35 anni per completare un tracciato che per il 40 per cento viaggia alla luce del sole e sfrutta la direttrice delle Ferrovie regionali Roma-Pantano. È il solito miracolo alla rovescia delle infrastrutture italiane con costi impazziti, consulenze faraoniche, arbitrati, collaudi d’oro per pochi ben introdotti, contenziosi utilizzati dalle imprese (Vianini, Astaldi, Ansaldo Sts e Lega coop) per rientrare dal ribasso sull’offerta di gara e aumentare i margini con l’aiuto dell’imprevisto archeologico.
Rispetto all’alta velocità ferroviaria, alla Salerno-Reggio Calabria, al Mose, i cantieri della Metro C hanno un impatto e una visibilità molto più forti perché si svolgono per oltre 21 chilometri nel territorio della capitale. Potrebbero aiutare Roma a cambiare in meglio, ad alleggerire l’assedio delle macchine. La nuova linea potrà magari sostenere il tentativo del sindaco Ignazio Marino di riportare un minimo di legalità nel caos di commercianti abusivi, camion-bar, schiavi ambulanti e tavolini selvaggi. La scommessa è avvicinare un po’ più la Città Eterna al livello di servizi delle altre capitali europee, magari meno grandi in bellezza ma più facili per chi le visita e, soprattutto, per chi ci lavora. “L’Espresso” è andato a vedere come si vive intorno ai cantieri della C e quanto è lontano l’obiettivo di una Roma più civile.
COLOSSEO-FORI IMPERIALI
mercoledì 30 luglio
Le ruspe hanno occupato il cuore del turismo romano. Colosseo-Fori Imperiali è una delle fermate di interscambio della linea C, insieme a San Giovanni. Cento metri prima dell’Anfiteatro Flavio, il segmento T3 del nuovo tracciato incrocia la linea B, il percorso che attraversa Roma da Nord a Sud e che è la summa dei ritardi, dell’inadeguatezza, dell’inefficienza del trasporto urbano nella capitale, con continui guasti, allagamenti, interruzioni di servizio per furti di rame e un parco treni in larga parte antidiluviano e privo di aria condizionata.
La stazione della B al Colosseo, inaugurata nel 1955, è sostanzialmente identica a 60 anni fa. Ma oggi i turisti hanno scoperto che si risparmia a viaggiare sui mezzi pubblici e prendono d’assalto i vagoni in comitive inseparabili di 60-80 persone alla volta. È una manna per i borseggiatori che montano la guardia ai treni a orario continuato. Sembra non si possa fare nulla contro di loro come, in superficie, non si fa molto di più per eliminare il bancarellificio permanente dove sono in vendita cappellini della Roma, baùtte veneziane, quadri dipinti sul momento con bombole spray psichedeliche, magliette a 5 euro trattabili, mezze minerali a un euro non trattabili, in un contesto popolato da finti fachiri, sfingi, statue viventi laccate in argento, menestrelli andini con basi registrate e una mendicante prostrata ma eccezionalmente non prostrata perché è in pausa e chiacchiera con due amiche.
Nel caos di abusivi dove un camion bar paga 1100 euro di licenza all’anno, quando la paga, e dove lo scontrino è raro come l’ombra a mezzogiorno è difficile spiegare ai centurioni che sono proprio loro il problema, quando invece la loro offerta sembra perfettamente allineata alla domanda di un turismo sempre più low-cost. Forniti di trolley con ricambio abiti, i legionari con il gladio e l’orologio da polso migrano verso piazza Venezia o verso il Circo Massimo secondo la pressione svogliata dei vigili urbani. Ogni tanto con la polizia municipale finisce a botte e, da qualche tempo, anche gli ambulanti bangladeshi, solitamente pacifici, reagiscono male ai tentativi di sgombero. I loro depositi merci sono poco lontano, fra le strade alla moda del quartiere Monti dove caporali con cellulari antiquati spostano in un batter d’occhio centinaia di venditori e li spediscono a cambiare la fornitura secondo le variazioni del meteo (ombrelli-pagliette), dell’orario (acqua-rose) o della stagione (pashmina-pareo).
Ai primi di agosto il sindaco Ignazio Marino ha annunciato che i camion bar saranno allontanati dai monumenti quanto prima. Per adesso, nulla. E i lavori della metro contribuiscono a rendere l’area pedonalizzata poco frequentabile. Sarà così fino alla fine dei lavori prevista a dicembre 2020. Per non bucare anche questa scadenza, da qualche mese il cantiere avanza a grandi passi. Guardando piazza Venezia, sulla destra il Clivio di Acilio è sbancato, con i tondini del nuovo parapetto di cemento ancora fuori. La nuova stazione sorgerà di fronte, sul lato sinistro dei Fori verso il centro. È un lavoro molto criticato per le sue dimensioni, giudicate eccessive da molti, e per l’impatto estetico. Sotto terra i rendering mostrano la presenza di un’ampia area commerciale. È invece saltato il progetto del museo, un’opera compensativa derubricata a semplice centro servizi con il parere favorevole del Ministero dei Beni culturali e un notevole risparmio per le imprese.
Anche il cantiere di piazza Venezia è stato montato e rapidamente smontato in attesa che il Comune e Metro C decidano se la stazione sarà una fermata di transito oppure un capolinea, se non si troveranno i finanziamenti per la tratta fino a piazzale Clodio.
AMBA ARADAM-IPPONIO
Si sale da via Druso, dove ha abitato fino alla morte Alberto Sordi, verso la zona di Porta Metronia, un quartiere che ha regalato al calcio della capitale Francesco Totti e l’ex presidente della Lazio Sergio Cragnotti. Sul marciapiede destro della strada sembrerebbe esserci una pista ciclabile ma la vernice bianca è quasi sparita. In ogni caso, il percorso per le biciclette si interrompe presto, intralciato da una transenna di sicurezza dove il muro dell’ambasciata dell’Angola è lesionato e a rischio di crollo.
Piazzale Metronio, invaso dai blocchi bianchi e rossi delle barriere newjersey, ricorda un percorso di kart. Da lì si entra in via Ipponio lasciando a sinistra la Scuola federale di tennis e a destra la tipica architettura razionalista stile Ventennio, con aggiunta in età recente di sbarre ai balconi e alle finestre.
Dalla parte di via Ipponio, il cantiere della Metro C confina con un giardinetto che ospita una piccola comunità di senza tetto addormentati al riparo del sole battente della “controra”. Oltre la parete gialla con la scritta Metro C i lavori, che qui sono affidati alla Cogedi e a un’associazione temporanea fra Sif, Osg e Parsifal, procedono a ritmo intenso. Rivoli di acqua e cemento filtrano dagli interstizi del cantiere, piazzato fin dentro la bocciofila Romulea e sconfinante sul lato di via della Ferratella. Lì lavorava Angelo Balducci, capo della Cricca e consulente tecnico a 250 mila euro per un arbitrato sui lavori della Metro C, uno di quelli che hanno reso più confortevoli i margini delle imprese.
Il traffico, anche lontano dall’ora di punta, è congestionato. Di fronte all’Arancera comunale di Porta Metronia, dove hanno sede il dipartimento dell’ambiente e la Protezione civile, i vigili prolungano manualmente la durata del semaforo per consentire il deflusso. Quelli che hanno il rosso troppo lungo si attaccano ai claxon senza pietà a cinque metri dagli uomini in divisa.
Raccontava Sordi che, quando faceva la pennichella il pomeriggio, prima di addormentarsi rivolgeva un pensiero agli automobilisti imbottigliati. «Ma ‘ndo vanno». Infatti sono sempre là.
SAN GIOVANNI
giovedì 31 luglio
In piazza Giovanni Paolo II, alle spalle della basilica, il traffico è ancora intasato alle 10.30 di mattina. È così da quando il sindaco Ignazio Marino ha gradualmente pedonalizzato la zona dei Fori Imperiali gettando nella disperazione mezzo quartiere Esquilino. Una valanga di macchine sbocca dall’incrocio di via Merulana dove un vigile esasperato urla dentro un walkie talkie chiedendo ai colleghi di modificare i tempi dei semafori.
Il flusso diminuisce verso l’ingresso principale della basilica in direzione dell’Appia Nuova. Il corridoio della chiesa è in parte occupato dalle bancarelle di Selfie, la festa di Sinistra ecologia e libertà. Il Santo tollera la presenza provvisoria delle bandiere rosse e il prato coperto stabilmente di cocci, verdi o marroni secondo la marca della birra.
Sul marciapiede prima della mura Aureliane un uomo con il cappellino blu e la maglietta dell’Hajduk di Spalato sta aprendo la sua bottega a cielo aperto. Vende libri usati (“Perché fu ucciso Matteotti?”, “Biografia di Dante Alighieri”) e li espone lungo una decina di metri, fin dove è inginocchiato un mendicante monco.
San Giovanni è uno degli snodi principali della Metro C, con due cantieri aperti. Uno è il pozzo di via Sannio che fa parte del tratto T3 fino a Colosseo. L’altro è la stazione di interscambio con la linea A che è piazzata sul lato opposto dell’Appia in largo Brindisi e che fa parte del tratto T4.
Il pozzo di via Sannio ha aperto nell’aprile del 2013. A ridosso delle betoniere c’è uno dei mercati rionali più noti di Roma. Si può considerarlo un luogo pittoresco o un suk degradato. Punti di vista.
Lungo le pareti della Metro C lavorano gli ambulanti asiatici o africani che vendono per conto dei cinesi dell’Esquilino. Ogni mattina montano le bancarelle e da una fila di vecchi furgoni Fiat Ducato scaricano borse, vestiti, collanine e qualunque altra merce. Dopo l’incrocio con via Corfinio c’è il capannone fisso del mercato che in gran parte è ancora in mano a commercianti italiani.
Secondo il cartello esposto all’ingresso del cantiere, questo tratto di Metro C costerà 628,5 milioni di euro salvo revisioni. Per i lavori ci vorranno 90 mesi, non gli 84 annunciati dal precedente sindaco Gianni Alemanno e dai cartelloni piazzati al Colosseo. Dunque l’apertura è prevista per l’ottobre 2020, se il cronoprogramma sarà rispettato. Sarebbe la prima volta.
Il tratto da San Giovanni in direzione Casilino (T4) doveva aprire entro il 2013, sempre a detta di Alemanno. Oggi il secondo cantiere di San Giovanni, la stazione da 42 milioni di euro affidata al consorzio Sgi all’inizio del 2007, dichiara la fine lavori per il 30 giugno 2015 dopo che la talpa è rimasta ferma per due anni fra il 2011 e il 2013 per il contenzioso fra il contraente generale Metro C e il Comune. L’assessore alla Mobilità Guido Improta parla di dicembre 2015 per l’apertura (vedi l’articolo a pagina 27). Nove anni in tutto con conseguenze micidiali per le botteghe della zona. E sette minuti in media per ogni passaggio di treno finché non sarà completato il cosiddetto tronchino per l’inversione di marcia dei convogli.
Tornando verso la piazza, il mendicante se n’è andato - troppo caldo. Il venditore di libri ha spostato la sedia dentro la cabina telefonica. Alla fermata dell’autobus, il pannello di informazioni dell’Atac dà annunci contraddittori. Una signora sui settanta dice: «È un’ora che stamo ad aspetta’ l’87». Poi se la prende col marito. «Dovevamo pigliare il 673. A quest’ora avevamo fatto».
PARCO DI CENTOCELLE
lunedì 4 agosto
Per andare verso i quartieri della periferia est, c’è la linea di autobus 105, con mezzi nuovi e aria condizionata. Oppure ci sono le Ferrovie regionali del Lazio, un trenino urbano di superficie che percorre la via Casilina fino al capolinea di Giardinetti e che fa meno fermate rispetto all’autobus. Fino a poco tempo fa, l’altro capolinea era la stazione Termini. Oggi si parte un chilometro più in là, da Porta Maggiore. Secondo il caso, si può prendere un trenino giallo revampizzato, a tre vagoni e con sedili singoli oppure un trenino giallo a due vagoni non revampizzato. In entrambe le circostanze, il caldo è feroce per i passeggeri e ancora di più per i conducenti dell’Atac che guidano con il sole in faccia dentro uno spazio risicato anche per l’allevamento dei polli.
Il trenino è strapieno. La metà sono stranieri. Molti sono di emigrazione recente come il gruppo di ragazzini cinesi di 10-12 anni che torna da una scuola di italiano all’Esquilino ma che abita molto più in periferia, fra Torre Spaccata e Giardinetti.
La particolarità della Metro C da questo tratto fino alla stazione di Giardinetti è di scorrere in parallelo con il trenino delle Ferrovie Laziali. La sovrapposizione è il risultato di un duro lavoro di lobbying e di modifiche al tracciato originale da parte dei palazzinari più influenti.
Così, in una città che è agli ultimi posti fra le metropoli europee per infrastrutture dei trasporti, uno stesso quadrante urbano avrà due linee metropolitane quasi identiche, una di superficie e una sotterranea. Nel tratto più periferico di questa direttrice (Giardinetti-Pantano) ci sarà solo la metro C che sfrutta il vecchio tracciato delle Laziali. I binari della Roma-Pantano sono stati revampizzati pure loro, a prezzi folli.
Per risolvere la sovrapposizione fra metro e ferrovia qualche anno fa si è parlato di dismettere la linea di superficie, di proprietà della Regione e gestite dall’Atac, ma l’ipotesi è stata accantonata. Resta la concreta possibilità che, con una linea sotterranea nuova di zecca, nel tratto urbano della Casilina le Laziali si trasformino in convogli fantasma. Ma forse le revampizzano.
Scendendo dal trenino alla fermata di Centocelle, sul lato opposto al parco, si incontra subito il deposito delle Ferrovie regionali, un’area molto vasta che ospita alcuni ruderi ferroviari da museo. La stazione della Metro C è appena più in là, costruita in pietra gialla che ricorda l’arenaria e sorretta da pilastri neri circolari. Qua tutto è pronto per l’inaugurazione. Manca solo il taglio del nastro, previsto sabato 11 ottobre di quest’anno. Per chi vive da queste parti sarà un sollievo. Le file di macchine sulla Casilina sono un’abitudine.
TORRE MAURA-TOBAGI
e GIARDINETTI
lunedì 4 agosto
Da Centocelle verso Giardinetti inizia il territorio del Municipio VI, detto “delle Torri”. Ci vivono 244 mila persone di cui metà nei soli quartieri di Torre Angela e della Borghesiana, fin oltre il limite del Raccordo anulare. Il Municipio VI è una delle zone storiche della speculazione palazzinara più cieca con uno sviluppo che ha dato al territorio un’impronta caotica, fra villette suburbane a due piani, quartieri residenziali con pretese e torrioni di edilizia popolare che hanno il loro simbolo nella parte nuova di Tor Bella Monaca, definita sulle cronache locali la Scampia romana, e non solo per questioni di affinità architettoniche.
La periferia est, lontana da tutto, è lentamente sfuggita al controllo della legge e oggi è in ostaggio ai gruppi di narcotrafficanti che vogliono rivivere i fasti della banda della Magliana, inclusi i soprannomi e il gergo da Romanzo criminale.
Il loro slogan, immortalato in un’intercettazione telefonica, è “Pijamose Roma”. Polizia e carabinieri hanno parecchio da fare contro queste bande di delinquenti rifornite dalle mafie e pronte a sparare al primo sgarro. Quest’anno le gang di Roma est hanno fatto un morto il giorno dell’Epifania, Federico Caranzetti, 17 anni, a Tor Bella Monaca. Uno a febbraio, Edoardo Di Ruzza, 22 anni, in via Torresini a Giardinetti. Sempre a febbraio è stato gambizzato un pusher somalo nella parte vecchia di Tor Bella Monaca e a marzo ha iniziato a collaborare con la giustizia Giuseppe Pandolfo, killer al servizio del gruppo del boss locale Stefano Crescenzi e del camorrista Michele Senese. Gli investigatori calcolano che in questa zona di Roma si lavori cocaina per centinaia di migliaia di euro al giorno. La droga poi viene distribuita per tutta Roma a partire dai quartieri più centrali della zona est, al Pigneto travolto dalla movida e nella zona universitaria di San Lorenzo.
Se in una notte di primo agosto due bande si affrontano a colpi di pistola e di catene in via del Fosso di Santa Maura, nessuno si meraviglia. E nessuno ha visto o sentito nulla.
La penultima stazione della metro C, Torre Maura, è all’incrocio fra la Casilina e via Walter Tobagi. Anche qui come a Centocelle e a Torre Spaccata, tutto è pronto per l’apertura con le aiuole di erba che sembra sintetica da quanto è nuova, le cabine degli ascensori in plexiglas che affiorano in superficie e il leggio con la mappa del percorso tattile per i non vedenti.
Qualche centinaio di metri più avanti, appena superato il cavalcavia del Grande raccordo anulare e il cartello “Roma”, c’è la stazione di Giardinetti circondata da centri commerciali. Ma non è la fermata della Metro C. È il capolinea delle Ferrovie Laziali. Le due linee, che hanno fermate all’identica altezza per gran parte della Casilina, si separano dove sarebbe più utile che coincidessero per consentire il cambio ai passeggeri.
Invece fra il trenino di superficie e la stazione della metro C c’è all’incirca un chilometro che dovrà essere coperto da autobus. Certo, si può anche andare a piedi ma si consiglia una buona preparazione atletica. In direzione periferia c’è solo un marciapiede stretto e le macchine corrono alla velocità di una strada statale. Camminando, in una decina di minuti si arriva a una rotonda con le staffe di protezione sfondate o piegate in più punti dagli urti delle automobili. Da lì, sulla sinistra, si vedono i parcheggi della metropolitana e la nuova stazione in stile astronave, con le pareti trasparenti, il soffitto concavo in stile vecchio Giappone e, all’interno, una batteria di lampadoni a campana appesi al soffitto. Da qui al capolinea di Pantano, ci sono altre dieci stazioni. La linea è tutta in superficie e il nuovo treno fa le prove avanti e indietro, bianchissimo e spettrale, senza passeggeri né conducente. Basta un colpo d’occhio per rendersi conto che c’è ancora molto da costruire in questa zona dove la campagna non è del tutto divorata dal cemento. E a sudest, un chilometro scarso in linea d’aria, c’è Tor Vergata con l’università, con la Città dello sport firmata dall’archistar Santiago Calatrava e tuttora incompiuta. Un mare di spazio ancora da occupare. Milioni di cubature da costruire. È lo schema seguito a Milano con la parte periferica della metro rossa, realizzata negli anni Settanta in un deserto che oggi è urbanizzato.
Anche i proprietari dei terreni a est di Roma possono dormire sonni tranquilli in attesa dell’immancabile valorizzazione immobiliare.
Gianfrancesco Turano